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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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( 2072 letture )
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Metal. Folk Metal. Pagan Metal. Anglo-Saxon Metal. Basta! Ci sono casi in cui una band o un musicista dovrebbe saper mettere un freno alla propria creatività nominale in fatto di generi. Invece è proprio Anglo-Saxon metal la definizione che i Forefather danno della propria musica. "Ma questo non è un album di Athelstan ?". Calma, calma, ci sto arrivando. L'autore del disco è appunto uno dei due fratelli Forefather ed anche in questa veste sostiene di proporci Anglo-Saxon metal. Ammettendo l'esistenza del (sotto)(sotto)(ma molto sotto)genere, inquadrarne le coordinate stilistiche dovrebbe essere facile, in quanto riconducibili alla band madre del polistrumentista inglese. Invece in questa uscita Athelstan ci propone un qualcosa che assomiglia ad un heavy metal fortemente melodico e dai tratti piuttosto epici, intervallandolo con elementi sinfonici e con momenti riconducibili a un certo tipo di Pagan, quello più legato al Metal classico. L'album è quasi interamente strumentale, infatti solo in due tracce su sette è presente la voce, prestata per l'occasione daWulfstan , l'altro membro dei Forefather. Ad aprire le danze èKeepers of the Dawn, probabilmente la canzone più riuscita dell'intero lotto, dotata di un ottimo riff e impreziosita dalla prestazione del singer che riesce ad elevarla rispetto alla mediocrità che seguirà. Dopo troviamoAscent to the Tarn , brano che non è nulla di più che un dialogo tra tastiera e chitarra e che mette in luce il lato più melodico del disco, che di qui in poi diventerà sempre più ingombrante. La titletrack, The Ride, non cambia le carte in tavola rispetto alla precedente. Anche qui troviamo un paio di riff, oggettivamente validi, alternati ad una melodia di piano, il tutto ripetuto per sette minuti. Il punto più basso dell'album viene toccato con Enchantment che su una base sinfonica, abbastanza semplice e scarna in effetti, articola un paio di scalette che sembrano uscite da un libro di tecnica base per strumento. Ci si risveglia con Hero on the Hill, che si assesta su coordinate più tipicamente pagan ed è un rifacimento dell'antica ballata inglese "Bryd One Brere". Il brano inizia con un ottimo giro di chitarra, epico e potente, ma il tono cambia sulla strofa cantata, che a causa di un eccessiva "delicatezza", rischia di far perdere pathos al pezzo. Si prosegue con l'ottima The March, che rispetto alle precedenti può vantare una sezione ritmica più varia e articolata. Anche qui i riff sono veramente buoni, anche se si fa sentire l'assenza delle vocals, che avrebbero potuto dare alla canzone una marcia in più. Il congedo è affidato all'orchestrale, ovviamente eseguita dalle tastiere,Amomie , che si attesta su uno stile tipicamente da colonna sonora. Benchè autoprodotto quest'album gode di un suono ineccepibile, frutto dell'esperienza dietro il mixer di Athelstan anche con i Forefather. L'atwork di copertina è opera della mano di Alexi Francis e rappresenta l'enigmatico "Long Man", che è anche protagonista del testo di Hero on the Hill. L'origine del mito intorno a questo personaggio si può trovare in una campagna nella regione inglese del Sussex, dove è incisa nel calcare una figura umana alta quasi 70 m. Una leggenda popolare racconta che questi fosse un gigante, ucciso da un suo simile, dopo un'epica battaglia, con un masso scagliato da una collina vicina. Molto probabilmente invece l'Uomo Lungo di Wilmington (questo il suo nome ufficiale) è ricollegabile al culto divinatorio di origine celtica chiamato Teinm Laida e raffigura un indovino o un druido recante un bastone, simbolo del potere religioso, in ogni mano.
In conclusione, questo è un album pieno di spunti chitarristici interressanti e offre tre o quattro canzoni valide, ma che soffre della quasi totale assenza di parti vocali, finendo troppo spesso per annoiare. Il disco non sembra nemmeno essere una vera e propria uscita ufficiale, ma un semplice divertissement; ci si augura quindi che questa non sia la direzione musicale dei prossimi Forefather, ma semplicemente uno sfogo dell'anima più melodica di Athelstan.
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5
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Bravo Organium! Bella recensione  |
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4
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Ero chiaramente provocatorio in quanto, che siano Tizio, Caio o Sempronio a utilizzarle, queste etichette oltre che inutili le trovo ridicole e mi fanno venire l'orticaria quando le leggo. Nel frattempo ho comunque ascoltato un paio di pezzi e non mi dice proprio niente, voto non oltre il 52/55. Confermo il "buona la prima" . |
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3
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@il vichingo: il termine "anglo-saxon pagan metal" i forefather lo usano fin dagli esordi e "conoscendoli" non credo proprio sia un'etichetta inventata per vendere due copie in più. E poi tutti i gruppi lo fanno, a partire dai nostri amati Draugr (italic ordish metal o una cosa del genere) senza essere derisi. Tornando a questo disco, l'ho trovato zoppo, manca qualcosa...sembrano più degli out-take di Last Of The Line da completare con la voce che brani "da cd". Dire solo per die-hard... Voto: 60 |
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2
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Anglo-Saxon Pagan Metal? Ahahaaha, cosa non ci si inventa per vendere un paio di copie in più. Buona la prima . |
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1
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Bella rece Organium! Il disco non l'ho sentito, non credo che lo farò, ma ascolterò la prima canzone. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Keepers of the Dawn 2. Ascent to the Tarn 3. The Ride 4. Enchantment (Bewitched) 5. Hero on The Hill 6. The March 7. Anomie (The Death of Belief)
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Line Up
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Athelstan (tutti gli strumenti)
guest Wulfstan (voce su tracce 1 e 5)
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RECENSIONI |
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