|
17/10/24
1349 + KAMPFAR + AFSKY
SLAUGHTER CLUB, VIA ANGELO TAGLIABUE 4 - PADERNO DUGNANO (MI)
|
|
|
19/09/2024
( 1915 letture )
|
Un’attesa durata più di un decennio, accompagnata da infinite polemiche sulle campagne di crowdfunding e sulla maniacale ed estenuante ricerca del sound perfetto da parte del mastermind. Una storia che sembra ripetersi ciclicamente per i Wintersun, che a distanza di sette anni da The Forest Seasons e a ben dodici dal predecessore spirituale Time I, finalmente danno alla luce quel gemello separato alla nascita, la parte di un tutto che era stato scisso, ancora una volta per le scelte, da molti criticate, di Jari Mäenpää, accusato all’epoca di aver pubblicato sostanzialmente un album “monco” con qualche minuto di filler. Una volta assodato però che Time non sarebbe stato un album unico ma bensì due dischi distinti per quanto simili e figli dello stesso processo compositivo, la band prevedeva di pubblicare il proseguo negli anni immediatamente successivi, ovvero tra il 2013 e il 2014. I più pessimisti nella fanbase avrebbero giurato che conoscendo l’andazzo in casa Wintersun, la band ce l’avrebbe fatta a malapena nel 2015! Ed eccoci invece nell’anno di grazia duemilaventiquattro a parlare finalmente di questo tanto agognato Time II, disco dunque registrato e composto in concomitanza con Time I, ma il cui mixaggio è cominciato solo nell’agosto dello scorso anno, dopo infinite procrastinazioni da parte di Jari e le solite lamentele sulla mancanza di fondi e di hardware abbastanza performante da poter elaborare i complessi layer orchestrali nella maniera in cui lui avrebbe voluto. La storia, come accennato, si ripete per i finlandesi e quindi anche Time II è stato accompagnato da una campagna di crowdfunding che ha garantito a chi l’ha sostenuta l’accesso a Time Package una compilation di materiale esclusivo, tra bonus, versioni strumentali e demo inedite, similmente a come era successo con The Forest Seasons e Forest Package. Negli anni, quasi a coprire i lunghi silenzi discografici della band, tanto rumore si è fatto su queste iniziative e sugli atteggiamenti del frontman, tanto si è dibattuto e tutte le opinioni sul campo sono ormai note, per cui a ciascun lettore il suo parere sulle vicende extra-musicali, che terremo però quasi del tutto fuori dalla analisi del disco.
Questa piccola introduzione a carattere “storico” aveva infatti il solo fine di capire come inquadrare Time II all’interno del percorso artistico dei Nostri: sarebbe impossibile infatti giudicarlo se non come successore spirituale di Time I, ma anche come figlio di un’ennesima ricerca spasmodica, maniacale dell’impalcatura ideale su cui ergere il sound composito e stratificato dei finnici. Una ricerca che ha richiesto dei tempi eccezionali ma che ha prodotto risultati altrettanto eccezionali. Time II, nella miglior tradizione Wintersun , è un disco ambizioso, fatto di composizioni lunghe e complesse, in cui la violenza e le armonie del melodeath si fondono con la grandiosità delle orchestrazioni, in cui la potenza del metal incontra l’epicità delle soundtrack e il feeling esotico delle ambientazioni giapponesi, da sempre care a Jari ma mai evidenti come su questo disco. Mentre in The Forest Seasons la band aveva sperimentato uno stile più diretto ma anche delle ambientazioni più varie, mai così vicine a certi immaginari fantasy, qui l’atmosfera fredda e maestosa tipicamente invernale e l’andamento incessante delle parti orchestrali riporta immediatamente a Time I, seppure non manchino le differenze anche con quest’ultimo. La band infatti, ormai anni or sono, aveva preannunciato che Time II avrebbe riservato un approccio più violento rispetto al primo