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LEGEND CLUB, VIALE ENRICO FERMI 98 - MILANO

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Árstíðir Lífsins - Aldrlok
07/06/2024
( 931 letture )
Aldrlok, la morte di un’epoca. Questo il titolo scelto per la sesta fatica degli Árstíðir Lífsins, che segue di cinque anni la conclusione della dilogia Saga á tveim tungum e che ci getta di nuovo nelle atmosfere antico norrene tipiche della band. Con questo nuovo lavoro, in una prospettiva in cui storico e mitologico si intrecciano e si confondono, ci ritroviamo precisamente in Islanda intorno all’anno mille, un tempo misterioso, travagliato, di cambiamenti, che la band interpreta proprio come la fine di un’era e l’inizio di una nuova, con nuovi dei e nuovi costumi.

Per gli Árstíðir Lífsins non si tratta però affatto della morte di un’epoca, bensì di un altro tassello della propria discografia, che ritorna sulla formula già cristallizzata nei dischi precedenti: sulle solide basi di un black feroce ma melodico che si rifà in primis alla tradizione norvegese di Enslaved ed Helheim si innestano suggestioni pagan che trascrivono la lezione dei Primordial in chiave islandese, cori dal sapore viking e abbondanti tinte folk rappresentate soprattutto dalle frequenti incursioni di chitarre acustiche, violini, viole, violoncelli e, in passato, anche pianoforte, ma che si traduce in uno stile del tutto peculiare anche nel riffing. Il tutto racchiuso, come sempre, in un’aura epica, quasi onirica, ancestrale che viene amplificata da un’attitudine lirica dalla forte impronta narrativa e allo stesso tempo evocativa, che tiene sempre come stella polare gli scritti eddici e scaldici.
In questo Aldrlok tuttavia il combo sembra sin dalle prime battute aver messo lievemente in secondo piano gli inserti e le influenze folk nel songwriting rispetto ai predecessori, mettendo più in risalto la propria attitudine più schiettamente black nonché anche la vena pagan/viking con i cori maschili più presenti che mai. Questo non vuol dire naturalmente che la componente folk sia completamente scomparsa e, anzi, quando emerge dona la consueta profondità al songwriting, grazie al tocco lieve delle chitarre e l’incedere delicato ma emozionante degli archi, ma non è così organica come poteva essere, tanto per fare un esempio, in Vápna lækjar eldr, dove spesso gli stessi riff erano intrisi di melodie folkeggianti e quasi tutti i brani erano continuamente inframezzati da passaggi acustici, di pianoforte o violoncello. In questa sede invece si è puntato più spesso su un black più oscuro, drammatico ma violento, enfatizzato da una produzione nitida e potente, tuttavia la solita durata estremamente estesa dei brani e del disco in generale permette comunque di spaziare a sufficienza tra le varie soluzioni proposte dalla band.

