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Officium Triste - Hortus Venenum
17/11/2024
( 913 letture )
Quale maniera migliore di festeggiare il trentennale di una band, che pubblicare un gran bel disco? Gli olandesi Officium Triste sono a tutti gli effetti da considerarsi dei veterani della scena death doom e se, nella loro stessa madre patria, i nomi di riferimento e di punta sono spesso stati altri, i ragazzi di Rotterdam sono riusciti a scavarsi un posto nel cuore di molti appassionati. Certo, non possono dirsi estremamente prolifici, dato che Hortus Venenum è il loro settimo disco in questo lungo lasso di tempo ed è forse anche per questo che questa loro uscita desta particolare curiosità, a cinque anni da The Death of Gaia, disco che aveva rilanciato la loro carriera, dopo qualche passo falso che aveva minato il loro percorso.

Presentato da una copertina di Paolo Girardi, questo "giardino dei veleni" rappresenta sicuramente un passaggio importante della carriera della band. Asciugate le composizioni, con un minutaggio che per metà scaletta non supera i cinque minuti per brano e una accentuata lentezza doom, gli olandesi puntano decisamente al fattore emotivo, creando canzoni molto curate e diversificate tra loro e decisamente spinte sul lato melodico della loro musica. L’incremento della componente gothic è particolarmente evidente nei continui e struggenti passaggi solistici, trademark del genere e nel discreto quanto insistito utilizzo di sintetizzatori, piano, archi e quant’altro aiuti a creare una fortissima enfasi emozionale. Unica concessione al lato death è la voce perennemente in growl di Pim Blankenstein, posta dal mixaggio al centro della musica, come avvolta dagli strumenti e mai accompagnata da cori, da voci femminili o altro. Per quanto acido e greve, il suo timbro risulta comunque piuttosto "piacevole" e le parole ottimamente scandite, puntando anch’egli quindi a un effetto "melodico" più che aggressivo, con refrain identificabili e passaggi ripetuti più volte, a rimarcarne l’effetto e il significato. Il lavoro compiuto dalla band appare significativo soprattutto nella caratterizzazione dei brani, ciascuno dotato di accorgimenti, passaggi devastanti da un punto di vista di pathos e capacità di coinvolgere ed emozionare. Non ci sono particolari innovazioni, nella loro musica, che appare invece decisamente classica e ancorata agli stilemi del genere imposti da Paradise Lost, My Dying Bride, Katatonia e Anathema, se non appunto l’utilizzo del sintetizzatore, che in qualche caso aggiunge una nota di freddezza industriale, come nell’intro della prima Behind Closed Doors e a volte indulge invece verso il calore degli strumenti ad arco. Il tutto appare molto convincente e coinvolgente, tanto che citare qualche canzone, rispetto alle altre, risulta abbastanza inutile: tutte sono di ottimo livello, senza particolari sbavature e, anzi, tutte con palesi qualità che le rendono ricchissime di soluzioni e sorprese e, al contempo, di facile assimilazione. Senz’altro, dopo le ottime due canzoni iniziali, colpisce la doppietta costituita da Anna’s Woe e Walk in Shadows, due brani più lunghi, che consentono al gruppo di scavare più a fondo nell’anima dell’ascoltatore, ma Forcefield, più breve e in qualche frangente anche più veloce, non è da meno e sicuramente il suo finale con le severe sottolineature solitarie della batteria, non mancherà di fare colpo dal vivo. Chiusura d’effetto con Angel with Broken Wings, da oltre dieci minuti, introdotta da uno struggente e lungo passaggio di archi, sul quale entra in crescendo la band, con un effetto marea davvero riuscito e un carico di tensione, esaltato dall’unica vera parte corale del disco, che scava solchi profondi, accompagnando tutto il brano. Degna conclusione di un disco bello, sentito e che si presta ad ascolti ripetuti.

Ottimo modo di festeggiare e onorare una carriera degna di rispetto, Hortus Venenum rappresenta un ritorno di livello per gli Officium Triste. Si tratta del loro album più breve, ma questo per una volta costituisce senza dubbio un pregio, data la qualità dei singoli brani e dell’accuratezza con la quale gli stessi sono stati creati, con splendide partiture chitarristiche, davvero centrate e degli arrangiamenti mai meno che ottimi. Non inventano nulla, non spostano di un centimetro i cliché di genere, ma con un grande lavoro di rifinitura ne confermano al contempo tutto il valore e la profondità. Un ascolto se vogliamo più facile della media di settore, altro gran pregio del lavoro, dato che questo non significa affatto un minor coinvolgimento. Al contrario, è un album che cela con la compattezza una multiforme varietà e una solidità complessiva encomiabile, al servizio dell’impatto sentimentale. Non un capolavoro, ma la sua struggente bellezza lo rende un ascolto obbligatorio per gli appassionati e un ottimo punto di partenza per chi volesse approfondire il gruppo e il genere. Molto molto bravi, complimenti a loro e auguri.



VOTO RECENSORE
79
VOTO LETTORI
90 su 3 voti [ VOTA]
Ferro
Domenica 15 Dicembre 2024, 2.02.06
2
A me sono sempre piaciuti molto. Un doom con linee melodiche particolarmente commoventi e intense.Siamo su livelli eccellenti per il genere, ma non mi sorprende. Li seguo da ne vivam e li amo da allora.concordo sul valore assoluto di “angels “ al quale affiancherei “anna’s woe” quale altro brano di assoluto livello. Voto 90. Vae victis !Ferro
Le Marquis de Fremont
Lunedì 18 Novembre 2024, 13.52.55
1
Well, avevo avuto uno scambio di opinioni con Monsieur Furio, dopo la recensione di Mors Viri, album che come grandissima parte della produzione degli Officium Triste, mi era piaciuto moltissimo. Dopo l\'altrettanto ottimo The Death of Gaia, almeno in questa recensione, Monsieur Lizard viene verso la mia direzione. Certo, non inventano nulla e non è un capolavoro ma questa è musica che ti da intense emozioni e ti coinvolge a fondo. Probabilmente, come dice Monsieur Lizard nella ottima recensione (non frettolosa...) l\'utilizzo di archi e sinth crea quella che lui definisce \"enfasi emozionale\". Probabilmente è questo che ti fa ascoltare e riascoltare il disco e a mio parere, la musica serve a questo. Tutto su livelli più che alti. Metto la stupenda Angels With Broken Wings come brano migliore dell\'album. Piccolo appunto finale: mi sembra che il disco fosse uscito ad inizi settembre, se non erro. E\' un po\' che gira sui miei device. Molto, molto bene. Au revoir.
INFORMAZIONI
2024
Trascending Obscurity Records
Death / Doom
Tracklist
1. Behind Closed Doors
2. My Poison Garden
3. Anna's Woe
4. Walk In Shadows
5. Forcefield
6. Angels With Broken Wings
Line Up
Pim Blankenstein (Voce)
Gerard de Jong (Chitarra)
William van Dijk (Chitarra)
Martin Kwakernaak (Sintetizzatore)
Theo Plaisier (Basso)
Niels Jordaan (Batteria)
 
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