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BRUTAL ASSAULT - Day 1 - Josefov, Repubblica Ceca, 10/08/2016
01/09/2016 (1510 letture)
In questi 3 articoli consecutivi cercherò di raccontare l’esperienza del festival, provando a parlare di tutti i gruppi che ho visto, sia quelli che attendevo maggiormente, che quelli che ho visto per curiosità, o ancora quelli che ho seguito per caso, tentando di fornire una panoramica sull’intero festival, sull’organizzazione e su quanto concerne la permanenza. Ecco il resoconto della prima giornata ed un’introduzione al Brutal Assault.

PRESENTAZIONE DEL FESTIVAL
Da alcuni anni a questa parte i Brutal Assault, locato a circa un’ora di macchina da Praga, in Repubblica Ceca, è scelto da moltissimi come festival estivo in quanto pressoché imbattibile in termini di rapporto qualità/prezzo: i costi affrontati durante la permanenza in questo paesino delle campagne ceche, quali mangiare, bere o rifornirsi di beni di prima necessità, sono praticamente irrisori, permettendo anche a noi studenti di mangiare abbondantemente (per non parlare del bere) tutti i giorni senza dover aprire un mutuo come in altri festival europei. In termini qualitativi, è innegabile che il festival riesca ad assecondare i gusti di tutti nell’estremo, portando ogni anno grandi band per ogni genere, chicche particolari, nomi di culto, altri d’avanguardia, emergenti e affermati, nonché headliner di grande fama internazionale, al di là che possano interessare o meno.

I concerti si svolgono all’interno di una fortezza medievale, che fa da ottima cornice alla musica e garantisce una struttura naturale all’area del festival: i due palchi principali si affiancano in un ampio spazio fra le mura, al limitare del quale, in fondo, c’è una struttura rialzata che ne delimita l’area e funge da tribuna per chi volesse usufruirne (non gratuitamente però, anche se a prezzi molto moderati). All’interno della fortezza ci sono zone di ristoro, una mostra d’arte moderna locale, l’area del meet ‘n’ greet e anche un altro palco più piccolo, chiamato Oriental Stage, che si inserisce in un perimetro abbastanza limitato tra bastioni di pietra di 7 o 8 metri d’altezza, garantendo un riverbero naturale che si adatta alle pochissime e selezionate esibizioni che si svolgono lì, che spaziano generalmente tra proposte più ambient, atmosferiche o folk… se non fosse che per qualche motivo quest’anno ci hanno suonato anche gli Archgoat, ma con buoni risultati.

Dietro la fortezza c’è un ampio spazio adibito agli stand alimentari, innegabilmente molto vari; particolare la novità di quest’anno di introdurre una forma di pagamento digitale tramite dei coupon acquistabili presso determinati sportelli e caricabili su un chip attaccato al braccialetto del festival, che serve per fare acquisti touchless, come una sorta di carta prepagata, il che ha evitato problemi coi cambi, sebbene la tecnologia sia ancora da migliorare – una novità credo quasi inedita nel mondo dei festival europei, che viene proprio dal Brutal Assault, che in termini di aggiornamento è molto indietro rispetto ai vari Hellfest, Wacken, ecc., per non parlare dell’affluenza decisamente più limitata (intorno alla decina di migliaia di visitatori). Più avanti si trovano inoltre stand di cd (a prezzi meno economici di quanto ci si aspetterebbe dati i costi della vita in Repubblica Ceca) e di magliette, o ancora abbigliamento e accessori, con una notevole vastità di scelta, il tutto all’aperto. All’estremo limite del festival c’è un altro palco, quest’ultimo coperto e terzo per dimensione, su cui si esibiscono nomi che variano dal piccolo/medio al medio/grande a seconda degli orari, e dove generalmente si trovano le chicche del festival, come gli Angelcorpse quest’anno, o i Demilich lo scorso.

