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Mr. Bungle - California
16/09/2023
( 1142 letture )
Dopo l’avventuroso calvario di Disco Volante, l’album che chiariva definitivamente lo status di superiorità dei Mr. Bungle e il loro netto distacco dalla coeva scena alternative rock statunitense, il gruppo si fermò per qualche anno, in primis a causa degli impegni sempre crescenti di Mike Patton con i Faith No More e in secondo luogo perché, dopo aver composto un’opera così complessa, non era semplice per i musicisti coinvolti nel progetto ideare un seguito che fosse all’altezza. Nel frattempo però proprio i Faith No More non stavano vivendo un bel momento e all’inizio del 1998 le voci relativo allo scioglimento della band erano già diffuse; in realtà le tensioni erano presenti da molto prima ed anche se Album of the Year uscì nel 1997 i pensieri di Patton erano già rivolti in altre direzioni. Per questo motivo, durante gli ultimi mesi del ’98, il nucleo che registrò Disco Volante si ritrovò in studio per scrivere nuova musica senza porsi alcuna direzione precisa. Il risultato di queste veloci, ma complesse, sessioni di scrittura e registrazione venne intitolato California e fu pubblicato dalla solita Warner Bros. Records il 13 luglio del 1999.
In maniera totalmente inconsapevole, stando alle dichiarazioni dei musicisti, i brani composti per il nuovo disco presero da subito una piega decisamente diversa rispetto a quelli dell’album precedente, mostrando un inaspettato lato pop fino ad ora mai così esplicito nel sound della band. La grande abbondanza di strumenti etnici ed effetti che avevano caratterizzato Disco Volante qui vengono messi da parte in favore di uno snellimento delle composizioni; lo stesso non si può dire degli arrangiamenti, che invece acquisiscono maggior spessore e raffinatezza. Da questo punto di vista le registrazioni furono complicate perché il gruppo decise di utilizzare solamente nastri analogici e, data la quantità di stratificazioni che molti brani richiedevano, si dovette ricorrere a più registratori a ventiquattro piste per arrivare ad avere canzoni con più di cinquanta tracce strumentali. Contrariamente poi a quanto fatto in passato, il processo di scrittura fu meno collettivo, con l’impiego di più studi di registrazione oltre allo studio personale del chitarrista Trey Spruance e forse per questo motivo i brani risultano più lineari e meno astratti rispetto a quanto fatto nel 1995.

Basta far partire il disco per capire che i Mr. Bungle di California sono quasi un altro gruppo rispetto a quelli di Disco Volante: Sweet Charity funge da introduzione ad un viaggio solare e apparentemente spensierato dove regnano suggestioni caraibiche e sentori lounge à la Burt Bacharach, con la voce istrionica di Patton che passa dal noto timbro da crooner ad aperture melodiche ariose debitrici al surf-sound degli anni ’60. Lo stesso si può dire della sezione strumentale, con percussioni leggere e gli archi a fare da tappeto costante lungo tutto lo svolgimento del brano. Riconoscibile è il suono della pedal steel guitar di David Phillips che fornisce al brano un’atmosfera inconfondibilmente hawaiana e, per continuare il gioco delle citazioni, sul finale il ritornello con i suoi cori doo-wop viene reiterato cambiandone la tonalità con uno stratagemma figlio dei Beach Boys. Nessun interludio schizoide e un mood generale che non subisce alcun tipo di scossone, ci troviamo davanti ad un ottimo brano pop che non si vergogna di mostrare chiaramente le proprie influenze. È una partenza spiazzante, ma perfettamente in linea con quanto ci si potrebbe aspettare da un gruppo così fuori dagli schemi come questo. La produzione curata in larga parte dai musicisti stessi è pulita e piuttosto omogenea, non ci sono grandi sbalzi di volume e in generale la musica non è mai pompata a dismisura, i suoni degli strumenti e delle voci vengono mantenuti fedeli a se stessi, con