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26/04/25
HEAVY LUNGS + LA CRISI + IRMA
BLOOM- MEZZAGO (MB)
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14/10/2021
( 2210 letture )
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Se c’è un termine che ben si confà alla musica proposta dai finlandesi Skepticism questo è “sacralità”; una parola che in realtà può essere un contenitore ampissimo di significati, tutti ben sovrapponibili per definire il suono sprigionato dagli strumenti di questa band giunta nel 2021 al trentesimo anno di attività. Non c’è bisogno di rimarcare quanto il quartetto capitanato da Matti Tilaeus sia stato e continui ad essere di vitale importanza per la sopravvivenza e lo sviluppo di un genere più che ostico come il funeral doom metal, così come sembra essere quasi fisiologico che il gruppo, fin dall’esordio Stormcrowlfeet, debba essere destinato a non sbagliare mai un album, pubblicando materiale in maniera dosata e sempre efficace. È così che dopo il capolavoro live Ordeal, rilasciato nel 2015 dalla sempre lodevole Svart Records, i finlandesi hanno deciso di procedere con una serie di ristampe celebrative dedicate dapprima al disco di debutto e in seguito ad Alloy, originariamente pubblicato nel 2008. In questo modo è stato preparato a dovere il campo per festeggiare a dovere il trentennale con un disco nuovo di zecca, dal titolo Companion.
Forti di una line-up da sempre stabile e solidissima, gli Skepticism non hanno mai tentato grandi innovazioni a livello di sound, puntando a raffinare sempre di più una formula spiccatamente personale basata sull’imponente suono dell’organo e sul growl profondissimo di Tilaeus. Eppure, proprio a partire da Ordeal, registrato in presa diretta durante un live nella natia Turku, la band ha iniziato una lenta fase di sperimentazione, che in Companion trova un primo vero riscontro. Nello specifico il funeral doom originario dei finlandesi in questo nuovo disco si ibrida spesso e volentieri con soluzioni death/doom che arrivano a sfiorare addirittura il death metal canonicamente inteso. Si tratta di sfumature, s’intende, ma esse risultano piuttosto vistose all’interno di uno stile che da trent’anni è fedele solo e soltanto a se stesso. Se si prende come esempio il primo singolo Calla, che a fine ascolto risulta essere uno degli episodi migliori in assoluto, ci si accorge ben presto di come il brano sia estremamente dinamico e stratificato per lo standard della band e goda di un ritmo talmente sostenuto che si fatica ad associare al funeral doom. Superato un possibile sbigottimento iniziale però la bellezza della composizione esplode in tutto il suo splendore magniloquente, amplificando le sensazioni di grandezza emanate dal growl di Tilaeus attraverso tappeti di tastiera solenni, ma mai troppo invadenti. Un’apertura tanto inaspettata quanto efficace dunque, che ha anche l’oculatezza di muoversi lungo un minutaggio contenuto. Sebbene i bpm si abbassino nella successiva The Intertwined, il dinamismo non ne risente affatto ed anzi stavolta è la chitarra a ritagliarsi uno spazio ampio di manovra per sfoderare riff stoppati dal forte impatto ritmico, alternati al fedele organo suonato da Eero Pöyry, che qui si lascia ispirare da melodie di stampo vagamente medievale. La seconda metà del brano si apre con i gorgoglii pesantissimi del pianoforte, giusta introduzione ad un finale serrato dove troneggiano le stilettate gutturali di Tilaeus. Torniamo per un momento all’avvio di questa recensione e al termine “sacralità”: la lunga processione funebre di The March Of The Four riesce a definire bene il concetto grazie ad un andamento stavolta ascrivibile appieno al genere di riferimento dal gruppo e alla presenza dell’organo che accompagna il lamento del cantante con liturgica austerità. È un vero e proprio regno di tasti d’avorio quello che crea la band con questo brano, anche se la chitarra di Jani Kekarainen non viene ignorata ed anzi in più di un’occasione riesce a imporsi con fraseggi melodici memorabili ed arpeggi dal retrogusto gotico che ben si sposano con l’atmosfera generale della composizione. È in momenti come questo che gli Skepticism riescono a far sprofondare l’ascoltatore in un abisso di terrore e disperazione che nonostante tutto ha in sé quella scintilla di sacralità che avvicina la paura al sublime; una linea rossa sottilissima sulla quale è difficilissimo stare in equilibrio, ma sulla quale nondimeno i quattro finlandesi riescono a camminare con disinvoltura da anni. Non è facile poi resistere alla tentazione di definire il riff iniziale di The Passage come death metal tout court e se non fosse per il rallentamento che si fa strada lungo le trame del brano fino al finale si potrebbe addirittura pensare di stare ascoltando musicisti diversi da quelli fin qui appena nominati. In questo caso anche Lasse Pelkonen alla batteria è chiamato ad un lavoro maggiormente