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27/04/25
THE LUMINEERS
UNIPOL FORUM, VIA GIUSEPPE DI VITTORIO 6 - ASSAGO (MI)
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Molly Hatchet - Greatest Hits II - The South Has Risen Again
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( 2834 letture )
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Correva l’anno 1985, quando i Southern-Gods Molly Hatchet, recentemente tornati alla loro formazione originale, rilasciavano il loro primo Greatest Hits. Un disco che furbescamente andava a pescare quasi esclusivamente dai primi lavori, artisticamente e commercialmente i più fortunati e significativi. La band, formatasi nel 1975 a Jacksonville, Florida, stessa città di provenienza dei padri putativi Lynyrd Skynyrd, aveva debuttato nel 1978 con il potente ed omonimo primo album, seguito a ruota dall’altrettanto valido ed acclamato Flirtin’ with Disaster. Ai Lynyrd Skynyrd la band di Dave Hlubeck non deve solo l’idea delle tre chitarre soliste, ma anche -e palesemente- una forte ispirazione in fase compositiva e, forse, pure il successo. Sarà lo stesso chitarrista/leader, infatti, a sostenere che il clamore suscitato dalla drammatica scomparsa della band di Ronnie Van Zant, appena tornata ai grandi fasti, aveva spianato loro la strada, data la vera e propria fame di southern music che si era scatenata dopo quel tragico evento. Con l’avvento degli eighties, le prime divisioni e il progressivo allontanamento dal southern primigenio, uniti al calo di interesse verso lo stesso genere, avevano eroso l’attenzione attorno alla band; anche il ritorno dell’originale cantante Danny Joe Brown e l’arrivo del chitarrista Bobby Ingram e del tastierista John Galvin (provenienti dalla sua band solista), non avevano cambiato le carte in tavola e, nel 1990, la band si era ufficialmente sciolta, per riformarsi dopo pochi mesi proprio attorno alle figure di Brown, Ingram e Galvin. Fu così che la ricostituita band ricominciò a girare gli States, cercando di ricreare il consenso attorno al proprio nome (ispirato da una prostituta del selvaggio West, che usava sfigurare i propri clienti), in attesa di tornare con un nuovo album. Nel 1996 Brown fu costretto a ritirarsi a causa di seri problemi di diabete (morirà a causa della stessa malattia il 10 marzo 2005), lasciando il posto al nuovo arrivato Phil McCormack, che da allora diventa il partner compositivo di Bobby Ingram, unico titolare del nome Molly Hatchet. Nel 2005 anche l’originale chitarrista Dave Hlubek rientrerà nella band affiancando Ingram, il quale resterà però, a tutti gli effetti, il principale compositore e band leader. Dal 1996 ad oggi i Molly Hatchet hanno pubblicato cinque album in studio (l’ultimo, Justice, è del 2010) e ben cinque album dal vivo (l’ultimo Flirtin’ with Disaster Live è del 2007), continuando il loro percorso nel nome del southern rock ed offrendo incendiarie esibizioni live. E’ tempo quindi di omaggiare un altro pezzo della loro storia con il secondo Greatest Hits, il qui presente The South Has Risen Again, che rinuncia alla classica copertina fantasy barbarica, trademark del gruppo, per una ben più retorica immagine southern-patriottica.