un risicatissimo impiego di effetti. Anche questo è un aspetto che differenzia non poco Disco Volante da California, ma siamo solo all’inizio. Fondamentale la presenza di Billy Anderson come ingegnere del suono, il cui curriculum estremo parla da solo: in effetti le incursioni metal che puntellano la danza mediorientale di Ars Moriendi fanno il loro bell’effetto e nei quattro minuti del brano si capisce che la follia propria dei Mr. Bungle non è stata accantonata del tutto, ma solo sfruttata con maggior parsimonia. Come se i nostri dovessero comporre una colonna sonora per un film ambientato a Marrakech gli archi si librano esotici sopra un tappeto di cimbalom ribattuti che si alternano con la chitarra distorta di Spruance, con cambi di umore a dir poco repentini. Patton qui si può muovere a proprio piacimento, modulando la propria voce con la solita padronanza e senza fornire mai alcun riferimento melodico sicuro all’ascoltatore. California in fondo si potrebbe descrivere proprio attraverso questi due brani, a mo’ di Yin e Yang, e difatti il disco si divide fra canzoni più “ordinarie” e semplici all’ascolto ed altre invece dove emerge più forte il virtuosismo dei singoli membri. Non si perde però mai la compattezza generale dell’opera e infatti l’album dura in totale quarantaquattro minuti, con episodi che non si discostano quasi mai dai quattro minuti di media. L’ironia e la ricerca della serenità sono alla base delle composizioni strumentali, così come la costante ispirazione nei riguardi dei Sixties: Vanity Fair è puramente legata agli esperimenti polifonici di Brian Wilson e nei suoi tre minuti scarsi riesce a far sorridere con una prova vocale eccezionale e un arrangiamento tanto composto quanto elegante anche quando, poco prima del finale, si prende la libertà di uscire dal seminato per lasciar svisare Patton. Lo stesso si può dire della corale ed ultra catchy The Air-Conditioned Nightmare, dove viene buttato nel calderone delle influenze anche il rock’n’roll all’italiana, con un riff di chitarra irresistibile. E ancora più legata al placido suono delle coste californiane è Pink Cigarette, ballata lounge-pop di estrema classe con inflessioni country per la quale uno come Alex Turner pagherebbe oro. La voce si produce dapprima in sussurri lontani per poi esplodere con la consueta potenza nei ritornelli, accompagnata dagli archi suonati, tra gli altri, da futuri membri dei Secret Chiefs 3, da Carla Kihlstedt dei nascituri Sleepytime Gorilla Museum ed Eyvind Kang, che all’epoca aveva già collaborato con Bill Frisell. La chicca disturbante è il fragoroso feedback che compare sul finale e stordisce per una manciata di secondi.
La schizofrenia compositiva derivante dall’esperienza di Disco Volante la si può ritrovare in un episodio costantemente in bilico tra l’essere grottesco ed inquietante come Golem II: The Bionic Vapour Boy, che in effetti suona esattamente come un brano fantascientifico con gustosissimi incisi funk/dance, mentre la voce filtrata ad imitare un robot viene accompagnata da cori bambineschi su un groove saltellante e giocoso non lontano da certe movenze circensi proprie dei Primus. Il concetto di robot viene mantenuto anche nel titolo di None of Them Knew They Were Robots, dove però l’ispirazione principale risulta essere il country e nel complesso pare di assistere ad un carosello d’altri tempi con raffigurazioni in bianco e nero a muoversi su un vecchio schermo impolverato. Nei suoi sei minuti il pezzo attraversa momenti esplicitamente swing – e qui lo spettro dei Faith No More si fa sentire – dove Patton si diletta in uno scat jazz arricchito da evocazioni in latino e poi recupera sembianze surf-rock dissolte lentamente in un altro intermezzo affidato ai fiati. Nel mezzo di una scaletta eterogenea ma non troppo, trova spazio la canzone più nota della band, Retrovertigo. È qui che i Mr. Bungle trovano l’equilibrio perfetto tra pop e