|
27/04/25
THE LUMINEERS
UNIPOL FORUM, VIA GIUSEPPE DI VITTORIO 6 - ASSAGO (MI)
|
|
Broken Glazz - Divine (Reissue)
|
( 2791 letture )
|
La storia dei Broken Glazz è indissolubilmente legata ad un periodo storico ben preciso, quel passaggio tra la fine degli anni 80 e l’inizio degli anni 90 nel quale lo scenario metal stava cambiando radicalmente e che portò ad un fortissimo attivismo nella penisola italica. Un periodo che durerà almeno fino alla metà degli anni 90 e che vide la nascita di numerose band di livello decisamente buono, che cercarono di andare oltre, di colmare quella differenza che da sempre esisteva tra i gruppi di origine italiana e quelli provenienti da altri Paesi. Tra le band di questa nuova ondata, il nome dei Broken Glazz brilla e deve essere ricordato come uno dei principali e più importanti. Il gruppo torinese aveva infatti tutte le carte in regola per sfondare, sotto ogni punto di vista. Il primo dei quali, paradossalmente per l’Italia, era proprio il sostegno che la città di origine offriva alla band: conosciuti e rispettati da tutti nel giro, vera leggenda locale in una città come Torino, che in quegli anni sapeva porsi tra le poche capitali metal d’Italia, i Broken Glazz seppero sempre offrire qualità, professionalità e qualità tecnico/compositive di primo ordine, tali da renderli in potenza un gruppo capace senz’altro di rivaleggiare con i “concorrenti” esteri. Non per mero campanilismo o per il tentativo paternalistico da parte della stampa specializzata nostrana, ma per meriti conquistati sul campo. Formati nel 1989 per iniziativa di James Wynne e Ivan Appino col nome Broken Glass, i ragazzi vennero presto raggiunti da Pier Querio al basso e Andry Verga alla batteria, i quali formeranno una delle sezioni ritmiche più tecniche e preparate dell’intera scena nazionale. Notati per primo da Teddy Reno e vincitori del Festival degli Sconosciuti, i Broken Glass esordirono con un ottimo demo, per essere poi scritturati dalla Dracma Records che li lanciò attraverso la celeberrima collana Nightpieces, per poi portarli al debutto vero e proprio con il presente Divine, album edito nel 1991 e ristampato meritoriamente oggi dalla Punishment 18 Records.
Le radici musicali della band torinese affondano nel techno-thrash di quel periodo, con l’ovvio e primario riferimento dei Megadeth a cui fa seguito quello degli Annihilator e quello dei Metallica di …And Justice for All (e basti in questo senso citare il break centrale di Rights of Your Pride). Il tutto condito con una personalità immediatamente riconoscibile e che troverà poi piena consacrazione nel disco successivo, Withdraw from Reality. Le composizioni dei Broken Glazz (con il monicker modificato che diventerà poi definitivo) sono molto articolate, in maniera ossessiva e forse anche eccessiva in questa prima uscita e risentono in pieno dell’atmosfera del periodo, con il tentativo di portare il thrash oltre le proprie barriere, indurendo e appesantendo il suono e rinunciando alla classica velocità in favore di composizioni tecnicamente più avanzate. In particolare, colpisce constatare come il livello strumentale della band fosse già al debutto elevatissimo: tanto da un punto di vista ritmico quanto solistico siamo al cospetto di un gruppo fuori dall’ordinario, ancora fortemente debitore nei confronti dei modelli di origine (in particolare per quanto riguarda la voce e lo stile solistico di Wynne, molto simili a quelli di Dave Mustaine), ma al contempo capace di andare ancora oltre, nella ricerca di una propria identità che non fosse solo quella di derivazione statunitense. Il gruppo italiano non nascondeva una pronunciata vena melodica, come anche l’uso di strumentazione acustica, ma il contesto di riferimento rimaneva sempre un thrash irrequieto, spigoloso, in continua mutazione, mai accomodante e anche nei momenti di maggior apertura melodica (pensiamo a Someday o all’inizio di Abstract), sempre condotto su partiture e soluzioni compositive tutt’altro che facili o radiofoniche. Al contrario, se un limite si può e si deve trovare nella musica dei primi Broken Glazz è proprio nella continua ricerca di strutture compositive evolute e che prescindono quasi sistematicamente dal classico schema