dinamico e le strofe sincopate che caratterizzano la prima sezione del brano evidenziano le capacità del musicista alle prese con materiale più veloce del solito. Quando si inserisce il solito organo però le coordinate cambiano e ci si avvia verso sentieri più tortuosi e gravidi di dolore, dalle atmosfere quasi orrorifiche, salvo poi variare ancora e spingersi sul doom più cadenzato in corrispondenza del riff finale. La chiusura vera e propria invece torna su lidi maggiormente teatrali e lascia che sia la voce a dettare legge, fino al battito di campana finale. Un altro brano da novanta dunque, in una scaletta che per ora non delude. Non manca davvero nulla in Companion e perciò ecco arrivare l’arpeggio di chitarra acustica che apre il calvario emotivo di The Inevitable, episodio in continuo crescendo che alterna soluzioni armoniche solenni e piene di pathos a pause più riflessive guidate da un Kekarainen ispiratissimo. Conclude l’opera The Swan And The Raven, ultimo capitolo di un disco ricco di sorprese, che sceglie di utilizzare tonalità più morbide e pacate per congedarsi dai suoi ascoltatori. L’atmosfera generale del brano è distesa, ma rischia di sfigurare al cospetto degli episodi precedenti per via di una scrittura forse un pelo ridondante in alcuni frangenti. Da segnalare in ogni caso la prestazione ancora una volta maiuscola di Kekarainen, che pennella arpeggi suggestivi e costruisce sotto-trame melodiche che fungono anche da ausilio ritmico per l’intero band. Manca forse un pizzico di brillantezza in più da parte del resto della band, che rimane lievemente sbiadita sullo sfondo, ma in definitiva l’album si conclude in maniera pregevole, spingendo anche volentieri al riascolto immediato.
Quali conclusioni trarre a questo punto dal sesto disco degli Skepticism? Companion è di sicuro un lavoro che apre verso diverse interpretazioni stilistiche e che mostra una band la quale, dopo trent’anni, non è intenzionata a smettere di sorprendere. Non ci sono quasi tracce di “mestiere” in questo disco, che invece prova a sfidare l’ascoltatore proponendo qualcosa di differente rispetto a ciò che ci si potrebbe aspettare da un album firmato da Tilaeus e soci. Già solo per questo aspetto Companion merita un ascolto ed è quasi sicuro che una volta effettuato esso non rimarrà l’unico. La grandezza di dischi come il già citato Ordeal rimane lontana, è vero, ma viene introdotto un afflato nuovo, più vicino al metal classicamente inteso, che non sfigura affatto al fianco delle trame funeral doom che la band ha contribuito a fondare e istituire. Gli Skepticism sono decisi ad allontanarsi da ogni definizione prestabilita, continuando ad evolversi e progredire come musicisti e come gruppo e la speranza rimane soltanto che i quattro finlandesi in smoking non smettano mai di provare questo entusiasmo che li spinge a comporre opere come Companion. Sesto disco, sesto centro. Una garanzia di qualità e classe sopraffina.
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8
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Il funeral non è proprio il mio genere, anzi spesso dopo mezza traccia spengo. Ma questo devo dire che mi è piaciuto, sarà la varietà proposta. Acquisterò sicuramente. |
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7
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@Remy, Skepticism, Evoken, Abstract Spirit, Mournful, Ahab....alla fine sono tutte grandissime bands, per me una vale l'altra da quanto mi piacciono..e tante altre ce ne sono nel loro genere!! |
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6
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Ribadisco, i numeri uno, poi tutti gli altri. |
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5
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Nel genere determinare i numeri uno è difficile, siamo davanti a grandi band . Questo è un beli disco, 87 se lo prende |
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4
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ad integrazione: e per me i numeri uno sono gli Evoken. |
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3
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Un capolavoro, manco a dirlo... |
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2
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Per me I numero UNO in ambito Funeral Doom Sono I Mournful Congregation.
Detto questo siamo di fronte a un grab disco, se uno vuole investire tempo e Attenzione. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Calla 2. The Intertwined 3. The March Of The Four 4. Passage 5. The Inevitable 6. The Swan And The Raven
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Line Up
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Matti Tilaeus (Voce) Jani Kekarainen (Chitarra) Eero Pöyry (Tastiere, Organo) Lasse Pelkonen (Batteria)
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