sperimentazione, indovinando una melodia portante al contempo rassicurante e spaventosa condotta da pochi strumenti per lasciare che protagonista sola e assoluta sia la voce, la quale viene impiegata anche come strumento percussivo in fase di arrangiamento. Il glockenspiel che compare a metà del brano potrebbe funzionare sia inserito in una soundtrack horror sia in una commedia pecoreccia e questa forse è l’arma più potente che il brano possiede, insieme ad una linea vocale tutto fuorché banale o prevedibile, ma innegabilmente cantabile e che si stampa in testa al primo ascolto. Mike Patton continua a portare con sé la canzone nei suoi spettacoli da solista ancora oggi ed un motivo ci sarà. Retrovertigo è un brano che riesce ad essere senza tempo, sospeso in un limbo immaginario dove esiste senza mai invecchiare di un giorno. Se The Holy Filament si gioca la carta dell’ambient con lunghi tappeti di archi e tastiere arricchiti da vocalizzi arabeggianti, il gran finale con Goodbye Sober Day torna ad atmosfere spaziali e sognanti, con una batteria più incisiva del solito che entra ad intervalli irregolari; dopo una partenza tutto sommato regolare, a metà del minutaggio tutto si ferma e la voce viene lasciata da sola a salmodiare per qualche istante prima di trasformarsi in uno sciame di lame affilate che affondano nei timpani dell’ascoltatore, prima che il finale si porti via tutto il disco con un fare da piano-bar dimesso e trasandato.

California, che si presenta con una copertina anonima, è un album dove i Mr. Bungle risultano più adulti e la musica si muove di conseguenza, trovando una coerenza interna che scende a compromessi con la forma canzone e decide di allontanarsi dalle dissonanze avanguardistiche e da ogni scampolo di rock, che invece rimarrà presente negli spettacoli dal vivo. Inizialmente il disco doveva essere pubblicato l’8 giugno del 1999, ma l’etichetta del gruppo decise di posticipare l’uscita per non cozzare con il rilascio in contemporanea di Californication, l’opera della rinascita dei redivivi Red Hot Chili Peppers. Se già da qualche anno non correva buon sangue tra Mike Patton ed Anthony Kiedis, frontman dei peperoncini, dopo questa mossa il livore aumentò ulteriormente e risalgono a questo periodo le famose parodie messe in piedi da Patton e dai suoi compagni di band ai danni dei Peppers nel tour di promozione a California. Non è questa la sede per parlare di pettegolezzi, ma il potere decisionale di Kiedis, dovuto all’immensa popolarità raggiunta dai RHCP, portò all’esclusione dei Mr. Bungle da alcuni importanti festival estivi e questo fece infuriare ulteriormente Patton, il quale non si risparmiò mai in sede live con le sue prese in giro nei confronti di Kiedis e non solo, mimando continue iniezioni di eroina ed arrivando a mettere in scena le morti del compianto chitarrista Hillel Slovak e dell’amico fraterno di John Frusciante River Phoenix. Trevor Dunn fino a pochi anni fa dichiarava che le azioni scorrette di Kiedis avrebbero irrimediabilmente rovinato la carriera della sua band ed evidentemente gli animi non si sono mai placati, ma quel che è certo è che entrambi i gruppi in quel periodo non se le mandarono di certo a dire, anche se da parte dei peperoncini l’unico ad essere coinvolto fu sempre e soltanto Kiedis. Nel 2000 poi il gruppo venne incluso nello SnoCore Tour in compagnia di band come Incubus e System of a Down; in quel contesto Patton e i suoi si sentivano decisamente fuori tema, non solo per questioni anagrafiche, perciò condussero i concerti all’insegna della spensieratezza più totale, vestendosi come i Village People e mimando ogni sorta di azione sessuale sul palco sfiorando addirittura il linciaggio pubblico. E d’altronde un atteggiamento simile faceva parte dell’esperienza completa dei Mr. Bungle, irriverenti sotto tutti gli aspetti sebbene per questa serie di concerti avessero rinunciato ai loro costumi più eccentrici.
