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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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Imperial Vengeance - Black Heart Of Empire
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( 3006 letture )
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C'è poco da fare: gli inglesi hanno sempre avuto un innato concetto di eleganza in grado di far impallidire perfino i vicini d'oltremanica distinguendoli per buongusto e raffinatezza. Poteva forse la musica esimersi da tale principio? Certo che no! E quest'oggi ce lo provano gli Imperial Vengeance, bizzarra creatura nata dalla mente di Mr. Charles Edward-Alexander. Forse più noto come Charles Hedger e - soprattutto - per aver militato nei connazionali Cradle Of Filth, il mastermind/chitarrista è affiancato da Mr. David Bryan, responsabile della parte lirica oltre che del basso. Il singolare duo si caratterizza innanzitutto per l'impatto estetico che rispecchia esattamente quanto rappresentato attraverso la musica, ovvero tematiche appartenenti al periodo dell'imperialismo britannico (a cavallo tra '800 e primo '900) tanto da attribuirsi, ironizzando sulle etichette utilizzate troppo spesso senza criterio, il genere “dark aristocratic metal”. Pur essendo il combo di recente formazione, la discografia si presenta ricca di uscite (sia full lenght, sia Eps), tra cui si segnala Night Boat To Cairo, cover dei Madness piuttosto inusuale ma che si adatta benissimo allo stile della band. Se all’esordio (At The Going Down Of The Sun) la coppia inglese pone l’attenzione ad un contesto d'inizio novecento, soffermandosi in particolare sull'aspetto marziale (con tanto di vere uniformi militari indossate dal duo) e sul primo conflitto mondiale, ora si decide invece di fare un passo indietro, rievocando con Black Heart Of Empire l'Inghilterra vittoriana ed i chiaroscuri dell'epoca. L'intero album non può essere considerato un vero e proprio concept, piuttosto una raccolta di memorie e fotografie appartenenti ad un lasso temporale ben tratteggiato dalle coordinate stilistiche degli Imperial Vengeance. Le pennellate che i due gentlemen stendono sono impregnate di black sinfonico ma arricchite da una grande varietà di particolari, spaziando dall'utilizzo di intermezzi strumentali che sembrano appartenere ad una colonna sonora, a stacchi dal sapore retrò, passando per sfumature d'avanguardia. Va detto innanzitutto che, a differenza di molte altre produzioni del settore, Black Heart Of Empire non si regge solamente sull'apporto orchestrale, ma contiene una fondamentale presenza della componente metal, lavorata in modo estremamente fine per sposarla alle atmosfere ricercate nelle diverse composizioni.
Descrivere ogni scena raccolta all'interno di un lavoro ambizioso come quello che si presenta alle orecchie (ed agli occhi) necessita di un approccio che permetta di isolare i singoli episodi per giungere ad una contestualizzazione più precisa di quanto racchiuso in questo ritorno dell'Impero. Lasciandosi trasportare dalla cinematografica Scenes Of Inked Treachery ci si ritrova tra le strade di un'Inghilterra ingrigita dai fumi: uno spettro proveniente direttamente dalla narrativa targata Dickens fa la propria apparizione come la voce di Londra, sotto le mentite spoglie di Dave Courtney si cela la prima delle dramatis personae invitate a partecipare allo spettacolo in dieci atti. Dopo una veloce panoramica tra i tetti ed i comignoli fuligginosi, sale il sipario lasciando intravedere la rappresentazione che porta il nome dell'album: l'oscurità ed il mistero avvolgono ogni cosa mentre i due abili prestigiatori si destreggiano tra le partiture. La prima impressione è quella di assistere ad una scena in bianco e nero, con tanto di stacchetto di pianoforte scordato ad hoc, che passa con naturalezza dalla veemenza all'atmosfera goliardica del ritornello. Un finale a sorpresa recupera la visione cruda dell'introduzione, richiamando con sé i fantasmi di una città in cui il divario tra i ricchi ed il popolo è all'apice storico. Primo cambio di costume per i padroni del teatro, che spingono lo scenario al confine dell'oriente, ispirandosi al celebre culto ideato da Aleister Crowley dopo la sua esperienza in Egitto. Con The Voice Of Thelema l'aria si riempie di mistero e magia, ricordando scenari tra le dune di sabbia al tramonto in compagnia e gli appuntamenti della Golden Dawn segreti nelle tane dell'oppio. Il brano si sviluppa in un crescendo che trova nel finale il proprio apice, tra le note struggenti del tema sinfonico ripreso poi dalla chitarra. Nuovo spostamento: da un angolo più buio del palcoscenico una nuova storia prende vita. In quest'occasione si respira l'atmosfera polverosa dei teatri ottocenteschi, in cui tra tinte gotiche e melodie sinistre si rappresenta The Ghost Light con i suoi eccentrici richiami tra i diversi strumenti. Giunge il turno del meta-teatro con Veiled Threats Over Cocktails, liberamente ispirata ai salotti ottocenteschi in cui i partecipanti recitavano la propria parte celati dagli ombrellini delle bevande che sorseggiavano. Per l'occasione le musiche sono adornate dagli acuti vocalizzi di Lori Lewis (soprano nei Therion), senza abbandonare l'impronta cabarettistica ma combinandola con una musicalità più violenta che culmina in un assolo di chitarra dal tono epico. Si ritrova la partecipazione della celestiale voce di Lori Lewis anche nella seguente The Devil