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Doom:VS - Dead Word Speak
( 5604 letture )
Ricordo a malapena un film che vidi anni fa in cui padre e figlio, per magia, si scambiavano i ruoli. L’anima dell’innocente ragazzino veniva catapultata all’interno del genitore, mentre lo stimato ginecologo si ritrovava nei panni di un imberbe adolescente; questo improbabile disallineamento tra spirito e corpo era incessante fonte di guai dovuti per lo più all’euforia del dottore/bambino che, ora libero dalle barriere proibitive dell’età, faticava a tenere sottocontrollo istinti e pulsioni ancora troppo acerbe. D’altro canto l’adolescente/genitore, seppur dotato di intelligenza, esperienza ed intelletto, veniva continuamente penalizzato dal pregiudizio dovuto all’apparente immaturità fisiologica così da non potere raccogliere -mai- i frutti del proprio buon senso.

Situazione divertente e paradossale, tuttavia non così tanto impraticabile, non fosse altro per le ultime vicende musicali che mi offrono -trasformata in realtà- una simile fantasticheria. I protagonisti dell’episodio, di cui per ora non vi esplicito il copione, sono i Draconian ed i Doom:VS. Cosa hanno in comune queste due formazioni svedesi? Molti aspetti tra cui, più importante e generatore dei rimanenti, il fatto di vantare tra le proprie fila la presenza di Johan Ericson, abile macchinista dell’ascia principale nei primi, altresì fac-totum nei secondi, suo personalissimo e parallelo solo-project. Johan ha cercato (e trovato) una certa “distanza di sicurezza” tra la band originaria ed il discendente passatempo, operando principalmente nella direzione di una decisa intensificazione dei toni gravi. L’etichetta Doom:VS è infatti sinonimo, già dal precedente Aeternum Vale, di death/doom metal nella sua accezione più moderna: quella che prevede una composizione pesante ma non insensibile, priva degli inutili fronzoli gothicheggianti ma non scarna ed impalpabile, infine atmosferica senza divenire sedativa. Per capirci: immaginatevi di irrobustire i chitarroni -già piuttosto tosti- di Turning Seasons Within (parliamo dei Draconian, per chi nel frattempo si fosse distratto), di ammutolire la bella ma soporifera Lisa Johansson (“lisergica” la titolava qualche mese fa il mio stimato alter-ego Arakness), di depravare all’ennesima potenza il growl di Anders Jacobsson, di rinunciare al taglio ostentatamente barocco delle tastiere, di limitare la grancassa ad un unico pedale e di imbottire il batterista (drum-machine?) di tranquillanti. Otterrete la magica trasmutazione di cui vi parlavo.

Fatto salvo che queste ultime coordinate stilistiche valgano per entrambi i prodotti targati Doom:VS, nello specifico questo secondo Dead Word Speak stacca, ancor più definitivamente, il biglietto per l’indipendenza concettuale nei confronti dei celebri “progenitori” che in Aeternum Vale pareva non essersi ancora consumata; l’obiettivo è raggiunto astenendosi dalla frequente alternanza tra parti “serrate” (growl marcissimo, riffing monolitico, tempi marziali) e parti “aperte” (base bitonale più dinamica condita di arpeggi e single-notes, percussioni meno rigorose, cantato ammorbidito con le clean vocals) e traslando l’emozionalità del sound in una rotta ancora più evocativa di quanto non lo sia stata in passato. Il lavoro al synth è fondamentale in questo senso e prescinde da excursus inutilmente articolati e ridondanti, preferendo una stesura lineare volta ad arricchire l’intero miscuglio nei registri medio-alti. Sono effettivamente sporadici (e brevi) i momenti in cui Ericson utilizza le keyboards per creare l’aria trainante: penso all’outro pianistico di The Lachymal Sleep, all’intro ed al primo sviluppo di Leaden Winged Burden ed all’intero motivo base di Threnode (questi ultimi due sono guarda caso i brani più “mortuari” del platter). Ad ultimare nello spettro profondo la preziosissima opera di arrangiamento di cui ci stavamo occupando c’è, quale titolare dell’attività, il basso che -come vuole la tradizione delle one-man-band guidate da chitarristi- tende a seguire fedelmente le orme della 6 corde ritmica trascurando, nei propri giri, le regole specifiche dell’accompagnamento. Non posso dire che l’utilizzo “fotocopiato” dei due cordofoni sia sgradevole, tuttavia non approfondire un attrezzo tanto nobile mi sembra una scelta tutto sommato superficiale. Un piccolo rimprovero a riguardo che costringe i Doom:VS di Dead Word Speak a limare qualche punto dall’eccellenza numerica.

La mia analisi finisce dunque per attribuire questa impressione di accresciuta maestosità alle sole combinazioni armoniche, dato che di espedienti timbrici, e/o melodici in tal senso fatico a scovarne. Nell’evoluzione orizzontale sono invece le “trattenute” e le “legature” a sostenere questa sensazione che però, alla fine dei conti, non emerge tanto evidente da caratterizzare la proposta. Detto ciò va specificato, anche a titolo esplicativo, che il prodotto non è poi tanto lontano da certi esperimenti che taluni (non io e voi tutti lo sapete bene) etichettano come funeral doom: a mio parere l’accostamento all’amato genere, se non assurdo, è comunque molto forzato tanto per i Doom:VS, quanto per artisti del calibro di Shape Of Despair, Colosseum et similia, a cui i nostri possono tranquillamente essere comparati: mancano gli organi, il grount aspirato, le distorsioni “light” perché Dead Word Speak sia accostabile alla corrente Skepticism (e non li cito così, proprio a caso); non vi sono nemmeno gli ingredienti (rarefazione, ripetitività) cari alla “famiglia” Mlandrot/Van Cauter, ma nemmeno lo spirito iper-lento e depressivo di quella dei Worship. Insomma, signori, niente funeral! Ma ciò, sia ben chiaro, non è né un pregio né un difetto; è una semplice, ininfluente constatazione.