capitolo e visto che canzoni come The Way of the Fire e Storm fanno parte già da qualche anno delle setlist live della band, molti fan hanno già potuto avere un assaggio di questo indirizzo differente. Le vere curiosità potevano invece riguardare il sound, che è poi la causa principale della lunghissima gestazione dell’album, e da questo punto di vista Jari dimostra in fin dei conti di aver fatto un ottimo lavoro: la produzione è nitida, potente ed equilibrata, con le chitarre che si riprendono larghi spazi pur senza affatto oscurare il solito eccellente lavoro orchestrale. Certo qualche difetto minore, volendo scavare a fondo, ancora c’è: mentre ad esempio in The Forest Season il rullante della batteria era a volumi eccessivi, qui è al contrario spesso offuscato dal resto degli strumenti. Piccoli nei come questo non pregiudicano però un sound complessivo più che soddisfacente che pone le fondamenta per un disco in cui i Wintersun sfoggiano uno stile più energico che mai, in cui accanto alle orchestrazioni, si fanno sentire di più riff glaciali e assassini, ritmiche fulminanti e tanto, elegante lavoro solista che invece aveva trovato decisamente meno spazio in Time I. Fields of Snow, che con le sue atmosfere orientaleggianti mette in musica le immagini in copertina, con il soffio delicato dei fiati e il pizzicare degli archi a simboleggiare le foglie di ciliegio portate via dal vento, introduce The Way of the Fire con il suo impeto che quasi vuole ricordare la mitica Sons of Winter and Stars: breve incipit acustico, e poi si parte davvero con un turbinio di riff, di archi e cori e screaming, le ritmiche infuriate ad alternare blast-beat e up-tempo. Il lavoro solista equilibra ricerca della melodia e tecnica da perfetto shredder, mentre le melodie si fanno sempre più epiche e le voci prima sporche ora sono pulite e maestose. Un breve stacco di puro death metal, crudo e diretto, improvviso ma perfettamente piazzato, ci conduce poi al finale, ancora una volta memorabile e maestoso. One With the Shadows, quasi una nuova Land of Snow and Sorrow, sembra voler gettare della neve sulla tempesta di fiamme, dinamica e imprevedibile, lasciata dalla prima canzone, presentandosi invece quasi “statica”, lineare, con il suo andamento lento e le melodie semplici, chiare, facendo trasparire il lato meno estremo della band. Anche il lavoro solista è meno vario e acrobatico ma certamente non meno evocativo, grazie alle giuste armonie e a degli armonici artificiali usati alla perfezione. Piccolo intermezzo dal sapore progressive con Ominous Clouds, per arrivare dunque a Storm, l’altro highlight indiscusso del disco insieme a The Way of the Fire. Se fin qui soprattutto in The Way of the Fire abbiamo potuto goderci una versione particolarmente estrema e aggressiva dei Wintersun, ma in cui le atmosfere rimanevano tutto sommato quelle apprezzate in Time I, Storm ha un piglio più cattivo che mai, ma anche triste e apocalittico. Mentre chitarre e batteria stendono un tappeto violentissimo fatto di interminabili tremolo, palm-muting e blast-beat, non lasciando un solo attimo di respiro all’ascoltatore, le orchestrazioni costruiscono un’atmosfera da film, disperata, come ad annunciare l’imminente tempesta. Una tempesta che poi si placa per lasciare spazio a una seconda parte ancora una volta meno impetuosa, più sognante, grazie all’apporto eccezionale delle tastiere e delle chitarre acustiche. Finale affidato ancora una volta alle atmosfere tipicamente orientali di Silver Leaves, in cui i toni si fanno più lirici e rilassati, la voce rimane sempre su timbri puliti e alle orchestrazioni e al riff stavolta semplice e granitico si uniscono gli strumenti tradizionali giapponesi.