In The Detail in cui compare anche Aleister Crowley, richiamato attraverso una seduta spiritica, nel ruolo di John Dee sconvolto da un'esperienza mistica. La voce degli angeli, la lingua di Enoch e le musiche inquietanti rendono degnamente l'intensità spirituale del rituale. Cala temporaneamente il sipario per lasciare al pubblico il tempo di riprendere il fiato con un breve intermezzo di pianoforte e ricomincia il viaggio nel tempo, per svegliarsi in una fotografia ingiallita dal titolo Upon The Stair. La partecipazione speciale di Bjornar Erevik Nilsen (Vulture Industries) nel ruolo del maligno è azzeccata per la drammatica e insana performance del vocalist che si accoppia perfettamente con la musica, fattasi maggiormente sperimentale e folle. Lo sviluppo in crescendo recupera la componente folkloristica che stempera temporaneamente l'alone nebbioso intorno alla storia narrata. Con il tempo a propria disposizione ormai agli sgoccioli i due gentiluomini non sembrano perdere l'estro dando alla luce Of Insect And Allegory, brano ispirato al racconto “La Metamorfosi” di Kafka. Ancora una volta è sorprendente la facilità con cui si passa dalla prepotenza di matrice black ad interludi semi goliardici, per poi approdare a lidi elettronici nel finale. La suite di chiusura The Black Idol chiude magnificamente un lavoro la cui ambizione è pari solamente al livello qualitativo della proposta: inserti sinfonici oscuri tratteggiano la linea dell'idolo, scivolando in riff meno cupi ma maestosi. Pur protraendosi per quasi dieci minuti il brano risulta scorrevole, grazie agli intervalli meno carichi e più soffusi che spezzano abilmente il ritmo. Inoltre lo stesso Mr. Charles Edward-Alexander fa sapere che la chiusura costituirà l'introduzione del nuovo disco.
Appare oramai superfluo fare considerazioni sulla preparazione tecnica del duo, che riesce a piegare gli strumenti e le partiture sotto la propria abile mano fino a creare uno spettacolo insolito e stupefacente per la cura e la stravaganza abbinate alla ricercatezza degli arrangiamenti. Volendo essere a tutti i costi pignoli l'unico punto che potrebbe non incontrare i gusti di tutti è costituito da uno dei registri vocali di Mr. Charles: un pulito sporcato, una vocalità gonfia ed altera il cui uso non è sempre condivisibile. Ma in fin dei conti stiamo parlando di un granello di sabbia in un oceano concepito e realizzato in modo originale e completo che riesce a trasportare l'ascoltatore negli anni dell'Impero e delle sue contraddizioni. Un'ultima nota: esiste un'edizione del disco accompagnata da un libricino di una cinquantina di pagine in stile Penny Dreadful che contiene lyrics, foto e altre curiosità riguardo Black Heart Of Empire. Un'ulteriore iniziativa che mette in luce quanto gli Imperial Vengeance facciano sul serio e tengano molto all'immagine che hanno costruito. Cos'altro aggiungere se non dire che ci troviamo di fronte ad un'uscita assolutamente da non perdere per tutti i fan del black sperimentale e gli amanti del sinfonico: un disco in grado di sorprendere per la freschezza delle idee e le ricercate composizioni. L'Impero colpisce ancora!
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4
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Sicuramente una delle bands più promettenti in giro oggi. Speriamo che il successo giustamente ottenuto all'estero possa essere conseguito anche nel nostro paese. Questi qua menano e menano veramente di classe! |
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3
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Questo album è davvero bello...una vera sorpresa!Ascoltatelo..anche se in alcuni frangenti è più Death che Black! Negli arrangiamenti riporta alla mente le strutture sui cui i Dissection scrissero il loro capolavoro "Storm of the light's bane"...Ovvero parti tiratetissime e improvvisi arpeggi acustici, ovviamente in chiave inglese (N.B. solo per come sono strutturate le canzoni intendo!). Una bella sorpresa |
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2
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non li conoscevo, mi stanno simpatici a vederli...cmq per quanto mi riguarda quest'anno non ho beccato molte uscite interessanti come lo scorso anno...poi è chiaro ognuno ascolta quello che riesce ad ascoltare, ma l'anno passato ho trovato una qualità davvero elevata... |
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1
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Ahah Maledetti mi costringete ad ascoltare tutti questi album molto promettenti. Di certo è un buon anno per il Black. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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01. Scenes Of Inked Treachery 02. Black Heart Of Empire 03. The Voice Of Thelema 04. The Ghost Light 05. Veiled Threats Over Cocktails 06. The Devil In The Detail 07. Out Went The Candle, Anc We Were Left Darkling 08. Upon The Stair 09. Of Insect And Allegory 10. The Black Idol
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Line Up
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Mr. Charles Edward-Alexander - Vocals, Guitar, Programming Mr. David Bryan - Bass, Lyrics
Also featured on the album: James Last - Drums Dave Courtney - The Voice Of Old London Bjornar Erevik Nilsen - The Voice Of The Fiend Lori Lewis - The Voice Of The Angel & A Woman Of Good Breeding Aleister Crowley - The Voice of John Doe
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