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Naglfar - Téras
( 3999 letture )
Sono la miseria e le preoccupazioni a generare dolore, alla sicurezza invece appartengono solamente abbondanza e noia.

Non si ha spesso l'occasione di rifletterci su, ma quanto spesso una forte tensione interiore determinata da titanici impulsi ci consente di esprimere grandiosamente ciò che proviamo, facendo dell'arte il canale per esprimere il proprio stato emotivo? E non è forse vero che il dolore rappresenta non l'unico, ma certamente uno dei più intensi sentimenti fonte di ispirazione, frutto malato che riflette l'instabilità e l'incertezza tipiche di tale condizione?
Al contrario si vede come monotonia e stabilità, sinonimi in molti casi di certezza, finiscano per appiattire la vena creativa e penalizzare l'estro a vantaggio di una sicurezza che in campo artistico rischia di produrre una lunga serie di brutte copie piuttosto che un sofferto capolavoro.

Si potrebbe dire che questo stia diventando il caso degli svedesi Naglfar, che fanno ritorno sul vascello infernale dopo un lustro di assenza come trio capitanato dal comandante Kristoffer Olivius.
Il nuovo platter si apre con l'invocazione di Tellus, dea romana della terra e protettrice delle messi e dei morti, il cui culto sembra rimandare direttamente alla figura della grande madre, sepolta nell'oblio da secoli di immemori fusioni religiose fino a costituire pantheon deformi di figliocci bastardi. E proprio questi raccapriccianti aborti intitolano la sesta fatica targata Naglfar: i Téras, i mostruosi abomini.
Gli orrori costituiscono il fulcro dell'intero disco, andando ad evocare la mostruosità lovecraftiana per eccellenza oltre alle tematiche apocalittiche tanto care alla band (facendo perdere il conto di quante volte la distruzione dell'intero genere umano sia stata invocata da parte di Olivius e del predecessore Rydén).
Ma in quale modo la visione mortale si avvicina all'ascoltatore? Così come l'assalto frontale senza fronzoli è diventato da tempo una peculiarità dei Naglfar, in Téras viene anche ripresa la dimensione più lenta e fangosa del suono, seppure in modo distante dalle atmosfere del debutto Vittra. Non mancano gli episodi in cui le vele sgualcite dell'imbarcazione sono gonfiate da venti favorevoli che spirano con forza e mantengono la rotta ad una buona velocità (Pale Horse, III: Death Dimension Phantasma e Invoc(H)ate le più accattivanti) ma in quest'occasione vengono ridotti all'osso i brani a media velocità in favore di episodi più lenti e massicci in cui la dimensione tetra prende il sopravvento: uno su tutti il monumentale The Monolith.
L'aspetto tecnico del platter è percepibile sin dalle prime note: curate sia dal punto di vista esecutivo che da quello della produzione, come la band ci ha abituato nel corso degli anni. Solida la prova alle pelli di Dirk Verbeuren, preso in prestito dai conterranei Soilwork, che si dimostra all'altezza di fare le veci del dimissionario Mattias Grahn ed in grado di aggiungere un tocco di ricercatezza oltre alla tipica precisione martellante richiesta dal genere. Precisa e pulita anche la prova alle corde del duo Norman/Nilsson, che con gli anni non si smentiscono e continuano ad evidenziare le proprie capacità tecniche con acquisizioni estremamente nitide, anche se a discapito del caldo fruscio della vecchia scuola.
Ancora una volta la sufficienza per il frontman Olivius, autore di uno scream di buona fattura, ma alla lunga un po' troppo uniforme e prevedibile. Qualche sovraincisione in più, scansioni meno banali e scelte tecniche maggiormente ardite potrebbero consentire alle vocals di ritrovare il carisma e la capacità di trascinare memori dell'operato di Rydén.
Tralasciabile il cameo dell'ex Dark Fortress Mathias Jell in Bring Out Your Dead, non sufficiente a risollevare uno degli episodi compositivamente più piatti della tracklist.