Novità di quest’anno è stata l’altare dedicato a Lemmy, come per tanti altri festival in Europa, posizionato al termine di uno stretto cunicolo sotterraneo all’interno della fortezza, illuminato solo da sporadiche candele, e quindi molto evocativo. All’interno di una apertura, un’immagine dello storico frontman dei Motorhead, davanti a cui vi si trova una distesa di candele accese, bottiglie di Jack a cui mancavano gli ultimi sorsi, sigarette a cui mancavano gli ultimi tiri, lasciati lì dai visitatori come tributo.

Il paesino accanto alla fortezza del festival sembrerebbe essersi fermato nel tempo al periodo sovietico, con questi vialoni larghi, piazze vaste e molto poco arredate, palazzoni grigi e simili tra loro, ma almeno per la settimana del festival c’è vita, i baretti si trasformano per far posto a quanta più gente possibile, addirittura ne nascono di abusivi nelle più improbabili bettole che si possano immaginare, ma l’atmosfera è veramente festosa (complice il costo ridicolo di una birra, tra gli 80 centesimi e 1,20 € per una chiara ceca di qualità). Anche la popolazione approfitta del festival per fare i guadagni di tutto l’anno, soprattutto i ristoranti e i supermercati, che sono per lo più bazar riempiti approssimativamente. Girano anche un po’ di individui loschi, e sono numerosi i furti alle tende, dal momento che il campeggio non è recintato, ma semplicemente si può mettere la tenda in qualunque posto si voglia; anche per questo motivo è stato introdotto un campeggio vip, che per una ventina di euro permette di posizionare la tenda in un’area sorvegliata e con facilitazioni di vario genere, come servizi igienici e docce.

DAY 1
Un viaggio in auto durato un’intera giornata, senza navigatore ma anche senza errori, incredibilmente, termina in una Josefov che attende il tramonto, più fresca di quella che ricordavo l’anno scorso, con la sfaticata del montare le tende in mezzo al bosco e con una serata di festeggiamenti nel paese. La mattina seguente il festival è sorpreso da una pioggia persistente, anche se tendenzialmente poco intensa, che abbassa ancora di più la temperatura e fa riempire tutti i locali coperti della cittadina.

VEKTOR
Il primo gruppo che ho modo di vedere sono gli statunitensi Vektor, forti dell’acclamatissimo e attesissimo loro terzo album, Terminal Redux, da cui estraggono gran parte dei pezzi in scaletta. Come nelle altre occasioni in cui ho avuto modo di vedere la band, la prestazione è veramente eccezionale, a dimostrazione della posizione di forza guadagnata da questa band negli ultimi anni. Il plotter technical thrash anni ottanta, con il riffing di Coroner, Aspid e Oblivion e l’iconografia dei Voivod è arricchito da massicce dosi di influenze più estreme, soprattutto per quanto riguarda il drumming, che fa uso non troppo sporadico anche del blast, e la voce, molto aspra e acuta, ma sostanzialmente una sorta di scream. La presenza scenica del gruppo è veramente da elogiare, nonostante l’evidente difficoltà esecutiva richiesta dalle loro partiture, e anche la reazione del pubblico è a dir poco entusiastica.

TRIBULATION
La pioggia che per poco si era fermata, riprende durante l’esibizione degli svedesi Tribulation, che seguo per mera curiosità. Dopo un esordio death metal in piena regola, il gruppo ha prima virato verso lidi più influenzati dal black, nelle melodie, e dalla musica progressiva, per poi assestarsi sull’attuale proposta che consiste in una fusione tra l’horror rock e le sonorità più estreme. Tempi piuttosto rockeggianti, un aspetto forzatamente androgino, dal trucco agli abiti stretti (c’è voluto qualche secondo per capire che uno dei chitarristi non fosse una donna), una voce in scream e un arsenale di melodie sinistre ma molto orecchiabili. Tutto sommato non male, sebbene non siano esattamente adatti ai miei gusti, ma rimango sufficientemente colpito dagli estratti del secondo album.

