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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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( 4263 letture )
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Dopo i primi due album composti quasi esclusivamente da cover e caratterizzati dall’uso di improbabili pseudonimi da parte dei membri della band, è tempo per i Fozzy del wrestler Chris Jericho di tentare il salto di qualità. Com’è noto, oltre al famoso frontman il gruppo annovera tra le sue fila membri degli Stuck Mojo, band rap/crossover metal di ottimo spessore, tra i quali spicca senz’altro Rich Ward ottimo chitarrista e autore dei brani di questo All That Remains. La notorietà di Jericho è senz’altro uno dei principali propulsori per il successo della band ma non occorre esagerare la sua influenza, sottovalutando così il valore dell’apporto di Ward. L’album ottenne un riscontro più che discreto ed in particolare il singolo Enemy garantirà buoni posizionamenti nelle charts americane e fu utilizzato per alcuni eventi della WWE.
Abbandonato lo scudo offerto dalle cover il gruppo si espone così in prima persona, proponendo una formula che cerca di far convivere quanto di buono prodotto dall’hard’n’heavy americano anni ’90 con influenze più moderne tipiche del Nu Metal. Il tutto mantenendo un approccio piuttosto classico nella strutturazione dei brani, con una ricerca costante di melodie catchy e riconoscibili. Il platter si apre con la buona Nameless rocciosa canzone di chiara ispirazione Black Label Society -evidente anche nel ritornello-, che vede la partecipazione di Myles Kennedy degli Alter Bridge; una buona partenza, nella quale spicca anche il gustoso solo di Ward. Segue proprio la citata Enemy, melodica e alternative nell’approccio, con un ritornello ancora estremamente vitaminizzato e piuttosto godibile, perfetto per essere urlato dal pubblico. Non siamo proprio nel territorio dei Limp Bizkit ma poco ci manca. Segue Wanderlust che si giova dell’apporto del grande Zakk Wylde -inconfondibile il suo stile nell’ottimo solo- per un brano dal riffing serrato che si apre ad un ritornello figlio diretto dall’umidità di Seattle. Ancora alternative alla Limp Bizkit/Hoobastank nella successiva titletrack All That Remains: semiballad malinconica, piuttosto scontata e poco più che piacevole, anche nell’intermezzo campionato che precede un pregevole solo incrociato chitarra-basso. The Test presenta il classico riffone spaccaossa ma resta ancora nel limbo del vorrei ma non posso: a mezzo tra la tentazione di fracassare tutto e quella di vendere qualche copia in più. Una via di mezzo che stavolta non graffia come dovrebbe. Più riuscito in questo senso il genuino rap metal di It’s a Lie che vede la partecipazione del rapper Bone Crusher ed ha, almeno, il pregio di giocare a carte scoperte, prendere o lasciare. Daze Of The Weak è uno dei pezzi forti dell’album e sicuramente quello in cui meglio convivono le aspirazioni moderniste della band con i riff saturi e le melodie orecchiabili: una buona canzone che alza la media del platter e merita qualche ascolto in più. The Way I Am va via senza lasciare grosse tracce, forse la canzone meno riuscita del disco. Lazarus si regge su una melodia di chitarra tipicamente heavy ed è ancora molto buona, con un Jericho più che convincente e una progressione strofa-ritornello riuscitissima. Si tratta senza dubbio di uno dei brani dal più forte appeal commerciale del disco. Chiude la quasi hardcore Born Of Anger, che potrebbe ricordare anche i Sepultura di Biotech Is Godzilla -con tanto di growl- e i Tool nelle ritmiche.
Dare un giudizio complessivo su questo disco non è facilissimo: si tratta senza dubbio di un prodotto ultraprofessionale e curatissimo nella produzione e nell’artwork. La band suona a livelli più che buoni e Jericho fa del suo meglio per risultare credibile e versatile e per lasciare una sua impronta sui brani. Quello che forse manca è un po’ di spontaneità e un livello un po’ più alto di songwriting: quel qualcosa che convinca di non trovarsi di fronte ad un puro prodotto e faccia magari scendere qualche brivido lungo la schiena. Eppure sarebbe ingiusto dare un parere negativo su questo disco, perché risulterebbe fondato sul pregiudizio che questo gruppo si porta dietro. Ancora più ingiusto sarebbe non tenere conto che in All That Remains ci sono almeno 3-4 brani di buon livello e che anche gli episodi meno convincenti presentano idee e ottime realizzazioni. L’ascolto è senz’altro consigliato: senza aspettarsi un disco indimenticabile ma anche senza sottovalutare eccessivamente una band che comunque ha rilasciato un album interessante e che si fa ascoltare con piacere. Un salto di qualità che può definirsi quindi riuscito, dal buon appeal commerciale, che trova in alcuni episodi la giusta via e regalerà ai Fozzy un buon successo e la giusta soddisfazione.
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5
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ora che so che sono in parte gli stuck mojo gli do una ascoltata piu approfondita ...... |
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Non saranno originalissimi come proposta musica questi Fozzy, ma il suddetto album a mio avviso merita! Diversi pezzi la fanno da padrone...il disco viaggia su livelli buoni con qualche punta di spicco, non siamo sull'eccellenza ma non si tratta neanche di una bocciatura. Voto: 75 |
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3
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@Daniele@ mi spieghi perche' devo dare sempre 100 agli album che ascolto o degli altri gruppi?!?!?!?!?!?!?!?!?!?!? Ma se alcuni album non mi piacciono , non sei mica tu che mi devi dire Lisa questo album dai 100!?!?!?!?!?!? |
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2
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@Lisa: ai capolavori bisogna dare 100 !!! Non essere di manica stretta!! |
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Mi sembra che questo disco All That Remains l'ho ascoltato una sola volta, ma non mi ricordo bene.. E' un ottimo album e gli do: 90 anche se non so quale' il migliore davvero... |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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01 Nameless (feat. Myles Kennedy) 02 Enemy 03 Wanderlust (feat. Zakk Wylde) 04 All That Remains 05 The Test 06 It's a Lie (feat. Bone Crusher) 07 Daze of the Week 08 The Way I Am (feat. Mark Tremonti) 09 Lazarus 10 Born of Anger (feat. Marty Friedman)
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Line Up
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Chris Jericho (Voce Solista) Rich Ward (Chitarra solista, cori) Mike Martin (Chitarra) Sean Delson (Basso) Frank Fontsere (Batteria)
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RECENSIONI |
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