È innegabile che Téras sia legato a doppio filo con il passato, seppure presenti dei passi in avanti rispetto alle recenti uscite. Chi fino ad ora ha accusato di freddezza e scarsa partecipazione emotiva i Naglfar faticherà a vedere innovazione dal punto di vista stilistico, colpevole la riproposizione di uno stilema ormai forse eccessivamente consolidato ma non abbastanza vario da evitare ripetizioni e somiglianze all'interno delle ultime pubblicazioni del vascello infernale. Se invece il gelido sound svedese non vi ha delusi fino ad ora, neppure dopo l'altalenante Harvest, non sarà certo Téras a farvene pentire.
L'unica vera croce della band risiede nel non riuscire a scrollarsi di dosso l'immagine che si è creata con gli anni, di una formazione compatta e tritaossa ma al tempo stesso non abbastanza brillante da poter vivere di luce propria anziché rifulgere dello scialbo riflesso di realtà maggiori. Questo si riflette anche nell'alternanza di coinvolgenti episodi al fulmicotone con brani in mid-tempo meno accattivanti, senza riuscire ad integrare le due realtà in modo uniforme e variegato come ci si aspetterebbe da un nome in circolazione da quasi due decadi. Si auspica pertanto per l'avvenire la possibilità di sconvolgere le aspettative ed andare in una direzione meno sicura dal punto di vista economico/commerciale, ma artisticamente più profonda ed innovativa dato che le capacità dei musicisti in gioco non difettano.



VOTO RECENSORE
65
VOTO LETTORI
75.08 su 50 voti [ VOTA]
Feeding Moloch
Domenica 13 Maggio 2012, 18.45.30
8
Un po' dritto come disco ma un bel prodotto. Del resto anche Shoel era abbastanza dritto,no? A me piace. Bentornati,Naglfar.
Faber
Lunedì 16 Aprile 2012, 17.57.29
7
Ottimo album, sulla scia del magnifico predecessore. Il loro è un black metal magniloquente e teatrale.
piggod
Sabato 14 Aprile 2012, 0.51.12
6
Boh, non so che dire: si vede che hanno una padronanza assoluta dei loro mezzi e che sono capaci di sfornare riff a ripetizione, però non riescono a scrivere canzoni che possano essere definite memorabili, anzi... 6 politico, però quanto potenziale sprecato.
enry
Venerdì 13 Aprile 2012, 10.46.45
5
Niente da fare, brutto anche questo. Ho adorato Vittra che riuscì all'epoca a farsi spazio in mezzo a tanti capolavori, mi è piaciuto discretamente anche il secondo disco e l'EP Ex Inferis, ma sono ormai 10 anni che non hanno più niente da dire. Il tutto per voler correre dietro a brutalità e blastbeats a scapito delle splendide linee melodiche degli esordi. E Olivius, per quanto si sforzi, non avrà mai nè la voce nè il carisma di Jens Ryden. Un disco come tanti altri, professionale ma noioso...50/100.
DIMMONIU73
Venerdì 13 Aprile 2012, 8.34.08
4
...se devono continuare a fare dischi del genere, meglio che si sciolgano...PIATTUME SCONFORTANTE.
Mortacci de pippo
Venerdì 13 Aprile 2012, 8.25.40
3
Che album noioso e deludente, non arriva nemmeno alla sufficenza per me, poi la voce di Olivius, continuna a non piacermi, monotona e piatta come poche. voto 50
Dave Insane
Venerdì 13 Aprile 2012, 2.37.13
2
sono stupito/perplesso, non so se più stupito o più perplesso del fatto che loro come altre decine di bands scandinave continuino a produrre dischi così noiosi
Undercover
Venerdì 13 Aprile 2012, 0.12.53
1
Mi chiedo sinceramente perché continuano a produrli...
INFORMAZIONI
2012
Century Media
Black
Tracklist
1. Téras
2. Pale Horse
3. III: Death Dimension Phantasma
4. The Monolith
5. An Extension Of His Arm And Will
6. Bring Out Your Dead
7. Come Perdition
8. Invoc(h)ate
9. The Dying Flame Of Existence
Line Up
Kristoffer Olivius (Vocals)
Marcus E. Norman (Guitars, Bass, Keys)
Andreas Nilsson (Guitars)

Session Member:
Dirk Verbeuren (Drums)
 
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