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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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Corruption - Bourbon River Bank
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( 2596 letture )
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...Polonia?...Varsavia? Non si può non rimanere stupiti nello scoprire i natali della band dopo aver ascoltato questo Bourbon River Bank, album che trasuda un ruvido southern metal degno dei migliori gringos texani. Polacchi di origine ma con la bandiera confederata nel cuore, i Corruption nascono a Varsavia nell'aprile del 1991 cominciando immediatamente a scrivere musica e ad esibirsi dal vivo. La loro lunga carriera li porta alla pubblicazione di ben cinque album in studio: Ecstasy, Bacchus Songs, Pussyworld, Orgasmusica e Virgins Milk, in una proposta stilistica che lambisce anche il doom e lo stoner.
Il 2010 è l'anno del loro ritorno in studio con Bourbon River Bank, disco che più di tutti i suoi precedessori è influenzato da tematiche e stilemi southern da saloon. Atmosfere western alla Morricone ci catapultano all'interno del platter, dove una chitarra acustica dalle tonalità bluesy la fa da padrona, è Beelzeboss, l'opener dell'album. Segue Hell Yeah!, brano dal potente e ritmato riff thrashy ricco di armonizzazioni che sembra uscito da Load dei Metallica. Le similitudini con i Four Horsemen di San Francisco non finiscono qua: la voce del frontman Rufus prenderà infatti, per l'intero corso del cd, le mosse dalla potente ugola di James Hetfield, cercando di copiarla (dura!) in maniera a tratti sfacciata, risultando quindi una pallida e fastidiosa imitazione senza alcuna personalità. Magus, Candy Lee e Devileiro rappresentano tre facce diverse dell'american sound di derivazione southern. La prima presenta un riff principale che richiama apertamente il suono slabbrato e deciso dei Down di Phil Anselmo, impreziosito poi da un assolo di armonica. Il secondo pezzo, costruito sul basso portante di Aniol, ricorda molto lo stile dei Black Label Society, mentre Devileiro, con le sue atmosfere desertiche e solenni, non può non riportare alla memoria le psichedeliche note dei Kyuss. Ispirata ai Down, forse anche un po' troppo, è Worlds Collide: sentire per credere l'ultima parte, copiata e incollata dal ritornello di Ghosts Along The Mississippi. In coda il combo polacco ci riserva le migliori cartucce del caricatore. Parlo di Addicts, Lovers And Bullshitters, un bluesy elettrico e cadenzato alla Orange Goblin (band che tra l'altro ha condiviso più volte il palco con i Corruption), e della conclusiva titletrack, suggello del disco, un blues nero con il distorto a cannone coadiuvato da un bellissimo Hammond che gli conferisce irrimediabilmente un tocco settantiano.
Il difetto più grande di Bourbon River Bank non risiede nella tecnica individuale dei musicisti, anche abbastanza buona, o nella qualità dei brani, spesso molto piacevoli. Purtroppo il platter sembra un enorme collage eseguito con somma maniera che ci rimanda a qualcosa di già sentito, dalla voce, ai riff e allo stile. In più il numero delle tracce è molto elevato: concentrarsi su qualche pezzo in meno focalizzando meglio il lavoro sarebbe stata una mossa sicuramente migliore.
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Beelzeboss 2. Hell Yeah! 3. Magus 4. Candy lee 5. Devileiro 6. Engines 7. Worlds Collide 8. Another 9. Addicts, Lovers And Bullshitters 10. One Point Losers 11. Pillow Man 12. “Morning Star” Whiskey Bar 13. Bourbon River Bank
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Line Up
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Rufus-vocals,harmonica,jaw harp Aniol-bass Opath-guitars Erol-guitars Melon-drums
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RECENSIONI |
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