Lo scenario in cui si è catapultati durante l’ascolto di Dead Word Speak è infatti quasi esclusivamente contraddistinto dalle atmosfere addolorate ed angosciose ritratte dalla chitarra solista e dall’ottimo cantato, così come ci si aspetterebbe da un platter di vero ed integerrimo death/doom: gli spunti melodici non mancano, anche se talvolta c’è la sensazione di ripercorrere strade già sentite, come nel caso dell’assolo terminale della title-track il cui crescendo trillato ricorda centinaia di fraseggi heavy o le arie principali di Upon The Cataract e Threnode che fanno il verso agli Evoken dell’ultimo A Caress Of The Void. Questo piccolo obolo nei confronti delle muse ispiratrici non penalizza i quasi 50 minuti di Dead Word Speak ed è abbondantemente equilibrato, in termini compositivi, dalla bellezza di Half Light, The Lachymal Sleep e della stessa Threnode: passaggi arrabbiati, momenti di abbandono al dolore, uno strazio vomitato con esecrazione; tre punte orgasmiche contornate da tanto tanto benessere (malessere?).

Il growl, profondissimo ed ovviamente aiutato, è una stilettata lancinante, difficile da digerire anche ai più avvezzi: la performance è piuttosto articolata a livello tonale (rispetto ad altri ringhi decisamente più monocordi), tuttavia il pesante fardello elettronico dovuto all’onnipresente harmonizer ha l’effetto di appiattire un po’ troppo il timbro. Avrei preferito un’ugola naturale e più voluminosa, ma ciò è variabile dipendente dalle corde vocali del comunque volenteroso Ericson al quale acconsento, senza penalità, una soluzione d’emergenza. Sui poco “golosi” vocalizzi puliti non mi soffermo più di tanto, volendo sperare in un imminente, totale ripulisti: rispetto ad Aeternum Vale c’è l’aggiunta di qualche parlato/recitato che non fa altro che interrompere il ritmo e spezzare la penosa angoscia accumulata nelle parti “serrate”. Altro piccolo biasimo che abbassa il conteggio finale di una qualche inezia.

Essendomi dilungato in spiegazioni fin troppo puntuali sarò sintetico in chiusura: Dead Word Speak va assolutamente comprato. Vi assicuro 50 minuti di lentezza d’autore che farà la felicità dei più convinti sostenitori della bradipia sonora, ma pure dei novelli “tombaroli” in bilico tra il goth ed il doom. Per questi ultimi i Doom:VS potrebbero essere la stella cometa verso un futuro più estremo.
Vi dicevo poi di quel film: alla fine padre e figlio ritornavano se stessi così da affrontare, ognuno nel proprio corpo, il predestinato futuro. Ammesso e non concesso di avere veramente capito chi abbia interpretato il ruolo dell’adulto e chi quello dell’adolescente, credo davvero che tra Draconian e Doom:VS non sia più possibile alcun processo reversibile.
E credo pure non lo desideri nessuno.
Benvenuti nell’olimpo, Doom:VS!



VOTO RECENSORE
78
VOTO LETTORI
45.82 su 29 voti [ VOTA]
Govar
Martedì 24 Giugno 2014, 14.37.34
8
Lisa Johansson soporifera? Tra le cantanti della scena è probabilmente quella col timbro più bello.
nebulo
Domenica 28 Marzo 2010, 10.25.56
7
Buongiorno Giasse, bradipia sonora è eccezionale... Non c'è nulla da fare...chi ascolta doom...ha un passo in più. Putroppo le donne doomose e domate dal doom sono poche... non capiscono che quel suono...quelle atmosfere... sono tutto al contrario che negative o....men che meno...sataniche...ma libere e vivificanti...
Sasso
Giovedì 4 Marzo 2010, 18.55.35
6
Non so, lavoro suonato bene, questo sì, ma non mi da quel pathos necessario da farmelo rimettere nello stereo. 70.
Sasso
Giovedì 4 Marzo 2010, 18.55.35
5
Non so, lavoro suonato bene, questo sì, ma non mi da quel pathos necessario da farmelo rimettere nello stereo. 70.
FURIO
Venerdì 24 Ottobre 2008, 19.02.56
4
ACCIDENTI... NON CONOSCO QUESTA BAND E DOPO QUESTE TUE PAROLE MI HAI INCURIOSITO PARECCHIO! GRAZIE PER LA DRITTA MI SDEBITERO' CON QUALCHE ALTRA CHICCA.
Simone
Venerdì 24 Ottobre 2008, 18.47.12
3
E' bellissimo Max! 80.
Giasse
Mercoledì 22 Ottobre 2008, 19.00.59
2
La prossima recensione riguarderà un prodotto che picchia al cuore e non solo... non te la anticipo, ma stai sul pezzo...
taipan
Mercoledì 22 Ottobre 2008, 0.06.25
1
non male,ma non colpiscono al cuore.Mi rivolgo a lei Dott.Giasse che di doom ne mastica a iosa.Sarebbe così cortese da indicarmi una band che sa di foglie morte e avvizzite come gli Shape of Despair? Ringraziandola anticipatamente,porgo i miei saluti.
INFORMAZIONI
2008
Firedoom
Doom
Tracklist
1. Half Light
2. Dead Words Speak
3. The Lachymal Sleep
4. Upon The Cataract
5. Leaden Winged Burden
6. Threnode
Line Up
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