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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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Autumn`s Rain - Autumn’s Rain
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( 3261 letture )
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Non c’è dubbio che ci sia del buono nella proposta musicale degli Autumn’s Rain: innanzitutto, una ferrea volontà di non farsi rinchiudere dagli schemi e da etichette scomode e limitanti. In secondo luogo, la scelta di gestire ecletticamente le proprie diverse influenze, tentando di amalgamarle tra loro al fine di proporre una mistura ricca ed originale, senza rincorrere l’effetto sorpresa a tutti i costi, ma senza rinunciare a sfidare l’inerzia dell’ascoltatore. In terzo luogo, quando la proposta funziona, si percepisce lo sforzo ma anche il divertimento che il gruppo mette in ciò che fa. In ultima istanza, l’uso intelligente delle proprie capacità strumentali che, in alcuni casi, emerge in maniera chiara prospettando delle potenzialità interessanti. Purtroppo, le note positive finiscono qua. Formatisi a Venezia nel 2003, gli Autumn’s Rain hanno accumulato negli anni una certa esperienza live, arrivando oggi al debutto discografico con questo album autointitolato. La proposta della band è difficilmente inquadrabile, ma sono indubbie le basi hard rock, come le influenze alternative, grunge e perfino punk (in particolare Manic Street Preachers), ma non stupitevi di scoprire anche passaggi funk e reggae, né di sentirvi un poco disorientati al primo ascolto. In effetti, non è facilissimo capire fino a che punto l’eclettismo riesca ad essere funzionale all’album e quando diventi invece il segnale di larvata confusione identitaria. Il problema, in realtà, non risiede però neanche in questo, non ancora almeno. Ci sono problemi molto più evidenti e ben più immediati da affrontare, cominciando dal cantato di Luca Volpato, che appare in più di una occasione calante e poco incisivo, per passare poi al livello di alcune composizioni, forse più indicate per un demo di belle speranze che per un album distribuito da un’etichetta discografica, per chiudere infine con la sensazione di aver ascoltato un qualcosa di ancora troppo immaturo e fuori controllo. Non serve a molto girare intorno alla questione: le qualità ci sono ma il livello di alcune composizioni e la prestazione individuale, in molti casi, sono ben al di sotto di un tenore accettabile per una release ufficiale.
Una sensazione già percepibile dalla pur piacevole ed introduttiva Tannannanna, che alla fine risulterà uno dei pezzi migliori dell’album, seppur viziata da arrangiamenti che appaiono ancora decisamente troppo grezzi ed assolutamente non fluidi. Altrettanto vale per la seguente Feelings, pur dotata di risvolti melodici molto interessanti e di passaggi strumentali validi che rimandano tanto all’alternative quanto ai citati Manic Street Preachers, in particolare nel cantato, davvero molto similare a quanto fatto dal buon James Dead Bradfield. Last Pain mostra invece le prime crepe, pur conservandosi su un livello di piacevolezza ancora accettabile: qua sono il cantato e la produzione a risultare un po’ fuori controllo, con un mixaggio da rivedere. E’ con Re- che il livello cade vertiginosamente sotto ogni punto di vista: la registrazione è confusionaria ed impastata, la voce appare stonata e calante e la canzone di per sé suona involuta e mal sviluppata. Fortunatamente, il singolo Too Loud, col suo possente incedere hard rock ed una buona prestazione di tutto il gruppo, rialza decisamente le quotazioni, sebbene qua i riferimenti, specialmente nella melodia della voce, si facciano molto sentire, anche senza citare il voluto omaggio contenuto in uno degli stacchi strumentali. Resta comunque il brano migliore dell’album, assieme a Feelings, ben realizzato e strutturato, potrebbe piacere ai fan dei Wolfmother quanto a quelli dei Jet. Proprio quando si comincia a pensare che Re- sia stato solo un episodio poco felice, ecco che il disco si apre al crollo definitivo: Piove, Nuova Funky ed Another Year sono decisamente deficitarie, praticamente sotto ogni punto di vista e non basta qualche riferimento a gruppi quali Verdena e Marlene Kuntz (entrambi peraltro ben lontani) per salvare brani compositivamente confusionari e brutti, amatoriali sia nella concezione che nella realizzazione. Si salva, come d’altronde lungo tutto il disco, il lavoro della sezione ritmica che, seppur con diversi passaggi a vuoto, mostra comunque un livello accettabile ed un costante e positivo contributo alla tessitura dei brani. Decisamente meglio Real Love divisa in due sezioni, che si riallaccia ai primi brani in scaletta, tornando su livelli di piacevolezza almeno sufficienti con le sue derivazioni grunge e psichedeliche. Chiude la versione in italiano di Too Loud che niente aggiunge a quanto già detto.
Siamo insomma di fronte ad un debutto fatto di qualche luce e molte ombre. Mentre in alcuni casi non si può negare che il livello delle composizioni sia perlomeno interessante, con soluzioni che rimandano all’hard rock ed all’alternative in senso ampio, coniugando un uso discreto ma intelligente della melodia con la giusta irruenza, in altri casi non si può tacere che la strada da fare appaia davvero tanta. Non c’è altro da dire, purtroppo. Nel complesso Autumn’s Rain è ben lontano dalla sufficienza, al di là del valore strumentale di alcune tracce ed anche al di là della presenza di alcuni buoni spunti, capaci di mettere in luce le potenzialità della band. Di fatto, almeno metà tracklist si rivela non all’altezza di un debutto discografico. I pregi su elencati fanno pensare che ci sia ancora qualcosa da dire in casa Autumn’s Rain e che la grinta che il gruppo dimostra di avere, permetterà loro senz’altro di farsi valere in seguito. Al momento resta un pugno di canzoni promettenti e niente di più.
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Avete provato ad ascoltare il secondo album? Per me è su un altro livello. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Tannannanna 2. Feelings 3. Last Pain 4. Re- 5. Too Loud (Eng Version) 6. Piove 7. Nuova Funky 8. Another Year 9. Real Love 10. Real Love (Coda) 11. Too Loud (Ita Version)
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Line Up
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Luca Volpato (Chitarre, Voce) Daniele De Matteo (Basso, Cori) Andrea Volpato (Batteria, Cori)
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RECENSIONI |
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