strofa-ritornello-strofa-ritornello-assolo-ritornello. Uno schema che la band torinese sembra disdegnare a priori, rinunciando spesso anche a refrain facilmente identificabili e preferendo piuttosto inserire continui passaggi di riff, stacchi, accelerazioni o decelerazioni, accompagnati dalla voce stridula di Wynne, più che finalizzati ad essa. Un approccio coraggioso, specialmente in un Paese tremendamente legato alla melodia come l’Italia. Un approccio che rende l’ascolto di Divine sicuramente complesso e inizialmente davvero poco digeribile, anche a causa di una produzione sì potente, ma piuttosto rudimentale e spartana, priva di tridimensionalità e che tende a impastare le ritmiche di chitarra più che esaltarne gli intricatissimi passaggi. Tutto questo non basta comunque a fermare i Broken Glazz, che realizzarono con questo album un debutto mirabile e che trova pochissimi paragoni in Italia per qualità complessiva. Nella ristampa, oltre agli otto brani originali dell’album, troviamo anche i brani contenuti nel precedente demo (si tratta delle ultime sei tracce), i quali si amalgamano benissimo alle canzoni contenute nel debut ufficiale, confermando quindi la maturità presto raggiunta dal gruppo, comunque ancora in evoluzione. Difficile citare un episodio migliore, vista l’omogeneità complessiva, ma certo l’opener Faces on the Floor costituisce uno dei brani più conosciuti e amati dai fans e resta come ideale manifesto di questa prima parte della carriera del gruppo. La complessità compositiva è da subito evidente, per un brano decisamente ostico ad un primo ascolto, ma dotato di uno dei pochi refrain “cantabili” dell’album e di un comparto ritmico e solistico davvero micidiale, con un riff iniziale che richiama anche i Voivod. Complessità strutturale che si conferma anche nella successiva titletrack, un vero e proprio tripudio di riff pesanti e continue variazioni, con accelerazioni e decelerazioni incontrollabili, che rilanciano il solismo di Wynne, aspro e arcigno come la sua prova vocale, mentre semplicemente impressionante è il lavoro della sezione ritmica. Certo tutto questo ha un prezzo e quel prezzo è la fruibilità del brano, che per essere compreso e digerito richiede senz’altro una buona disposizione d’animo. Ma che la band fosse assolutamente in controllo di se stessa lo dimostra la stupenda semi-ballad Someday, pezzo emozionante e splendidamente eseguito, in perfetto stile thrash (The Legacy dei Testament o In My Darkest Hour sono dei buoni riferimenti) e con una evoluzione sicuramente molto più lineare dei brani precedenti. L’approccio iniziale si conferma con la successiva Electronic Brain, decisamente meno interessante però di quanto ascoltato finora, mentre la successiva Fun House come da titolo è la canzone più breve e tutto sommato “facile” ascoltata finora. Mindless Transparency è la traccia del lotto nella quale l’influenza dei Megadeth è più evidente, in particolare per quanto riguarda le scelte di cantato di Wynne, ma è la canzone in generale che sembra presa e portata via da So Far, So Good… So What!, compreso l’ottimo assolo, anche se si tratta nuovamente di un episodio leggermente sotto tono. Life Gone Wrong, breve spezzone acustico di poco più di due minuti riesce a rialzare la tensione in vista della chiusura: tocca a Promise Time, praticamente dieci minuti di grandissimo thrash tecnico che passano in rassegna tutto il percorso del disco e dalla band per un risultato strepitoso. Da qui in avanti nella ristampa troviamo i sei brani che originariamente componevano il demo dei Broken Glass e per queste tracce vale quanto detto per i brani dell’album ufficiale: stessa ispirazione, stessa matrice, stessa qualità, con in realtà una fruibilità anche maggiore seppur con una resa sonora generale leggermente inferiore, più similare a quella dei gruppi thrash anni 80 che ad un prodotto degli anni 90, ma questa era (?) l’Italia e il risultato non è neanche malvagio. In generale, si capisce benissimo perché la band abbia poi ottenuto immediatamente un contratto per il debutto ad appena due anni dalla formazione: capacità tecniche e compositive ottime, che in Italia erano utopiche per la stragrande maggioranza dei gruppi in circolazione, idee chiare, attitudine, grande professionalità.