Time II dunque non fa prigionieri: qualsiasi siano i pregiudizi con cui si può approcciare l’opera difficilmente si potrà rimanere delusi vista l’alta qualità della proposta, che come era lecito aspettarsi, rispetta perfettamente i canoni delineati dalla band in precedenza, ma in una veste leggermente nuova, forse più accattivante che mai. In questa release infatti sono condensati con sapienza l’eleganza e l’epicità delle composizioni, la complessità del songwriting, la carica e la potenza del cuore più estremo dei Wintersun e una certa dose di melodia e orecchiabilità che in questo tipo di uscite, se ben dosate, non possono mancare. Certo, è un disco uscito “in ritardo”, fuori tempo massimo per molti, soprattutto per chi all’epoca aveva mal digerito la scissione di Time in due entità distinte, però la musica, forse proprio perché frutto di un processo compositivo lasciato nel cassetto finché non ha potuto prendere la forma tanto desiderata, è tanto sincera e convincente da spazzare via queste ombre. Time II è una tappa fondamentale nella carriera dei Wintersun, che, dato il suo concepimento particolare, in futuro costringerà inevitabilmente la band a muoversi su lidi compositivi nuovi per dare nuove forme al loro sound. Certo, c’è da chiedersi se ora bisognerà aspettare un altro decennio o giù di lì per poter ascoltare il successore, ma se i presupposti sono questi, forse vale la pena cominciare un’altra lunga attesa.
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
19
|
una band poco prolifera, ma canzoni di ottima fattura...Grandi
ma quante band Hanno saccheggiato le idee dei Wintersun per farle proprie ?
posso aspettare volentieri altri 10 anni. |
|
|
|
|
|
|
18
|
Guardi Monsieur M.G., per chiarire, qui le stratificazioni e i sovraccarichi sono su un songwriting ottimo, nel senso che sono belle canzoni, Il mapazzone arriva quando vengono usate stratificazioni, tastieroni, coroni e orchestroni per coprire un songwriting scarso. Dove i pzzi sono brutti o insignificanti. Non è il caso di questa eccellente uscita dei Wintersun. Che, noto, anche lei apprezza. Au revoir. |
|
|
|
|
|
|
17
|
madonna che bomba di album |
|
|
|
|
|
|
16
|
Tantissima carne al fuoco, ma è solo tanta, non bruciata. Album di qualità notevolissima, coinvolgente e, al netto dei tanti anni passati da Time I e di uno stile che si è evoluto molto poco (giusto con i riferimenti alla musica tradizionale giapponese, melodici prima che strumentali), riesce a risultare ancora fresco grazie alla ricchezza dei riferimenti e delle influenze messo in campo. È sicuramente massimalista, barocco, sovraccarico, al punto che mi stupisce che il Marchese non l\'abbia definito un mappazzone, visto che credevo apprezzasse approcci più essenziali. Un album che va spacchettato e ascoltato più e più volte per carpirne tutti i dettagli e che per questo non è semplicemente complesso, ma anche adatto ad ascolti ripetuti nel tempo. C\'è qualche lungaggine di troppo, in particolare nell\'intro e in Storm, e la produzione spesso non è all\'altezza della grande stratificazione strumentale, ma in generale Time II per me resta un album magnifico. Capisco che il suo parto travagliato, lo spreco di tempo e soprattutto di soldi di Mäenpää facciano sentire presi in giro i fan che lo hanno finanziato direttamente, ma mi risulta difficile immagine come si possa sostenere che questo non sia un album di livello altissimo. Ecco, come dicevo, avrei semmai perfezionato la produzione, perché è bizzarro che per apprezzarne i suoni sia quasi obbligatorio avere i file in altissima qualità e un\'attrezzatura per l\'ascolto di alto livello; forse i Wintersun avrebbero dovuto rivolgersi a dei produttori abituati ad avere a che fare con sound così pieno di sovraincisioni (di cui alcune probabilmente superflue e sacrificabili), ad esempio Joost van den Broek. Visto che i fan hanno pagato addirittura uno studio di registrazione costruito ad hoc, era lecito aspettarsi più concretezza, mentre qui probabilmente c\'era da lavorare ancora un po\' in missaggio e mastering. Comunque per me siamo sull\'85, e devo ancora prenderci pienamente confidenza. |
