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To-Mera - Exile
( 3136 letture )
Dunque. In dialetto reggiano “To médra” vuol dire tua madre: lo usiamo per mandare a quel paese di solito in maniera dispregiativa. Inutile dire che il nome del gruppo mi ha sempre fatto in un certo senso ridere! Qui però di ilarità ce n’è ben poca, anzi, ci sono sorrisi tutt’altro che denigratori. Ma andiamo per ordine. I To-Mera nascono nel 2005 col “semplice” intento di portare a un livello migliore il progressive metal contemporaneo. Ad oggi la band ha pubblicato due album: Trascendental nel 2006 e Delusions nel 2008, ricevendo ottime critiche e riuscendo a supportare il suo operato con tour in diversi paesi. La band suona una musica piuttosto eclettica e con un cantato al femminile ottenendo notevoli risultati; un grosso passo in avanti è stato fatto rispetto alle precedenti produzioni, e questo Exile ci riconsegna un gruppo in forma smagliante avvalorando un’ulteriore conferma della tesi che vuole il terzo disco come un’affermazione totale. Vediamo il perché.

Inviting The Storm: Chitarra acustica, percussioni, ritmi tribali e distorti in lontananza; il riff iniziale ricorda lontanamente quello di Fear Of A Blank Planet dei Porcupine Tree. La resa di questi tre minuti strumentali è buona ma abbastanza di mestiere; stiamo comunque parlando dell’intro dell’album e ci sta tutta. Il brano scivola via senza colpo ferire con una trentina di secondi affidati alla tastiera; ci si chiede cosa stia per arrivare, non si riesce a intuire ancora l’intento della band e la piega vera e propria che prenderà il disco.

The Illusionist: Si inizia molto presto a fare sul serio e ci troviamo ad ascoltare un brano strepitoso, una dichiarazione d’intenti che può essere presa fin da subito come highlight del disco. Sette minuti e ventidue di pura magia con un pezzo davvero molto ispirato e coinvolgente. Si parte con del puro groove con un riffing che ricorda molto i Meshuggah e la bellissima voce di Julie non si fa di certo attendere. La cantante è a suo agio per praticamente tutta la durata del platter e la sua prestazione non ha cedimenti. Tagliamo comunque subito la testa al toro: bisogna farci l’abitudine. Talvolta la si sente cantare in pezzi molto pesanti e articolati in cui forse una qualche sporcata di growl non avrebbe guastato; qualcuna a dire la verità c’è, ma probabilmente una maggiore varietà a livello vocale avrebbe giovato tantissimo a queste composizioni che restano comunque di altissimo livello e parecchio longeve. Non è una proposta semplice quella dei To-Mera: bisogna per forza entrare nel loro mondo e capire come ragionano per trovare un senso a ciò che fanno. Non fermatevi assolutamente a pochi sporadici ascolti perché non ne caverete un ragno dal buco. Torniamo a noi: a un pezzo con la voce filtrata ne segue uno arioso e melodico: un’ottima apertura che riporta al groove prima di un mezzo delirio in cui si presenta una parte strettamente funky (basso in slap, percussioni, un tripudio) seguita da una jazzata di pura musica da camera! Un vero e proprio orgasmo uditivo di cambi stilistici eseguiti con una naturalezza disarmante. La canzone è camaleontica, cambia umore in maniera imprevedibile e sempre credibile: parti di doppia cassa, momenti con accordi aperti, voci filtrate; c’è un po’ di tutto prima di arrivare ad un assolo che non ha niente di tecnico ma è di gran gusto come dovrebbe essere. Stratosferico il ponte con batteria, tastiera e voce; la cassa raddoppia, entriamo in un momento fatto di dissonanze e su un accordo aperto la meravigliosa The Illusionist finisce.

The Descent: Non ci sono pause e un pianoforte fa subito capolino seguito da aperture su accordi dissonanti. Rimane presto solo il tema portante interpretato splendidamente da Julie. La band al completo l’accompagna dopo pochi secondi; un senso di pace permea le nostre orecchie nonostante la partitura piuttosto pesante del pezzo. Stacco in battere e seconda strofa identica alla precedente; funziona dannatamente bene. Validissimo il ritornello che precede un’apertura jazzata ancora di rara bellezza; poi un breve inciso cantato e un momento in battere seguito dal raddoppio di cassa, l’assolo di tastiera su un tupa tupa e qualche sana sfuriata growl/blast beat che male mai non fa. Poi l’ovvio lentaccio, un inciso voce e chitarra acustica; il ritorno in doppia, battere assassino e finale con tastiera in solitaria.