GRUESOME
I Gruesome sono una nuova formazione death metal che comprende Matt degli Exhumed alla chitarra e voce, Robin, la bassista delle Derketa, e altri membri che sono stati turnisti per Possessed, Malevolent Creation e altri. Il gruppo nasce con l’idea di tributare musicalmente i death dei primi tre album, che ricalcano fedelmente nello stile dei riff, delle linee vocali, delle soluzioni solistiche, e anche nella timbrica del cantante; l’intento è palesato umilmente dallo stesso frontman, che ammette che il gruppo sia un mero tributo, laddove tutti i musicisti coinvolti sono regolarmente impegnati in progetti musicali principali. Tuttavia il risultato non manca di essere divertente, i pezzi sono suonati e scritti molto bene, anche se non manca di sentire idee dei Death pressoché plagiate in quasi tutte le canzoni. In ogni caso, l’attitudine mostrata è autentica e il tributo musicale sentito, con una buona interpretazione di un approccio al genere praticamente familiare a tutti gli ascoltatori del genere. Eseguono anche una cover di Open Casket, dallo storico Leprosy, che in effetti risulta così fedele all’originale da lasciare interdetti. Tirando le somme, è stata un’esibizione death metal fedele alla vecchia scuola, seppur senza una vera pretesa di originalità artistica.

NEUROSIS
Ho inoltre modo di vedere l’esibizione dei Neurosis, gruppo che sinceramente non ho mai approfondito ma che sono riuscito ad apprezzare molto in sede live, con la pesantezza di un gruppo hardcore rallentato fino all’esasperazione, distorto e oscurato dall’attitudine più cupa. L’impatto dal vivo è veramente pesante, l’incedere è inesorabile, fangoso. Il doppio assalto vocale è tormentato e malsano, aggiungendo un ulteriore gravezza all’esibizione del gruppo. L’interesse da parte del pubblico del festival è molto notevole, e lo spazio dinanzi al palco principale è estremamente gremito, mentre il sole sta tramontando sulla fortezza, creando un’atmosfera suggestiva intorno all’esibizione dei Neurosis. Pezzi come Locust Star segnano un incedere tribale che è ipnotico, con le viscere che vibrano sensibilmente per le frequenze basse e tutte le teste che oscillano lentamente.

DYING FETUS
Primo gruppo ad avere il favore delle tenebre sono i Dying Fetus, per i quali la risposta di pubblico è quasi inaspettatamente numerosissima. Non che non mi aspettassi partecipazione per loro, dato anche il target del festival, ma il numero di presenti davanti al palco è veramente sorprendente. Un po’ penalizzati dal suono di basso troppo alto e da quello di batteria sbilanciato verso le grancasse, il trio del Maryland sfodera la solita abilità esecutiva garantendo un’esibizione dal vivo di grande impatto e sempre divertente. Avendo fuso il death metal e il grind con l’hardcore della loro terra natia, il tutto con una preparazione tecnica fuori dal comune, i Dying Fetus si possono ritenere i pionieri delle sonorità che tutt’ora riscuotono successo anche nelle declinazioni più moderne del genere, e restano cionondimeno uno dei gruppi più personali e degni di nota del panorama death metal. L’attitudine hardcore si vede dalle movenze sul palco, sui continui richiami ad alimentare ulteriormente il moshpit (già estremamente gremito), mentre la scaletta propone dapprima successi più recenti per poi riproporre classici del gruppo come Grotesque Impalement e Praise The Lord (Opium of the Masses), a mio parere le migliori del set.

MASTODON
I Mastodon sono un gruppo con cui non ho di fatto la minima familiarità, se non per ascolti radi. Quello che mi è sembrato di capire è che con gli ultimi lavori del gruppo, e in particolare con l’ultimo e acclamatissimo Once More ‘round the Sun il gruppo avrebbe spostato il tiro dal suo passato stile a metà tra il groove metal e sludge/post-hardcore ad un taglio ancora più progressivo e decisamente più rockeggiante, energico ma anche più psichedelico, od orientato verso lo stoner. Chiedo perdono se le mie considerazioni sono dozzinali, ma è questa l’impressione che ho avuto nel sentire un confronto dal vivo tra una Blood and Thunder, più estrema, ai numerosi estratti degli ultimi due album, dove domina una distorsione meno aggressiva, un approccio vocale pulito, uno solistico più ricercato, e quant’altro. In ogni caso la proposta del gruppo non manca di stupirmi molto positivamente, riuscendo a farsi apprezzare anche senza precedenti approfondimenti o ascolti. Anche la presenza scenica del gruppo aiuta, ma sono decisamente i pezzi a mostrare un gusto compositivo fuori dal comune e decisamente degno di nota, soprattutto per quanto riguarda le linee vocali, gli arrangiamenti e la strutturazione dei pezzi, molto vari e creativi.

