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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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( 2446 letture )
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Gli Axton costituirono una delle migliori band dell’underground hard and heavy nostrano. Formatisi a Lecco nel 1985, i cinque arrivarono nel 1987 alla pubblicazione del primo demo, Time to Kill, il quale mise in luce un sound molto ispirato alla NWOBHM ma al contempo caratterizzato da alcuni elementi melodici. Nel 1990 ecco il primo album, ovvero questo Bad Desire.
Le dieci tracce mettono in mostra una maturità compositiva di certo non comune per un disco d’esordio e vedono un ulteriore sviluppo della vena melodica, probabilmente il vero punto di forza di questa formazione. Le composizioni risultano essere pregevoli ed eleganti, avvicinandosi, come canone sonoro, a quelle di band come Scorpions e Axxis. Symbol of My Sex vede un riuscito lavoro di alternanza fra chitarre e cori soft “alla Dokken”, mentre Don’t Break My Heart Again è ancora più delicata e dolce. Il trittico successivo, formato da Fighting to Survive, Turn Off the Light e Final Warning riprende il sound originario del gruppo, più heavy e tipicamente NWOBHM, ispirandosi a band quali Judas Priest -ad inizio carriera suonavano loro cover- e Saxon. Turnin’ Wheels incarna perfettamente tutte le peculiarità degli Axton: chitarre pesanti, struttura solida, una componente vocale di ottimo livello ed un’innata capacità nel proporre un sound catchy ma non “commercialotto”; altrettanto buona la successiva Nightheart. Blond Woman (La Dona Biunda) è un momento ironico e di stacco dopo sette tracce ascoltate volentieri e tutte d’un fiato. Snake Eyes riprende i momenti più vigorosi di Bad Desire, mentre la conclusiva One Last Time è l’immancabile ballad, in cui spiccano la prestazione al microfono di Gianoli e quella della coppia d’asce D’Amico/Parchetti.
In definitiva, gli Axton ebbero una sola sfortuna, cioè nascere in Italia ed in quel periodo. È innegabile, infatti, che la band avesse delle potenzialità fuori dal comune, le quali, complice anche una grande attitudine catchy e radiofonica, avrebbero potuto portarla molto lontano. La storia non andò così purtroppo e la band lecchese pubblicherà soltanto un altro album, Like a Thunder, nel 1995. Per chi fosse interessato all’acquisto, nel 2008 la Heart of Steel Records ha pubblicato una ricca ristampa, contenente anche i brani del demo Time to Kill del 1987.
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Sgiga essere italiani e non, minimo, svedesi ed inoltre essere arrivati troppo tardi per sfruttare gli anni 80 e troppo presto per sfruttare lo Scandi AOR. Inoltre non potevano arrivare a quei fan del Metal Melodico e dello AOR orfani dei vecchi gruppi degli 80's che stavano per essere rottamati. Qualità eccelsa. Band che meritava ben altre fortune.
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Symbol of My Sex 2. Don't Break My Heart Again 3. Fighting to Survive 4. Turn Off the Light 5. Final Warning 6. Turnin' Wheels 7. Nightheart 8. Blond Woman (La Dona Biunda) 9. Snake Eyes 10. One Last Time
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Line Up
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Marino Gianoli (Voce) Emidio "Ed" D'Amico (Chitarra, Voce) Renzo Parchetti (Chitarra, Voce) Giorgio Pescantin (Basso) Luciano Sandrini (Batteria)
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RECENSIONI |
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