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Antropophobia - Scream In Emptiness
( 2657 letture )
Il suo sistema consisteva principalmente nello scansar tutti i contrasti, e nel cedere, in quelli che non poteva scansare. Neutralità disarmata in tutte le guerre che scoppiavano attorno a lui [...omissis...]. Se si trovava assolutamente costretto a prender parte tra due contendenti, stava sempre col più forte, sempre però alla retroguardia, e procurando di far vedere all’altro ch’egli non gli era volontariamente nemico.
(A. Manzoni, I Promessi Sposi)


In fondo lo sapevo, lo sospettavo, l’avevo percepito, ma io non sono un Don Abbondio qualunque e non so stare alla larga dai “guai”. Scream In Emptiness, primo lavoro dei russi Antropophobia, mi ha, infatti, incuriosito per la copertina, foriera di tematiche e melodie notturne, per la sua aurea malata e fobica e per il suo evidente richiamo ad una cultura “cosmica”. Le aspettative “estetiche” indotte dall’artwork cupo e dal terrificante moniker, dispiegato in un logo per una volta comprensibile, non vengono formalmente tradite dalla musica, dato che la one-man-band di Dmitri Konovalov si assesta su un black/doom atmosferico riconducibile alle interpretazioni degli ucraini Raventale e Drudkh.
È il risultato a far storcere il naso!

Le similitudini con il proprio “albero genealogico” sono tante, ma tali da svilire l’apporto alla scena dell’odierno esaminando, decisamente poco originale ed ispirato. In principio vi è il movimento lento e corrotto del riffing black style che si staglia sulle ritmiche rilassate imposte dall’elettro-drumming; la distorsione, piuttosto compressa, esibisce però volumi flebili, situazione che lascia l’accompagno a sei corde un po’ fuori dai giochi rispetto ai corposi compiti di traino sulle corde singole. Anche l’utilizzo invasivo della tastiera (ed altrettanto la sua restituzione) è un ulteriore punto in comune, ad esempio, con il solo-project di Astaroth: tutte le melodie sono infatti accerchiate dal pesante (e a volte soffocante) sostegno delle keys che, rispetto alla stragrande maggioranza dei gruppi di questo rigoglioso sottogenere (quasi tutte provenienti dall’Europa orientale), vengono suonate con uno stile leggermente più dinamico e cadenzato, quasi a voler esibire una certa vicinanza con la musica di stampo elettro-gothic. È il caso, ad esempio, della title-track e di Suicide Of Genius, ma non di Beauty Of Chaos e In The Night in cui le linee prodotte dai “martelletti virtuali” rimangono molto dilatate e adagiate al bradipico riffing, trasformandosi in logorroici appesantimenti. Per l’occasione, ma non esclusivamente in questa fase, le keys raddoppiano il proprio apporto (con l’ingresso della timbrica pianistica) rimanendo comunque di contorno armonico all’ascia solista, strumento - effettatissimo e ridondante - che si incarica di fornire la stragrande maggioranza degli intagli principali e su cui, nel corso della tracklist, si intende far calare l’attenzione anche attraverso una produzione relativamente calda (ed inadeguata). Questa è una prima, considerevole novità proposta dagli Antropophobia nella lettura della materia che vede le vocals, il riffing ed il drumming (doverosa domanda: ma il basso c’è?) soccombere sotto gli schiaffi dispensati dal guitarism. Non siamo di certo di fronte ad un album shred o classic metal, in cui l’ascoltatore è sommerso dalle partiture in solista, tuttavia va notato che, per gli stilemi tradizionali del genere, gli interventi della prima ascia sono davvero sovrabbondanti in numero ed importanza (anche se il piglio lascia spesso a desiderare). L’idea alla base di questo nauseante songwriting è quella di far girare sul primo cordofono i compiti del cantato che, nel caso, è davvero di bassissima caratura (Konovalov fatica a mantenere lo screaming su livelli accettabili perfino avvalendosi dell’harmonizer - meglio nei “parlati”). L’espediente lima effettivamente le difficoltà di Dmitri al microfono - gli mancano fiato, intonazione e pure cattiveria -, senza però poterle celare del tutto a causa di scritture banali e prevedibili che concorrono, pure loro, a mantenere “magra” la valutazione di questo noioso Scream In Emptiness.
Più sottili le differenze con i propri concorrenti (soprattutto riferendosi ai Raventale del primo Mortal Aspiration, dato che sia il successivo After, sia l’ultimo Handful Of Stars dei Drudkh hanno poi imboccato una strada simile). In Scream In Emptiness va registrato un utilizzo poco spinto della drum machine, in particolare nella componente grancassa: la scelta permette di avvicinare lo stile della formazione al melodic doom/gothic più trasognante, scaricando l’effetto “black/industrial” che è possibile ottenere attraverso le percussioni elettroniche. Mantenersi su ritmi più serrati avrebbe probabilmente aumentato l’attitudine “apocalittica” del progetto, conferendo un maggiore significato alle lyrics, giocate su temi depressive-addicted. L’abbandono, il senso di vuoto, la simbologia cosmica, sembrano tutte tematiche un po’ fuori luogo ascoltando la musica inclusa in Scream In Emptiness che, già dopo pochi passaggi, intristisce più per la pochezza di contenuto che per l’attitudine creativa del proprio mastermind.

È dunque conclamato, quale fine della musica degli Antropophobia, l’aspetto orecchiabilità: il prodotto, a dispetto di quanto si possa credere basandosi sulla confezione e sulla provenienza, è davvero molto facile e “canterino”. Bastano pochissimi ascolti per entrarci in sintonia, così come - con la medesima velocità - si è indotti a riporlo nel dimenticatoio. La produzione lo-fi (scelta di una banalità sconvolgente) ed i quaranta minuti abbondanti, danno la mazzata finale.
Qualche brano sufficiente (Antropophobia (Thoughts Of An Angel), Suicide Of Genius e In The Night) non basta a sgretolare la piattezza e l’ovvietà di un prodotto che bussa alla porta del mercato in modo superfluo e ridondante. Il giudizio, purtroppo, non ammette mezze misure: la BadMoonMan (affiliata della valida Solitude Productions) questa volta ha proprio toppato!
Inutile essere diplomatici: non sono, come converrebbe in alcune situazioni, animale senza artigli.
E allora?

Orbene, [...omissis...] questo matrimonio non s’ha da fare, né domani, né mai.
(A. Manzoni, I Promessi Sposi)


Il portafoglio ringrazia!



VOTO RECENSORE
50
VOTO LETTORI
17.89 su 19 voti [ VOTA]
Spirit of the forest
Venerdì 1 Dicembre 2023, 9.06.24
2
Si può vivere o fare musica da soli,e farlo bene ugualmente. Farlo con 1 o 9 strumenti è irrilevante.Molti solisti stracciano la concorrenza.Anzi la asfaltano.
BILLOROCK fci.
Martedì 16 Agosto 2011, 13.13.51
1
beh ma dai....!! già gli white stripes li ho sempre odiati, come si fà a fare una band con 2 strumenti ?? eh questo addirittura solista ??? ma se vuoi suonare in solitaria vai in un villaggio turistico e suoni per i villeggianti.... tse tse
INFORMAZIONI
2011
BadMoonMan Records
Black/Doom
Tracklist
1. Antropophobia (Thoughts Of An Angel)
2. Lucifer's Scream
3. Suicide Of Genius
4. When The Dark Angel Cried
5. Beauty Of Chaos
6. Scream In Emptiness
7. In The Night
8. Light Kills
9. It's All Over
Line Up
Dmitri Konovalov – All intruments & vocals
 
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