BRUTALLY DECEASED
Abbastanza annoiato dalla prestazione degli Abbath, o di Abbath (più sui nuovi inediti che sui classici Immortal, chiaramente, ma tant’è), e dall’eccessiva comicità, per così dire, con cui è condotto lo show (tra risate generali e urla da dementi), mi sposto sul palco coperto, il terzo del festival, per seguire il concerto dei Brutally Deceased, gruppo death metal vecchia scuola che ho scoperto tramite uno split con gli svedesi Interment uscito qualche anno fa. In effetti questo quintetto ceco ha molto da spartire con le sonorità del death classico di Stoccolma e dintorni, a partire dall’uso dell’HM-2, inevitabile per ottenere la distorsione tipica dei vari Dismember, Entombed o Carnage, ma anche per i tempi di batteria, tra il d-beat tipico del death scandinavo e qualche incursione di blast più pronunciata. In un certo senso si sentono anche forti influenze da parte del death metal classico americano, il che rende la proposta un po’ più estrema. Veramente degna di nota è la prestazione del cantante, che sfodera uno dei growl migliori che abbia sentito durante il festival, soprattutto da parte di band relativamente underground. Il seguito da parte del pubblico di casa, nonostante il confronto con l’headliner famoso, in contemporanea sull’altro palco, è veramente caloroso, e il tendone risulta affollatissimo.



Lemmy
Venerdì 2 Settembre 2016, 13.57.39
3
Pardon @Nicko , non avevo letto la parte del pagamento elettronico, ottima trovata veramente.
Nicko
Venerdì 2 Settembre 2016, 13.52.09
2
Al contrario, dicevo che un'innovazione come quella del pagamento elettronico è stata introdotta proprio da un festival minore, mentre manca in festival molto più grandi e costantemente aggiornati. Per il resto spero con tutto il cuore che non si allarghino oltre all'estremo, ma è una questione di gusti! Già per me gli headliner di quest'anno erano fin troppo estranei all'ambiente, o commerciali in un certo senso.
Lemmy
Venerdì 2 Settembre 2016, 13.48.20
1
Qest'anno non sono potuto andare, però sono anni ormai che lo frequento a edizioni alterne, e l'ho sempre trovato ottimo, un festival cosi' l'Italia se lo sogna, anche perchè lascia buon spazio a band emergenti ed underground, è un festival destinato a crescere sempre più, ha cominciato con poca affluenza agli inizi fino ora alle migliaia, è un festival orientato e circoscritto per lo più all'ambito estremo, ma mi ricordo che parlai con alcuni addetti allo staff organizzativo che paventavano l'ipotesi , di allargarlo in futuro, anche ad altri generi metal come il power, l'heavy, il simphonic e il progressive, sinceramente non ho capito il confronto di @Nicko con megafestival come Hellfest e Wacken, quelli sono festival aperti più ai gruppi già stranoti al pubblico, e se c'è underground direi che anche quello è conosciuto, e poi sono aperti a tutti i generi, mentre il Brutal Assault È circoscritto all'estremo e al thrash, inoltre parliamo di colossi come Germania e Francia, questo è un festival in un paewse piccolo ma che si sta guadagnando la fiducia anno per anno di sempre più entusiastiche fette di pubblico, io ci ho conosciuto persino australiani, cileni e canadesi, tanto per dire la provenienza.Comunque per me se lo allargheranno anche ad altri generi, può diventare un concorrente temibile degli altri colossi europei.
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