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26/04/25
HEAVY LUNGS + LA CRISI + IRMA
BLOOM- MEZZAGO (MB)
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( 3709 letture )
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Se il solo nome di Ville Laihiala risveglia in voi i nostalgici echi dei perduti Sentenced, è bene che sappiate che questo disco vi deluderà. Ma non dovrebbe accadere, perché sono trascorsi sei album e tredici anni dalla fondazione dei Poisonblack, nati peraltro come side-project del singer mentre i Sentenced godevano ancora di ottima salute. Inoltre, c’è da dire che i Poisonblack fin dal primo album Escapexstacy del 2003 (dove peraltro e sorprendentemente Ville non canta!), hanno sempre fatto una musica diversa dalla band madre, orientandosi verso un gothic rock che agli inizi era persino venato di love metal, in una singolare ma non casuale coincidenza stilistica col quasi contemporaneo The Cold White Light (2002) dei Sentenced, disco che è stato appunto accusato di aver subìto i nocivi effetti del metal targato HIM (critiche a mio avviso esagerate, come ho avuto modo di chiarire in The Cold White Light). Nel tempo il sound dei Poisonblack si è liberato di queste suggestioni come anche delle già parche venature gothic per puntare ad un rock più diretto ed energico, ad ampi tratti malinconico, con esiti in tutta onestà non sempre convincenti. Lyijy, “piombo” in finlandese, è un album che prosegue con decoro su questa strada, forse mostrando una lieve accentuazione della rudezza, anche per merito di una produzione che sottolinea peraltro egregiamente e con millimetrica misura gli aspetti più ruvidi del suono. Il songwriting è solido, compatto, le melodie orecchiabili e sempre di grande impatto emotivo, il piglio dinamico ed energizzante prevale sui rari momenti riflessivi e nostalgici, due ballate “sui generis” (Maybe Life Is Not for Everyone e Them Walls), che si incastonano nell’album conferendogli equilibrio e lucentezza, in una calibratura che è sicuramente frutto di un affinato mestiere ma non per questo dà vita ad un lavoro meno ispirato e riuscito, tant’è che in undici brani è forse solo la finale Elämän Kevät a non convincere appieno. Gli arrangiamenti sono molto curati e l’esecuzione risulta impeccabile, soprattutto quella di Ville, sia come cantante che come chitarrista, in quest’ultima veste esibendosi in assolo piacevoli benché non particolarmente originali e contribuendo a creare un sound denso, corposo senza mai risultare torbido. Inutile dire che la sua voce, così unica nel timbro e nell’incandescente intensità interpretativa, è ancora una volta di una pregnanza assoluta, riuscendo a catalizzare l’attenzione dell’ascoltatore senza privarlo del piacere di cogliere le impalcature musicali ad essa sottese e senza risultare alla lunga monocorde. Un capolavoro di funambolico equilibrio che sembra chimerico per una voce così caratterizzata ma che pure si compie quasi spontaneamente, come frutto maturo di un innato talento più che di un inveterato mestiere. Un album pregevole, quindi, se non fosse per un difetto che siamo costretti a dichiarare perché non esattamente di portata irrilevante: la mancanza d’innovazione, sia rispetto ai dischi precedenti che rispetto al genere suonato. I Poisonblack scelgono infatti di mantenersi stilisticamente coerenti non tentando alcuna contaminazione o sperimentazione. Il che non sarebbe di per sé un crimine; certo, il contratto appena stipulato con una major come la Warner Music induce a chiedersi le ragioni di una tale decisione e da lì il passo a pensar male è breve, così breve che quasi non ci si accorge di come la mente vada con uno dei suoi infelici automatismi al ricordo della scelta eutanasica dei Sentenced. Forse quell’esperienza ha fatto rivalutare a Ville il valore del mainstream. Sad but true. Questi pensieri in libertà nulla tolgono ad un disco di buona qualità, appena migliore del precedente Drive (2011) e decisamente superiore a Of Rust and Bones (2010), il che non solo giustifica l’ingaggio della Warner ma dimostra che i nostri, pur restando nei confortevoli confini del loro stile, hanno ancora qualcosa da esprimere e lo stanno facendo con esiti qualitativi in crescendo.
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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Ville Laihiala (Voce, Chitarra) Antti Leiviska (Chitarra) Marco Sneck (Tastiera) Antti Remes (Basso) Tarmo Kanerva (Batteria)
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Line Up
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1. Home Is Where the Sty Is 2. Down the Ashes Rain 3. The Flavor of the Month 4. The Absentee 5. Maybe Life Is Not for Everyone 6. Death by the Blues 7. The Halfway Bar 8. Them Walls 9. Blackholehead 10. Pull the Trigger 11. Elämän Kevät
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RECENSIONI |
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