Deep Inside: Puro prog, e di ottima fattura. Sia la parte iniziale soft che quella seguente più incisiva si alternano magnificamente e con una buonissima resa prima di un excursus delirante in puro stile Dream Theater. Rimane solo la chitarra ad intonare un riff di accordi accompagnato presto dal resto della band. La cassa diviene singola di colpo, i toni si smorzano e parte un assolo ineccepibile che sfocia in un tempo sbilenco alla Meshuggah per poi assopirsi su voce e tastiera. Il finale riprende il riff della precedente Inviting The Storm e conclude senza colpo ferire. Buon pezzo ma non ottimo: troppe idee suonate con maestria ma che avrebbero necessitato di essere assemblate in maniera migliore.

Broken: Il minutaggio dei pezzi è sul medio alto, si oscilla quasi sempre dai sette minuti in su. A volte è magia pura, a volte un problema: in certi frangenti sembra quasi che la band voglia strafare inserendo di tutto e di più a discapito della canzone. I risultati sono sempre ottimi, ma la controparte è sempre il rischio di una poca accessibilità unita ad una cripticità di fondo che per un orecchio poco allenato potrebbero risultare disturbanti. Broken inizia con un arpeggio sostenuto presto dalla chitarra distorta e un tappeto in doppia cassa seguito da un riff monocorde e molto groove. La voce di Julie è effettata e supporta benissimo una base quasi death metal. Il pezzo sfuma e lascia spazio a note dissonanti di tastiera; l’incedere è sinistro e viene ribadito dalla seguente prestazione corale. Si sale e si scende come se fossimo sul sedile di un ottovolante impazzito; la qualità ritorna ottima e credibile e con Broken si ritorna ad altissimi livelli di ispirazione. Magnifico il ponte centrale: un crescendo di chitarra acustica e percussioni che viene presto distorto e irrobustito prima dell’assolo. Il chitarrista è pulitissimo e ha una buonissima capacità di entrare nel pezzo: dote piuttosto rara al giorno d’oggi in cui tutti sono impegnati ad eseguire scale ai mille all’ora. Si passa a un tempo sbilenco che si raddrizza per ospitare uno scambio solistico tra chitarra e tastiera di pregevole fattura; stacchi, la voce di Julie qui è bellissima e molto ispirata. Abbiamo raggiunto i nove minuti di minutaggio senza accorgercene, e questa è la capacità dei grandi pezzi; il briciolo restante si completa in doppia cassa. Pezzo bellissimo.

End Game: Più che finire, il gioco si fa duro iniziando in blast beat, battere e un tempo quasi crossover. Si ritorna presto sulle coordinate stilistiche precedenti con l’entrata di Julie, per poco, poi il pezzo si appesantisce risultando ubriacante. Stacco improvviso di tastiera, assurdo, e cambio totale di registro per poi arrivare in un battere canonico prima dell’ennesimo ritorno a tinte progressive di alto livello. Menzione particolare al tastierista: talvolta suona in maniera atipica e assurda ma perfettamente inquadrato in ciò che la band sta eseguendo. Decisamente un valore aggiunto. Il ritorno al blast beat è presto servito, lo segue un momento allucinante con tastiera e batteria prima di riprendere il tema precedente costruito da accordi e doppia cassa. End Game è una canzone tecnicamente impressionante che riascolterete parecchie volte per cercare di carpirne ogni singola nota; una bella sfida, soprattutto il concepire una cosa del genere.

Surrender: Ci avviciniamo alla fine del disco e lo facciamo con due mattoncini rispettivamente di undici e dodici minuti! Se avete faticato fin qua lasciate perdere, ora la sfida si fa ostica. Il primo dei due, Surrender, inizia con un bellissimo pezzo di chitarra acustica che ricorda vagamente (ho detto vagamente) il flamenco; il tutto viene presto supportato da piatti e tastiera, l’apertura ovviamente non si fa per niente attendere. Si cala improvvisamente d’intensità e Julie canta, molto poco, per lasciare spazio a un intermezzo strumentale e ritornare in maniera ariosa e soffusa. Anche qui si gioca sui saliscendi puliti e distorti, ma è solo un’impressione: gustatevi ora l’intermezzo latino americano che i To-Mera tirano fuori dal cilindro. Semplicemente strepitoso, il classico fulmine a ciel sereno che colpisce e rapisce. Quando il tutto viene distorto è l’apoteosi. Vai poi di progressive metal ad arricchire un qualcosa che, se fosse durato anche 5-6 minuti, nessuno avrebbe protestato. Julie ci riporta presto sulla terra con una linea vocale notevole e supportata magnificamente dalla band. Stupisce molto il fatto che o gli strumentisti si mettono al servizio della cantante, o quest’ultima fa con loro la stessa cosa; si sente la complicità in maniera piuttosto marcata, in un gruppo come questo è una componente quasi vitale. Obiettivo raggiunto, ma non è finita qua: al minuto sette si cambia ancora in maniera totale. Ritmo sincopato sui tom, voce effettata, tastiera dissonante e si riparte a mille in battere e con altre amenità. I due minuti finali li porta a termine la tastiera mascherata da organo; la batteria irrompe per pochi secondi con una serie di rullate e caos stile fine di un live. Il pezzo migliore del disco assieme a The Illusionist.

