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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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( 5134 letture )
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Non isperate mai veder lo cielo i’vegno per menarvi a l’altra riva ne le tenebre etterne
Così il Caronte dantesco apostrofa le anime che affollano le sponde dell’Acheronte in attesa dell’ultimo viaggio prima delle eterne dimore destinate a ciascuna. Ma se la proverbiale potenza evocativa del grande fiorentino in materia di immagini riesce sempre a descrivere visivamente un luogo, un paesaggio, uno stato d’animo, allo splendido affresco dell’approdo a riva della barca e del suo traghettatore mancava un’adeguata colonna sonora in grado di descrivere la tempesta di emozioni di chi si appresta a solcare la livida palude. Al gran cimento di mettere in musica malinconia, rimpianti, sensi di colpa e paure di una specie nell’ultimo momento di “umanità” alle soglie del destino, si accinge allora una delle punte di diamante del pentagramma del Grande Nord, quel Johan Ericson noto prevalentemente per essere il maestro d’ascia dei Draconian ma che ormai da un decennio attraversa le spire nere del death/doom con un progetto da one man band col monicker Doom:vs. Dopo sei anni di silenzio, giunge finalmente il successore dello splendido Dead Words Speak, album acclamato da molti come un monumento in grado addirittura di fissare quei “paletti indelebili” che tracciano i confini della classicità del genere. Ma in questo Earthless, Ericson riesce ad andare oltre, coinvolgendo nel progetto in qualità di ospite uno dei giganti assoluti del panorama doom internazionale, cioè il vocalist dei Saturnus, Thomas A.G. Jensen. A lui sono affidate tutte le parti in growl dell’album, che rispetto al passato diventano assolutamente predominanti lasciando al clean solo lo spazio di fugaci apparizioni. Innegabilmente, circolava qualche dubbio rispetto alla scelta di ricorrere a un simile compagno di viaggio, quasi che il particolarissimo timbro vocale del danese dovesse necessariamente “saturnizzare” il risultato complessivo, ma così come Ericson in modalità Doom:vs è riuscito a rompere il cordone ombelicale che lo lega geneticamente alla casa madre Draconian, anche nell’incontro con un simile mostro sacro non viene meno l’originalità dell’ispirazione. Del resto, lo stesso Thomas A.G. , esce parzialmente “trasfigurato” dalla prova, concentrandosi principalmente sui tratti catacombali/ultraterreni del suo growl e lasciando più in secondo piano gli altri punti di forza tradizionali del marchio di fabbrica Saturnus, cioè uno scream melodico fuori dal comune (che peraltro quando affiora apre voragini devastanti, ascoltare per credere i passaggi di Oceans of Despair) e il recitato struggente quasi sussurrato. Il risultato è un album di doom purissimo che lambisce, senza mai oltrepassarli davvero, i confini del genere, dal funeral al death, puntando piuttosto su un impeccabile ed equilibrato dosaggio di spunti melodici e sprazzi drammatici che non di rado sconfinano in approdi quasi epici (qualche refolo di scuola Mourning Beloveth affiora qua e là, a impreziosire la scuola scandinava con pennellate tipicamente My Dying Bride). Già i rintocchi di pianoforte che aprono sinistramente la titletrack lasciano intuire che, pur non trattandosi di un concept tradizionalmente inteso, è vivissimamente sconsigliato interrompere il flusso di sfumature che ogni singolo brano contribuisce a delineare, dalla desolazione malinconica di A Quietly Forming Collapse alla potenza “controllata” di White Coffins. L’elemento unificante delle tracce è una chitarra che imperversa scavando solchi magistrali nell’anima di chi si fa accompagnare per i cinquanta minuti del viaggio, con movimenti “circolari” che, più che lacerare (in questo Ericson è discretamente lontano dall’altrettanto devastante uso dei riff, marchio di fabbrica di Rune Stiassny, in casa Saturnus), puntano a imprigionare l’ascoltatore in una sorta di alba lattiginosa permanente che non prevede l’arrivo di un calore vivificante. Eppure, non ingannino le premesse, la musica dei Doom:vs non è una colonna sonora della disperazione, non si prende cura delle sconfitte né tantomeno le celebra come rifugio per le anime infelici, è semplicemente la raffigurazione della condizione umana così fragilmente incastonata nel trascorrere del tempo e vittima della propria natura “finita” al cospetto degli infiniti che ci circondano. Se mai ci fosse bisogno di riportare il termine “doom” alle proprie radici, niente più di un brano come Slow Ascent è in grado di far commuovere e al tempo stesso riflettere su quello che ci attende, non tanto come individui ma soprattutto come appartenenti all’umana specie.... il “destino”, appunto....
Difficile, difficile davvero trovare aggettivi non banali per definire una simile prova, mi permetto allora di ricomprenderli tutti in un unico termine, il cui uso va sempre centellinato, “capolavoro”. Album da vivere, consumare, assorbire e respirare ad ogni ascolto, Earthless può orgogliosamente rivendicare un posto al sole tra le migliori uscite di questo 2014, creare emozioni non è compito per mestieranti.
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9
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Grande album. Ma il nome che significa??? |
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7
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quando ascolto questo bellissimo e tristissimo album, mi vengono i brividi, il suono descrive vasti e sperduti paesaggi, coperti dal ghiaccio e dalla desolazione. |
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6
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Non posso che condividere in pieno. Tra i migliori degli ultimi anni insieme ai Saturnus! |
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5
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Questo è un capolavoro del Doom, lo adoro, lo sto ascoltando a ripetizione. Questi ragazzi sono tra pochi rimasti che fanno doom metal e hanno talento: i gruppi di questo genere ormai sono pochi ad avere il talento. |
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4
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Uno degli oramai rari lavori che rendono giustizia al movimento. |
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3
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Perchè così basso il voto dei lettori ??? non comprendo.. |
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2
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Solo il voto non mi trova d’accordo con quest’ottima recensione. Per me è un 95. Va bene centellinare il termine, ma se si tratta di un capolavoro che lo sia anche nella sua “espressione numerica”  |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Earthless 2. A Quietly Forming Collapse 3. White Coffins 4. The Dead Swan of the Woods 5. Oceans of Despair 6. The Slow Ascent
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Line Up
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Johan Ericson (Voce, tutti gli strumenti)
Musicisti Ospiti:
Thomas Akim Grønbæk Jensen (Voce)
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RECENSIONI |
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