Il seguito è noto ai più: dopo l’uscita di Divine e una continua ascesa, arrivò la prima grande rottura con l’uscita dalla band di James Wynne, cantante e chitarrista solista che tanto di sé aveva lasciato come impronta genetica all’interno della band. L’arrivo di Balducci alla chitarra e il passaggio forzato di Ivan Appino alla voce, portarono poi a quel grandissimo album di thrash evoluto che sarà Withdraw from Reality, uno dei dischi più completi e riusciti prodotti da un gruppo italiano. Divine nel complesso è forse ancora inferiore al secondo album: le qualità tanto del disco quanto della band sono evidenti in questa prima uscita e Wynne era senz’altro un musicista carismatico e capace, ma in effetti il tutto risulta fin troppo ostico e lavorato, spigoloso e non malleabile, con la conseguenza di apparire un po’ artificioso e poco naturale, forse anche immaturo. Una artificiosità che si registra proprio nella differenza tra le canzoni del debut e quelle del demo, omogenee alle prime, ma sicuramente più “facili” e masticabili, tanto da contribuire all’innalzamento del voto finale. La produzione stessa del disco, come detto, rende più difficile l’approccio ad un album che comunque richiede ripetuti ascolti. In più, anche rispetto alle formazioni americane, mancano nelle melodie vocali una maturità definita e dei refrain vincenti. L’album, anche grazie ad alcuni brani davvero memorabili, resta sicuramente in grado di competere anche a livello internazionale, ma gli manca quel qualcosa di indefinibile per entrare nel novero dei “migliori del genere”. L’operazione di ristampa che unisce i brani del demo può dirsi non solo assolutamente riuscita, ma offre ai curiosi e agli appassionati un’ottima scusa per procurarsi finalmente un lavoro che, ricordiamolo, uscì solo nel formato vinile ed è stato finora per questo difficilmente reperibile. Un’occasione da non perdere per celebrare o riscoprire uno dei gruppi più importanti e meritori della nostra scena.
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
13
|
Comprai questa ristampa su CD della Punishment 18 che penso sia una prima stampa a tutti gli effetti visto che uscì solo su Vinile... ad ogni modo é una band che meritava una lunga carriera e questo album lo metto accanto a Istinto e Rabbia degli In.si.dia e Tension at the seams degli Extrema e a me piace anche di più del secondo che comunque é un album ottimo!
Qui credo che abbiano aggiustato anche qualcosina a livello sonoro oltre ad aver messo un logo più bello in copertina e in generale tutto il comparto grafico di questa stampa é eccellente. |
|
|
|
|
|
|
12
|
opsss... l anno i cui è uscito )))) |
|
|
|
|
|
|
11
|
bei tempi.. grandi amici e che dire. per l ano i ncui è uscito, per leta' media che avevano e per quello che cera in Italia si puo dire solo che questo disco è DIVINE!!!!!! |
|
|
|
|
|
|
10
|
voto un pò basso... per l'anno in cui è stato fatto avrei dato qualche cosa in più |
|
|
|
|
|
|
9
|
Bellissima recensione, però voto (a parer mio) bassino... io gli do 95, secondo me questo è il miglior disco Thrash italiano. |
|
|
|
|
|
|
8
|
@Vittorio: siamo in due!!!  |
|
|
|
|
|
|
7
|
@lux chaos: Stuff dei Vanity-X? Pensavo di essere l'unico al mondo ad averlo!!! |
|
|
|
|
|
|
6
|
Band italiana storica che sto rivalutando |
|
|
|
|
|
|
5
|
I BrokenGlazz....grandi ragazzi, cari amici, ottimi musicisti, un onore aver lavorato con loro !! |
|
|
|
|
|
|
4
|
Ricordi di gioventù... Gran disco, ottima recensione. |
|
|
|
|
|
|
3
|
Bellissima recensione Saverio, concordo con te sul disco, io non lo apprezzo molto pur riconoscendone il valore e la qualità soprattutto per quegli anni in italia, ma il secondo resta il migliore! PS possiedo il cd "Stuff" dei Vanity-X, se non erro progetto di Wynne incensato ai tempi sulle riviste italiane, qualcuno lo conosce/possiede? |
|
|
|
|
|
|
2
|
per me un grandissimo album di techno-thrash la title track ne è la prova!! |
|
|
|
|
|
|
|
INFORMAZIONI |
 |
 |
|
|
|
Tracklist
|
1. Faces on the Floor 2. Divine 3. Someday 4. Electric Brain 5. Fun House 6. Mindless Transparency 7. Life Gone Wrong 8. Promise Time 9. Rights of Your Pride 10. Walkin’ the Line 11. Abstract 12. Total Despair 13. Some Day 14. Broken Silence
|
|
Line Up
|
James Wynne (Voce, Chitarra) Ivan Appino (Chitarra, Voce) Pier Querio (Basso) Andry Verga (Batteria)
|
|
|
|
RECENSIONI |
 |
|
|
|
|
|