|
|
|
|
|
|
15
|
Sono in piena sintonia con il commento del Marchese . Aggiungo che il suono è spettacolare e che il primo pezzo, lo strumentale , mi ha ricordato Mike Oldfield . Per me 81
|
|
|
|
|
|
|
14
|
Album che mi è piaciuto ma non entusiasmato.. Intro secondo Me troppo lunga e come ha scritto qualcuno, troppi assoli di chitarra.. Ultimo Brano con una melodia orientale assai scontata.. Affascinante la Copertina. |
|
|
|
|
|
|
13
|
Bien sûr non mi interessa molto delle vicissitudini e dei crowfounding (la Nuclear Blast non finanzia?) qui conta la musica. Album di altissimo livello e anche se non lungo (in effetti i pezzi sono 4) propone un sound veramente coinvolgente. Songwriting di qualità, si sente. Probabilmente Jari Mäenpää è un perfezionista e non butta giù pezzi tanto per far uscire un album. Come certi vini di estrema classe (mi vengono in mente alcuni Picolit) non devi forzare se la qualità non è all\'altezza. Meglio aspettare che sorbirsi cose scarse. Personalmente metto The Way of the Fire (strepitosa!) e One with the Shadows su tutte. Girerà molto sui miei device mentre si cavalca nel foliage imminente. Au revoir. |
|
|
|
|
|
|
12
|
Ne sto leggendo bene un po\' ovunque, io aspetto ancora un po\' ad ascoltarlo, ma mi preoccupa la produzione. Ho ascoltato \"The Way of the Fire\" su youtube e la batteria mi è sembrata esageratamente alta, mi ha dato quasi fastidio all\'inizio, spero che su CD sia diverso... |
|
|
|
|
|
|
11
|
Voto all\'album 80, troppe sovra incisioni, solo 4 brani peraltro allungati a dismisura, nessun brano all\'altezza di sons of winter and stars...
Voto a Jari 40
Voto a chi ha preso all\'epoca la decisione di splittare in due TIME 40
Voto agli arrangiamenti che a me sembrano gli stessi di TIME I e non qualcosa di nuovo creato con il suo nuovo studio pagato dai fan......20
Voto agli altri membri della band....come cazzo fanno a sopportarlo 90
L\'album oggettivamente è bello ma non mi sta regalando nessuna emozione, sono quasi pentito di averlo comprato, ma volevo chiudere un cerchio aperto tanti anni fa.....mi vado a riascoltare sons of winter and stars versione sala prove più grezza e bella che la versione su time I
|
|
|
|
|
|
|
10
|
Visti dal vivo un paio di volte, ma mai lì per loro, nè credo andrò mai. Onestamente non ci trovo assolutamente nulla di speciale in questa band. De gustibus. |
|
|
|
|
|
|
9
|
scarsuccio..tutto gia sentito |
|
|
|
|
|
|
8
|
Commento ignorante. Ottima produzione, arrangiamenti di altissimo livello, ma troppi assoli di chitarra che mi rompono le scatole veramente |
|
|
|
|
|
|
|
|
6
|
Mah, 6 brani per modo di dire direi 2 intro e 4 canzoni. Bello ma non voto devo vedere se resiste al tempo. |
|
|
|
|
|
|
5
|
Mi accodo agli elogi...voto 88. |
|
|
|
|
|
|
4
|
Ho apprezzato davvero tanto. Sentito anche una leggera influenza dell\'estremo oriente che di solito maltollero ma che in questo caso si amalgama bene |
|
|
|
|
|
|
3
|
Nulla da dire.. Tante beghe, tanti mah, ma qua di arrosto c\'è nè e parecchio. Album stupendo, alla pari se non più del primo capitolo. Tutti gli strumenti volano come un acquila reale in picchiata sulla propria preda con la batteria di Kai Hahto in evidenza e un ritrovato solismo di Jari. Voto 90/100. |
|
|
|
|
|
|
|
|
1
|
Grandissimo lavoro, mi spiace che consti solo di sei brani. |
|
|
|
|
|
INFORMAZIONI |
|
|
|
|
|
Tracklist
|
1. Fields of Snow 2. The Way of the Fire 3. One with the Shadows 4. Ominous Clouds 5. Storm 6. Silver Leaves
|
|
Line Up
|
Jari Mäenpää (Voce, Chitarra, Tastiera) Teemu Mäntysaari (Chitarra) Jukka Koskinen (Basso) Kai Hahto (Batteria)
|
|
|
|
RECENSIONI |
|
|
|
|
|
|
|
ARTICOLI |
|
|
|
|
|
|
|
|