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27/04/25
THE LUMINEERS
UNIPOL FORUM, VIA GIUSEPPE DI VITTORIO 6 - ASSAGO (MI)
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( 9157 letture )
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Devoid (debut-album di questa geniale band parmense) è uno di quei pochissimi album che una volta ascoltati fa crescere in chiunque lo ascolti un profondo orgoglio riguardo al fatto di essere italiani. Quello che Mike, Enomys & co. ci offrono è un death metal di stampo classico “contaminato” in ogni sua parte da un’anima melodica costituita da un quartetto d’archi, molti cori (sia maschili che femminili) e altri strumenti che con il metal hanno poco a che fare ma che vengono amalgamati con il resto come pochissimi riescono a fare. Credo che sprecare parole per descrivere il loro tipo di musica sia inutile; nessun’altra definizione all’infuori di quella che Mike ha fornito poteva essere più azzeccata: Drammatic Death Metal. Infatti le atmosfere ricreate in questo Devoid (come del resto anche nel suo successore Forget-Me-Not), riescono a creare un pathos incredibile che impedisce letteralmente all’ascoltatore di distrarsi durante l’ascolto. Atmosfere cupe, tristi, doomeggianti qualche volta, e anche molto maestose ci accompagnano durante i 68 minuti e rotti di durata dell’album. Comunque, se credete che i Dark Lunacy per dare spazio alle melodie, mettano da parte il death metal, dovrete presto ricredervi. Ce n’è anche per i deathsters più sfegatati... Infatti le partiture melodiche non tolgono alcun spazio alle sfuriate death che il gruppo ci offre, e che vengono “incastonate” nelle melodie in un modo che definire perfetto risulta molto riduttivo. Tutto si mescola, tutto è uniforme, una continua colonna sonora; è impressionante il modo in cui death metal e musica sinfonica si mescolano. Una quantità enorme di emozioni ci viene suggerita dalla musica durante l’ascolto, il tutto grazie all’ottimo lavoro, non solo del già citato quartetto d’archi, ma anche grazie all’ottima voce di Mike Lunacy, che ci offre un growl di livelli altissimi che non scende mai di tono. Impossibile parlare male anche del resto della band; Enomys alle chitarre, Harpad al basso e Baijkal alla batteria fanno un ottimo lavoro. Niente da dire riguardo alla perfetta produzione che non fa altro che arricchire questo lavoro e che riesce appieno a farci vivere quelle atmosfere quasi “decadenti” che i Dark Lunacy vogliono farci provare e vivere attraverso questa loro opera.
Album ottimo dall’inizio alla fine e proprio per questo inscindibile, ma se proprio bisogna indicare i pezzi migliori allora viene facile riportare i nomi della opener Dolls e della eccezionale Varen’ka, che spezza in alcune parti la sua aggressività con gli archi ormai classici del gruppo, con una splendida voce femminile e con l’uso anche di una fisarmonica, strumenti non proprio inerenti al metal ma che uniti l’uno all’altro e affiancati a ritmiche metal, creano un qualcosa di unico.
Ottime Forlorn e Stalingrad, che rievocano le atmosfere fredde dell’est tipiche della Russia (sì, della Russia, avete capito bene...) con cori maschili e strumenti classici del luogo (l’inizio di Forlorn mi pare sia addirittura un canto popolare russo realmente esistente, collegato alla perfezione con l’inizio di stampo death della song e ripreso e rimodellato in seguito a metà e a fine canzone, tanto da far sembrare un comune canto popolare in una vera e propria canzone death... ascoltare per credere...). Splendida anche Fall con la sua intro a dir poco struggente, che costruisce man mano che la canzone va avanti una struttura melodica che diventa a poco a poco sempre più definita e che si fonde con il classico growl “rauco” di Mike e con il ritornello di archi che fa salire il cuore in gola. Ragazzi, questa è maestria, nient’altro da dire. Emozioni che con il metal sono molto difficili da provare, ma che riescono a lasciare tracce profonde anche a chi è restio alla melodia.
Dall’incedere più tipicamente death è Take My Cry, sfoggio vero e proprio di classe, con una prima parte abbastanza distruttiva, che concede spazio alla melodia solo nella parte centrale con la sola voce di Mike accompagnata da un pianoforte, intermezzo breve che lascia subito la scena (è proprio il caso di dirlo...) alle melodie ormai classiche del gruppo. Anche Frozen Memory fa la sua bella figura, soprattutto dalla metà in poi, quando il coro di voci femminili e maschili si alterna al growl quasi soffuso di Mike, il tutto accompagnato da dei violini che fanno “accapponare la pelle”.
L’unica nota fuori posto, se proprio dobbiamo trovarne una, è la settima song che non è altro che un intermezzo strumentale (se tale lo si può definire...) che a mio avviso centra davvero poco con il resto dell’album, ma lo skip siamo tutti capaci di farlo sul nostro lettore cd...
In pratica un debutto di quelli che è più unico che raro sentire in giro, in cui i Dark Lunacy hanno mischiato in modo molto intelligente sinfonia e aggressività con un risultato che piacerà sicuramente anche a chi non vede molto di buon occhio gli “ibridi” musicali. Teoria musicale che risulta molto congegnale ai Dark Lunacy tanto da diventare il loro marchio di fabbrica. Praticamente impossibile restare imparziali e obiettivi quando si ha a che fare con un gruppo del genere. Della serie “non tutto il meglio viene da fuori”; ottima musica made in Italy di cui andare fieri. Da avere.
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8
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bellissimo… .lo comprai a scatola chiusa e mi colpi' subito a primo ascolto,voto e recensione ok..poi sono pure italiani… fantastici |
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7
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90 per un lavoro simile? É un epigono diei vari at the Gates/dark tranquillity!! |
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6
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Si si, il concetto di fondo era questo, non mi disturba ascoltarlo, fila liscio ma decisamente distante dalla valutazione sia del recensore che dei tre che hanno votato. |
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5
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Sul voto mi trovi d'accordo, per me siamo intorno al 75, il disco comunque fila via liscio e l'ascolto è gradevole. Meglio questo dei successivi, a mio modo di vedere. |
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4
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Io non c'ho mai trovato nulla d'interessante, bravi sì, le atmosfere però sono troppo dolciastre, l'uso del violino e degli archi che ha tanto stupito in quegli anni non è un'innovazione per nulla ("The Red In The Sky Is Ours" e il nome Jesper Jarold dovrebbero ricordare qualcosa a tanti). E' vero che si lasciano ascoltare ma 90 è un voto da capolavoro e questo disco per me è lontano dall'esserlo. |
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3
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Per me resta il loro miglior lavoro, niente male. |
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2
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Domanda: ma gli archi chi li suona? che sulla lineup a destra non c'è scritto e per i live come fanno? |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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01. Dolls
02. Stalingrad
03. Forlorn
04. Frozen Memory
05. Cold Embrace
06. December
07. Devoid
08. Varen Ka
09. Time for Decay
10. Fall
11. Take My Cry
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Line Up
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Mike – voce
Enomys – chitarra
Harpad – basso
Baijkal – batteria
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