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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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Fuck The Facts - Disgorge, Mexico
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( 3682 letture )
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E adesso? Cosa dico ai lettori che da me si aspettano, giustamente, un commento e un giudizio sull''ultimo album dei Fuck The Facts? Potrei parlare in termini di violenza della musica proposta, di attitudine grindcore, di frenetiche sfuriate, ma mai come questa volta rimarrei lontanissimo da quello che veramente conta: i Fuck The Facts sono folli. Di grindcore ce n'è a tonnellate, è vero, ma scordatevi i Napalm Death o i Pig Destroyer, il grind che trovate in questo disco è anomalo, deviato, fuori dagli schemi (una canzone da 9 minuti ve la aspettereste mai?)
Anzitutto, fortissimi influenze noise contaminano notevolmente il sound della band, in modo tale che le canzoni si snodano secondo un pesante, rumoreggiante, tagliente incedere di furibondi blast-beat ed esasperanti riff che feriscono l'ascoltatore fino al limite massimo della sua sopportazione. Non c'è, nei membri che compongono questo trio, la minima intenzione di metterci a nostro agio, di accontentare le nostre aspettative, ma solo e unicamente la voglia di colpirci, infastidirci e trascinarci in un folle vertice di noise/grind.
Nulla è al suo posto: i riff si susseguono in maniera eterogenea, apparentemente al di fuori di qualsiasi schema, ora terribilmente acuti, quasi fastidiosi, ora velocissimi tessitori di sfuriate grindcore di vecchio stampo; la batteria sfugge ad ogni controllo, non accontentandosi di tracciare la linea ritmica delle canzoni, seppur spesso già di per sé contorta, ma prendendosi continue libertà, inserendo complessi e inaspettati cambi e passaggi che pur essendo fuori luogo non stonano, nel delirio generale. E lei, Mel Mongeon, una delle cantanti con la voce più potente, incazzata e aggressiva in giro, impegnata ad urlare con rabbia disumana, senza riposo, senza mezzi termini, in un continuo scream (da preferire alla sorta di growl che, seppur raramente, tavolta compare) di inaudita violenza, graffiante come carta vetrata, sputato in faccia all'ascoltatore.
Le canzoni sembrano nascere spontaneamente, senza nessuna mediazione razionale, uno “stream of consciousness” musicale, che accosta senza timore e senza remore elementi contrastanti, stridenti tra di loro: cieche sfuriate che sfociano in sprazzi del noise più cacofonico, i quali a loro volta terminano in momenti di calma apparente, ma una calma destinata a durare brevissimi attimi, in cui l'ascoltatore assapora l'aria di “normalità” di un riffing conosciuto, che non spaventa, per poi sprofondare di nuovo nel calderone di noise/grind che non concede scampo. Improvvisi mal di testa e un'inarrestabile desiderio di headbanging sfrenato sono inevitabili sintomi dell'ascolto di questo disco, così come la voglia di stoppare il disco, per poi cedere alla tentazione di ricominciare l'ascolto dopo pochi minuti.
Insomma, bisogna essere sufficientemente folli per apprezzare un disco come “Disgorge, Mexico”, e forse un po' più folli per tentare di recensirlo. Ma non chiedetemi di ricondurre tutto ciò ad un voto. Sarebbe veramente troppo, anche per un folle.
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3
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Troppo buoni...  |
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2
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sì, sei decisamente fòlle. Bella recensione *_* e hai usato dei termini sovrumani |
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1
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Bella, bella... molto bella |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. No Return 2. Absence And Despite 3. Kelowna 4. As Empires Expand And Collapse 5. Dead End 6. Driving Through Fallen Cities 7. La Culture Du Faux 8. State Of Panic 9. No Place For 10. The Storm 11. Apathy Is A Karma Killer 12. Golden Age 13. The Pile Of Flesh You Carry 14. Sleepless
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Line Up
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Topon Das - Guitar Mel Mongeon - Vocals Mathieu "Vil" Vilandre - Drums
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RECENSIONI |
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