Come detto in apertura, l’influenza dei Lynyrd Skynyrd nel sound dei Molly Hatchet è palese e basterebbe ascoltare l’incipit di Fall of the Peacemakers, loro brano bandiera e palese rivisitazione della classica Free Bird (canzone peraltro da sempre interpretata dalla band in sede live), per mettere da parte ogni dubbio. D’altra parte, rispetto agli originali, i Molly Hatchet hanno sempre giocato “duro”, imbastardendo il classico southern rock con abbondanti dosi di bollente hard rock, divenendo assieme a Blackfoot e Doc Holliday, la punta “estrema” del genere. Un’attitudine mantenuta ed anzi ulteriormente rafforzata oggi: strada peraltro percorsa dagli stessi Skynyrd post reunion, tanto che, per assurdo, il sound dei due gruppi si assomiglia oggi forse più di quanto si assomigliasse oltre trent’anni fa. In compenso, i Molly Hatchet hanno rinunciato da tempo alla terza chitarra, divenendo di fatto una hard rock band a tutti gli effetti, con una forte ed innegabile influenza southern, ma hard rock. Di fatto, il più grande legame col passato, oltre all’immaginario -retorico- delle liriche ed alle entusiasmanti ed orgasmiche fughe chitarristiche, resta la potente e blueseggiante voce di Phil McCormack, interprete classicamente ancorato alla tradizione southern e degnissimo erede di Danny Joe Brown. Musicalmente, questo Greatest Hits II è un susseguirsi di solidissimi ed ottimi brani southern hard rock, sicuramente esemplificativi dello stile della band e spesso in grado di reggere il confronto con quanto prodotto dalla formazione originale nei suoi anni d’oro. Certo, il tempo passa per tutti, e competenza e sincerità non possono supplire alla mancanza di sorpresa o di originalità e in alcuni casi si rischia di sfiorare l’autocitazione, oppure l’ennesima “ispirazione” dal bagaglio di riff della band di Van Zant (ditemi, ad esempio, se l’incipit di Cornbread Mafia non vi ricorda Gimme Back My Bullets). In ogni caso, il CD corre via che è un vero piacere, con canzoni che lasciano il segno per potenza e dinamismo, con le due chitarre di Ingram e Hlubeck ancora capaci di regalare momenti di autentico delirio. Trattandosi di una raccolta, segnalare questo o quel brano ha davvero poco senso: qua c’è il meglio che la band ha prodotto in questi quindici anni e tanto basta. Quattordici canzoni per settantacinque minuti di sincero godimento. Il secondo disco -furbescamente invece- ci presenta la band nella dimensione ideale del palcoscenico e regala sette classiconi del repertorio più datato (più l’iperadrenalinica e classica versione di Dreams, dal repertorio della Allman Brothers Band, tanto per non farsi mancare nessuno), interpretati con un piglio ed un’energia degni dei più blasonati live album dei seventies. Poco da dire, anche se è forse criticabile la scelta, anche in questo caso, di riproporre materiale già edito nel Live in Hamburg del 2006. In chiusura troviamo infine un brano inedito, Sacred Ground, possente cavalcata epica, ideale punto di incontro tra -non ridete- i Manowar e la leggendaria Ghost Riders in the Sky, resa immortale in ambito southern dai grandi Outlaws del compianto Hughie Thomasson.
Si sa che le raccolte valgono qualcosa solo per chi vuole avvicinarsi ad una band di cui conosce poco o niente (non mi vergogno di ammettere che devo proprio al primo Greatest Hits comprato in offerta tanti anni fa, il mio ingresso nel mondo dei Molly Hatchet), mentre per gli altri possono valere al massimo come ripiego per avere qualcosa in macchina da ascoltare al volo durante i viaggi. Greatest Hits II non aggiunge niente alla gloriosa storia dei Molly Hatchet, ma è la giusta conferma che la band prosegue più che degnamente il proprio percorso, forse superando la stessa attuale incarnazione dei padri Lynyrd Skynyrd e che la produzione post-1996 rivaleggia con i dischi storici della band. L’acquisto è davvero consigliatissimo se non si conosce questa leggenda vivente del southern e se non si crede che le impressionanti fughe chitarristiche e la veemenza di questi vecchietti diano veramente del filo da torcere a tutti. A volte ci ritroviamo a rincorrere l’ultima novità sperando di riprovare antichi brividi e dimentichiamo che band come questa, con il loro classico approccio, sono tutt’ora capaci di regalarcene di nuovi. Questo Greatest Hits II ne è un’ottima dimostrazione.
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3
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A volte il voto lettori non va neanche, non solo guardato ma neanche preso per buono. Band di southern rock, probabilmente tra le più vicine alle metalheads insieme ai blackfoot e ai 38 special. In studio validissimi, ma soprattutto live sono \'quasi\' heavy metal. Double trouble live 🤟🎸 |
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2
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Mi sono sempre piaciuti clamorosamente e devo ammettere che questo Greatest Hits è valido. |
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1
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Incredibile che non sia stata commentata la recensione di una band come questa! |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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CD 1 1. Son of the South 2. Heart of the U.S.A. 3. Tatanka 4. Fall of the Peacemakers 5. American Pride 6. Devil’s Canyon 7. World of Trouble 8. Down from the Mountain 9. I’m Gonna Live ‘til I Die 10. Safe in My Skin 11. Rainbow Bridge 12. Cornbread Mafia 13. Mississipi Moon Dog 14. The Journey
CD 2 1. Bounty Hunter (live) 2. Gator Country (live) 3. Edge of Sundown (live) 4. Whiskey Man (live) 5. Beatin’ the Odds (live) 6. Dreams I’ll Never See (live) 7. The Creeper (live) 8. Flirtin’ with Disaster (live) 9. Sacred Ground
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Line Up
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Phil McCormack (Voce) Bobby Ingram (Chitarra) Dave Hlubek (Chitarra) John Galvin (Tastiera) Timmy Lindsey (Basso) Shawn Beamer (Batteria)
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RECENSIONI |
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