|
27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
|
|
Absent in Body - Plague God
|
27/03/2022
( 2073 letture )
|
Prendete quattro musicisti, pesi massimi nel loro genere e metteteli in uno studio di registrazione, lasciandoli liberi di esprimersi e di svincolarsi per un momento dal loro principale stile del passato più o meno remoto, lasciateli comporre e registrate ciò che succede, otterrete così il primo disco degli Absent In Body. Plague God prende vita dalle menti di Colin H. Van Eeckkout e Mathieu J. Vandekerckhove degli Amenra, Scott Kelly dei Neurosis e Iggor Cavalera (Sepultura Cavalera Conspiracy), personaggi musicali che non hanno bisogno della minima presentazione e, seppur composto da soli cinque brani ci dona un saggio interessante di ciò che questa band può e potrà fare. Seppur provenendo da ambienti musicali differenti, i quattro riescono a fondersi in un distopico, freddo ed industriale doom, nel quale emergono influenze tribali ed influenze “post”.
A caratterizzare in maniera molto personale Plague God è la produzione, fredda, distaccata, industrial e molto cupa. I suoni sono pieni e sporchi, così come le sovraincisioni esterne che creano un futuristico ambiente, una realtà distante, oscura e decadente. Le chitarre e la batteria suonano tanto fredde quanto piene, fuse in una costante dualità. Una scelta sonora che caratterizza a pieno ed in maniera unica l’album, rendendo giusto merito alle capacità tecniche e compositive dei musicisti adattate al concepimento dei brani qui presenti. Raise From Ruins apre il disco, dopo un lungo crescendo strumentale il brano esplode in un saliscendi dal perfetto bilanciamento tra post e doom, le atmosfere ossessive e pesanti assieme alle vocals strazianti di Colin H. Van Eeckkout caratterizzano il brano rendendolo ulteriormente schiacciante ed opprimente nel suo incedere. Sensazioni di abisso che proseguono anche nella prima parte di In Spirit In Spite per poi virare quasi sorprendentemente verso una seconda metà in cui una voce pulita narrante si articola su un riff clean ripetitivo e trascendente. Una placida quiete prima della ferocia sprigionata in Sarin dove le chitarre e le vocals distorte creano un senso di profondo annichilimento musicale. The Acres The Ache sposta nuovamente le direzioni stilistiche offrendo una prima parte zanzarosa ed ossessiva che si fonde ad una seconda metà lenta, aperta e melodica, una sorta di quiete in mezzo ad un tetro uragano fatto di note. Molto particolare anche la chiusura affidata a The Half Rising Man, un brano dai due volti, una prima parte che cresce molto lentamente, incessante però nel suo incedere che porta la composizione a sfogare in un finale strabordante, vulcanico. Plague God nei suoi quasi quaranta minuti di durata è un viaggio in un oscuro futuro disconnesso, degradato, cupo ed opprimente. Seppur possa sembrare desueta la partecipazione di un drummer come Iggor Cavalera, con la sua impronta tribale e di leggero groove il batterista carioca riesce a rendere intrigante il suono collettivo (prestazione musicale ottima come sempre), suono che beneficia inoltre in toto delle libertà espressive che i musicisti coinvolti hanno comunque deciso di prendersi. Gli Absent In Body creano quindi un disco d’esordio che sorprende per le atmosfere e per il genere creato ma che lascia due lievi sensazioni di mancanza, ovverosia: al termine dell’ascolto si ha la sensazione che manchino uno-due brani all’appello (la breve durata e la fluidità della musica è davvero notevole) e, ultima ma di pari intensità è la sensazione che i quattro non abbiano ancora espresso a pieno il proprio potenziale espressivo sotto questa nomea. Plague God è e resterà comunque un ottimo lavoro che può soddisfare i fans dai più disparati palati musicali, nell’attesa che il progetto Absent In Body prosegua nell’immediato futuro.
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
4
|
Forse l'avra' chiamato cosi per distinguerlo dal gorgonzola Igor.... A parte gli scherzi, questo come eeeeee' gia stato detto, eeee' un album apocalittico, molto sconfortato, fatto con gran mestiere ed esperienza. Per niente banale nonostante possa risultare tale la proposta musicale della band. Voto recensore giusto, invece voto dei lettori inqualificabilmente una merda ! Caghi saluti |
|
|
|
|
|
|
3
|
Una Curiosità: Come mai Igor Cavalera viene chiamato Iggor nella Recensione? Mi son perso qualcosa? Grazie... |
|
|
|
|
|
|
2
|
Ho ascoltato questo Album senza sapere quali fossero i Componenti del Gruppo.. Quindi senza farmi condizionare dai Nomi.. Sono d'accordo col Recensore non tanto sulla Durata del Lavoro, quanto sul Senso di Incompiutezza.. Come Esordio va bene così però vediamo se in futuro "Le rose fioriranno"... |
|
|
|
|
|
|
1
|
Voto Giusto Per Un Disco Apocalittico Di Alta Classe. |
|
|
|
|
|
INFORMAZIONI |
 |
 |
|
|
|
Tracklist
|
1. Raise From Ruins 2. In Spirit In Spite 3. Sarin 4. The Acres The Ache 5. The Half Rising Man
|
|
Line Up
|
Colin H. Van Eeckhout (Voce, Basso) Mathieu J. Vandekerckhove (Chitarra) Scott Kelly (Chitarra) Iggor Cavalera (Batteria)
|
|
|
|
RECENSIONI |
 |
|
|
|
|