California ad ogni modo coincise con il periodo più fruttuoso per il gruppo, nonostante le problematiche appena esposte e in fondo con un disco così accessibile rispetto al precedente le possibilità erano sin da subito maggiori. Eppure California, sebbene rimanga un lavoro di pregevole fattura, risulta essere invecchiato peggio rispetto a Disco Volante, per sua natura meno ancorato a questioni temporali, e lo si può considerare maggiormente legato al suo anno di uscita. La standardizzazione dei brani porta la band a lavorare in maniera più certosina sugli arrangiamenti, splendidi e rifiniti, ma anche a perdere un po’ di quella genialità imprevedibile che Mike Patton ritroverà poi negli anni successivi con il debutto omonimo dei Fantômas (1999) e con la collaborazione con il genio del japanoise Merzbow nell’album She (1999), senza contare la breve vita del progetto Weird Little Boy (1998) con il sassofonista John Zorn e il compagno Trey Spruance. Nel panorama alternativo di fine anni ’90 California rimane un lavoro che si pone affianco a tutto ciò che stava accadendo alla vecchia scena crossover ormai polverizzata dal nuovo indie-rock, così come, seppure strizzando l’occhio a sonorità più facili, si piazza ben lontano da ogni velleità commerciale. Il disco ha un baricentro tutto suo che in fondo ne costituisce insieme il punto di forza e il punto più debole, ed è così che bisogna prendere l’album, che si rivela un ascolto perfettamente in linea con il periodo estivo evocando scenari paradisiaci e un benessere cinematografico space age pop ormai lontano e dimenticato.

Now I'm finding truth is a ruin
Nauseous end that nobody is pursuing
Staring into glassy eyes
Mesmerized
There's a vintage thirst returning
But I'm sheltered by my channel-surfing
Every famine virtual
Retrovertigo.



VOTO RECENSORE
83
VOTO LETTORI
85 su 1 voti [ VOTA]
Galilee
Domenica 17 Settembre 2023, 15.24.01
1
Un disco pazzesco, unico ed eclettico. Sicuramente uno dei migliori con Patton alla voce. Qualitativamente siamo quasi ai livelli dei tre album top dei FNM, anche se stilisticamente siamo un pò su altri lidi,ma non troppo. 85/100
INFORMAZIONI
1999
Warner Bros. Records
Inclassificabile
Tracklist
1. Sweet Charity
2. None of Them Knew They Were Robots
3. Retrovertigo
4. The Air-Conditioned Nightmare
5. Ars Moriendi
6. Pink Cigarette
7. Golem II: The Bionic Vapour Boy
8. The Holy Filament
9. Vanity Fair
10. Goodbye Sober Day
Line Up
Mike Patton (Voce, Tastiera)
Trey Spruance (Chitarra)
Clinton “Bär” McKinnon (Sassofono, Tastiera, Corno francese)
Trevor Dunn (Basso)
Danny Heifetz (Batteria, Percussioni, Tastiera)

Musicisti Ospiti:
Timba Harris (Tromba)
Michael Peloquin (Armonica)
Larry Ragent (Corno francese)
Bill Banovetz (Corno inglese)
Jay Stebley (Cimbalom)
Henri Ducharme (Fisarmonica)
Aaron Seeman (Pianoforte)
Carla Kihlstedt (Violino, Viola)
Eyvind Kang (Violino, Viola)
Ben Barnes (Violino, Viola)
Marika Hughes (Violoncello)
Sam Bass (Violoncello)
David Phillips (Pedal Steel Guitar)
William Winant (Timpani, Tam Tam, Grancassa, Martelletti)
 
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