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Glittertind - Djevelsvart
( 2836 letture )
La Norvegia nasce come nazione solo nel 1905, con la separazione pacifica dal regno di Svezia, eppure in campo musicale e soprattutto metal, poche, se non nessuna, realtà statale è stata così ampiamente e fortemente celebrata. Per quanto riguarda appunto il nostro caro metal la glorificazione della terra norvegese è indissolubilmente legata alla scena black di inizio anni novanta. Mentre Mayhem e Darkthrone tessevano gloriosi inni all'occulto, band seminali e straordinarie pescavano a piene mani dalla tradizione mitica della propria terra e ne facevano il fondamento della propria musica. Rimanendo nel circuito affine al cosiddetto Inner Circle, tra i precursori si possono trovare gli Enslaved, che ispirandosi sia musicalmente che in fatto di tematiche al secondo corso -quello viking- dei Bathory, segnarono con i dischi di inizio carriera i primi fondamentali passi per quel forte patriottismo (i maligni diranno nazionalismo) che sarà un elemento costante in molte produzioni black, ma anche e soprattutto folk e viking, metal. Spostandoci su questi ultimi due filoni è fondamentale l'apporto dato da Fenriz con i suoi due grandiosi progetti folk metal, gli Storm (condivisi con Satyr dei Satyricon) e gli Isengard. In particolare i primi raggiunsero una buona diffusione, complici delle sonorità meno estreme, e furono accusati di filo-nazismo, soprattutto a causa del testo della canzone Noresgard, accuse che in ogni caso i due hanno sempre smentito.

Come continuatori di questa gloriosa tradizione si propongono i Glittertind, nati nel 2001 come una one-man band del giovanissimo polistrumentista Torbjørn Sandvik (classe 1985). Il ragazzo inizia a comporre seguendo solo il suo istinto e quello che ne esce è un piacevole miscuglio di punk e viking metal, impregnato fino al midollo da elementi folk, vera e propria colonna portante del progetto. Già dall'ultimo lavoro in studio (nel 2009) il giovane Torbjørn si avvale dell'aiuto di un'altro polistrumentista, Geirmund Simonsen, ma nonostante ciò il prodotto finale lascia l'amaro in bocca a molti amanti del metal, mentre riscuote un buon successo nelle classifiche norvegesi.
Si inquadra sulla stessa scia Djevelsvart, realizzato questa volta con il supporto di una formazione strumentale completa (già attiva live dal 2010). La componente viking metal viene qui ulteriormente alleggerita, mentre è esaltata l'anima più punk/folk della band, complice la produzione ed il sound generale del disco. Inoltre gli sporadici momenti più legati al metal (estremo o meno) si rivelano quelli che recano più danno al cd, risultando banali ed estremamente scontati per un fruitore abituale di queste sonorità. Le sezioni invece più ispirate al punk si rivelano quantomeno dirette e divertenti, riuscendo per un po' ad allontanare la noia. Difatti, dispiace dirlo, ma questo è un disco che stanca molto presto. Già dal primo ascolto risulta pesante e scontato, incapace di offrire emozioni e la situazione peggiora via via che si procede con gli ascolti. Le parti più scanzonate e veloci offrono delle piccole boccate d'aria, ma per il resto il lavoro si rivela noioso e la tentazione di spegnere lo stereo è veramente forte. La prima coppia di canzoni non è malvagia, pur non facendo sobbalzare sulla sedia, grazie a ritmi serrati e a melodie folk azzeccate. Al contrario la terza Sprekk for Sol è uno dei punti più bassi che il disco riesce a toccare, spinta in fondo da un'effettistica di tastiera da serie C. La successiva Kvilelaus è una ballata acustica dal sapore commerciale che dopo il primo minuto costringe l'ascoltatore a munirsi di cuscino e copertina. Con la quinta, Trollbunden si migliora, ma di certo non al punto da andare bene. La canzone è leggera e dall'incedere decisamente folk e sul finale il lavoro del coro segna uno dei momenti più piacevoli. La successiva è una canzoncina sdolcinata -della quale non oso neanche pronunciare il nome- che sfocia in un ritornello che non stonerebbe in un film melenso anni ottanta. Si prosegue con Taaketanker che si sforza di ridare energia al platter muovendosi su coordinate più punk, ma non riesce comunque ad essere incisiva. Gli ultimi due pezzi sono l'inutilità fatta musica e servono solo ad appesantire ulteriormente l'album (come se ce ne fosse bisogno). Il primo parte con una sezione melensa che risulta quasi fastidiosa per poi sfociare in un finale più estremo, mentre la seconda è un outro strumentale che ha l'unico pregio di essere l'ultima canzone del disco.

Se ci fosse ancora bisogno di ribadirlo: Djevelsvart merita di essere bocciato senza possibilità d'appello.



VOTO RECENSORE
45
VOTO LETTORI
65.66 su 3 voti [ VOTA]
lux chaos
Giovedì 26 Dicembre 2013, 18.12.15
2
Non li conoscevo, ho ascoltato qualche brano da questo disco e dal primo album...beh, mi sono liberato di tutti gli eccessi dei vari pranzi natalizi! un grazie particolare a Piero per la bella recensione e per avermi segnalato un gruppo da cui starò alla larghissima
Lord Ancalagon
Giovedì 26 Dicembre 2013, 16.00.44
1
Sempre considerati un gruppo di seconda ma forse anche terza scelta, nel grande calderone del "Pagan metal" a mio parere c'è di meglio, ma molto meglio. Vista la recensione questo lo salto a piè pari.
INFORMAZIONI
2013
Indie Recordings
Folk
Tracklist
1. Inngang
2. Djevelsvart
3. Sundriven
4. Sprekk for sol
5. Kvilelaus
6. Trollbunden
7. Nymaane
8. Taaketanker
9. Sterneslor
10. Utgang
Line Up
Torbjørn Sandvik (voce, chitarra)
Geirmund Simonsen (cori, chitarra, tastiere)
Olav Aasbø (cori, chitarra)
Stefan Theofilakis (cori, flauto)
Bjørn Nordstoga (basso)
Geir Holm (batteria)
 
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