All I Am: Quasi una ninna nanna ci accompagna nelle battute iniziali della traccia conclusiva del lotto; si può tranquillamente catalogare come musica da camera quello che stiamo ascoltando. La distorsione del tutto arriva in maniera prevedibile, si rimane comunque su coordinate “leggere” ma efficaci. Non si aggiunge né toglie nulla a ciò che è stato espresso finora. Le cartucce migliori sono già state sparate e All I Am non risulta un brano memorabile. Non fraintendiamoci però: siamo comunque al livello del “musica del genere la compongono in pochi”, e un brano sufficiente dei To-Mera fa tranquillamente a pezzi parecchi gruppi. Non è il caso di farcene un dramma, quindi, nonostante la canzone risulti troppo lunga e a tratti noiosetta.

Che dire ora? Mi si chiedeva, qualche recensione fa, un gruppo prog poco conosciuto ma valido: eccolo. Questa non è assolutamente musica di facile fruizione, non siamo ai livelli dei Linear Sphere ma poco ci manca: i pezzi sono strapieni di sfumature e contengono un numero impressionante di variazioni e stratificazioni. Ci vogliono innumerevoli ascolti per avere un quadro globale del tutto, ed è decisamente un bel quadro. Ha come difetti un paio di tracce non proprio riuscite e lo scoglio della cantante femminile che a molti potrebbe far storcere il naso in un contesto del genere. Per il resto il livello tecnico-compositivo è eccellente e di altissimo livello. Exile non è un capolavoro quindi, ma un disco dannatamente buono che merita e chiede di essere ascoltato. Ovviamente è destinato a un pubblico caldamente open minded, altrimenti astenersi nella maniera più totale.



VOTO RECENSORE
83
VOTO LETTORI
82.8 su 5 voti [ VOTA]
Daniele
Venerdì 19 Ottobre 2012, 0.01.05
6
Secondo me,sono dei musicisti geniali. Alcuni membri dei To Mera,suonano in quella band spettacolare ,che risponde al nome di Haken,che adoro. Alla stessa maniera,mi piacciono loro e cosa che non guasta,la cantante Julie Kiss oltre che ad avere una bella voce è semplicemente una gnocca da paura.
Northcross1
Giovedì 18 Ottobre 2012, 23.27.06
5
@Waste: A ok grazie per la precisazione, non avevo capito. Appena riesco ti farò sapere che ne penso Aspetto con ansia i Cea Serin! ps. Ho notato che album come questi sono molto snobbati (vedi anche i Linear) è una cosa molto triste per me...
waste of air
Mercoledì 17 Ottobre 2012, 18.29.37
4
@northcross: ehilà! Non suonano lo stesso genere, li ho usati come metro di paragone per il tasso tecnico impressionante; i linear sono più ermetici, i To-Mera più "accessibili", strumentalmente ti divertirai parecchio! Con la voce ci devi fare l'abitudine: qualche growl in più qua e là avrebbero alzato il punteggio di qualche punto...I Cea Serin arriveranno, tranquillo!
Northcross1
Mercoledì 17 Ottobre 2012, 18.07.21
3
@Waste: Come al solito grande rece! Appena possibile darò un ascolto anche a questi. Anche se le voci femminili mi sono molto indigeste, ma se mi dici che sono quasi come i Linear Sphere allora... Ps. Spero che farai una recensione dei Cea serin che mi hai consigliato, perchè sono veramente bravi! Pps. I Linear mi piacciono sempre più
Straisand
Mercoledì 17 Ottobre 2012, 17.24.42
2
E chi se li ricordava più!! Tempo permettendo, vedrò di dar un ascolto anche a questo nuovo album!
fabio II
Mercoledì 17 Ottobre 2012, 15.33.52
1
Gian, invece Tomera me ne da di un campo di pomodori in dialetto parmigiano ahahhah! PS: comunque li ascolterò...mai sentiti nomiare
INFORMAZIONI
2012
Illusionary Records
Prog Metal
Tracklist
1. Inviting The Storm
2. The Illusionist
3. The Descent
4. Deep Inside
5. Broken
6. End Game
7. Surrender
8. All I Am
Line Up
Julie Kiss (Vocals)
Tom Maclean (Guitars)
Richard Henshall (Keyboards)
Mark Harrington (Bass)
Paul Westwood (Drums)
 
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