Ne è un esempio l’opener Hvítir hjǫrvar Heimdalls aldraðra fjallgylða, che si concede un ampio intro di quasi cinque minuti, un continuo crescendo che ci introduce alle ambientazioni pagane della band con un’atmosfera dapprima quasi rituale che può ricordare i Wardruna e che man mano evolve nel brano vero e proprio, che invece sfoggia un black vivace e feroce alternato a intermezzi più tipicamente viking, lenti, epici e melodici, in cui allo scream si sostituiscono i cori. La successiva Stormr, hvítundit grand grundar gjálfrs introduce quasi timidamente qualche elemento folk, con l’arpeggiare delle chitarre però in sottofondo e una voce pulita che declama i versi in antico islandese, per poi colpire quasi a sorpresa con l’incipit nuovamente impetuoso di Er faðir kulda ok myrkrs hopar fyrir endalausum vegi Ránar , interrotta nel mezzo da una sezione acustica che ben contrasta con la ferocia delle parti black e che sul finale dei suoi tredici minuti va sfumando nella drammaticità degli archi.
Ancora un cambio improvviso ci introduce a Eftir bjartlogar hróts hreggs kveikja ógnarstríðan úlf storðar í grasinu, che analogamente alla successiva Nauð greyprs élreka, si caratterizza come un mid-tempo pagan/black che stilisticamente si avvicina agli Helrunar di Sòl, il primo progetto del cantante Marcel Dreckmann.
Nú er lengstu miskunndir dalreyðar ná hátindi e Ek sneri aftr til golfhǫlkvis fleygra sárelda heiftar, sapientemente piazzate a metà del disco, sono invece le canzoni puramente folk in cui la band mette da parte la violenza degli strumenti metal per tessere un’atmosfera quasi da film: se nella prima gli archi creano una tensione solo parzialmente spezzata dagli strumenti tradizionali, mentre la narrazione è affidata a una voce bassa e profonda, la seconda invece è distesa, emozionante, dall’incedere epico e calmo.
Fyrsta fǫnnin fellr úr hátunnu regns è forse il pezzo più coinvolgente del disco, con l’inizio plumbeo e misterioso e poi veloce ed aggressivo come solo il più puro black nordico sa fare, con ritmiche incessanti e riff inquietanti, talvolta malefici, che però non perdono mai di vista le trame melodiche, mentre la seconda parte lascia spazio ad ampie sezioni più ragionate, ancor più ricche di melodia e ai classici cori maschili, cui in fin dei conti è riservato uno spazio quasi equivalente a quello occupato dallo screaming. Il disco si chiude infine con Ofsaveðrsgnýr ber auma bústaði, brano dalla ragguardevole durata di quattordici minuti in cui gli islandesi si profondono un black melodico ed evocativo, in cui tempi veloci e lenti si rincorrono reciprocamente creando un’aura oscura, e ancora una volta confluiscono in un finale più melodico, dai toni quasi drammatici, con gli archi a concludere stavolta definitivamente il disco.

Aldrlok è quindi un altro lavoro in perfetto stile Árstíðir Lífsins, i quali si mantengono sugli standard e sullo stile delle uscite precedenti, pur dosando forse diversamente le differenti componenti del sound. Il trio tedesco/islandese sfodera come sempre una prova ottima dal punto di vista sia compositivo che di performance, che però vista la durata per molti proibitiva, va da sè che richieda più ascolti perché se ne possano apprezzare tutti i dettagli. Dreckmann e compagni, si sa, non sono amanti della sintesi e lo si potrebbe intuire già dai titoli dei brani, per cui se siete amanti delle composizioni brevi e concise starete naturalmente alla larga da questo e dai precedenti lavori della band. Se invece avrete volontà e pazienza di farvi assorbire in questo antico mondo vichingo, gli Árstíðir Lífsins, nuovamente, non deluderanno.



VOTO RECENSORE
79
VOTO LETTORI
89.85 su 7 voti [ VOTA]
LUCIO 77
Mercoledì 26 Giugno 2024, 14.16.54
3
Album da \"bianco o nero\".. Non sono riuscito a metabollizzarlo, in primis per la durata e quindi non mi ha lasciato una buona impressione generale.. Pazienza.
Gim
Lunedì 10 Giugno 2024, 13.45.35
2
Scoperti con l Ep Hermalausaz, band fenomenale... Voto 85
Cristiano Elros
Venerdì 7 Giugno 2024, 22.56.35
1
Sto aspettando che mi arrivi. Ho aspettative molto alte perché il precedente mi piace da morire. Questo qui pare ancora più complicato da assimilare, ma vedremo!
INFORMAZIONI
2024
Vàn Records
Pagan Black
Tracklist
1. Hvítir hjǫrvar Heimdalls aldraðra fjallgylða
2. Stormr, hvítundit grand grundar gjálfrs
3. Er faðir kulda ok myrkrs hopar fyrir endalausum vegi Ránar
4. Eftir bjartlogar hróts hreggs kveikja ógnarstríðan úlf storðar í grasinu
5. Nú er lengstu miskunndir dalreyðar ná hátindi
6. Nauð greyprs élreka
7. Ek sneri aftr til golfhǫlkvis fleygra sárelda heiftar
8. Fyrsta fǫnnin fellr úr hátunnu regns
9. Ofsaveðrsgnýr ber auma bústaði
Line Up
Marsél (Voce, Cori)
Stefán (Voce, Cori, Chitarra, Basso)
Árni (Voce, Cori, Batteria, Archi, Effetti)
 
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