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Hate Eternal - King of All Kings
12/12/2015
( 2902 letture )
Lasciati in via definitiva i Morbid Angel nel 2002, Erik Rutan si dedica a tempo pieno agli Hate Eternal, con cui due anni prima aveva pubblicato l'esplosivo esordio Conquering the Throne. Ora che la mente, ma soprattutto la voglia di esprimersi del leader saranno focalizzate solo sul suo progetto, nulla gli impedirà di scrollarsi di dosso la poco amata etichetta di "ex-chitarrista dei Morbid Angel".

A differenza del debutto, questa volta gli Hate Eternal diventano un trio composto dal leader, dal suo fidato amico bassista Jared Anderson e, al posto del giovane Tim Yeung, da un certo Derek Roddy (soprannominato "one take" per la capacità di registrare senza sbavature al primo tentativo), all'epoca noto per aver suonato su In Cold Blood dei maestri Malevolent Creation. Spiccò subito l'assenza di un maestro delle sei corde come Doug Cerrito, che con un ottimo lavoro sul debutto, lascerà un'eredità compositiva/stilistica non indifferente. Ma è proprio l'addio dell'ex-Suffocation che fece storcere il naso agli ascoltatori e ancora di più a chi non apprezzò il debutto. Non c'è da stupirsi se qualcuno iniziò a dare per perso il gruppo, dato che parliamo di un musicista non indifferente e con una capacità di scrivere pezzi che andava ben oltre gli standard. I timori però, almeno in parte, vennero spazzati via con l'uscita di questo King of All Kings per la Earache Records. Proseguendo sulla scia del debutto, il secondo album dei floridiani mette in mostra un'evoluzione stilistica che farà assumere al gruppo stesso e all'uscita un peso ed un'importanza non indifferenti; il death metal dalle velocità elevate è sempre presente, ma questa volta è costruito su riff più dissonanti, leggermente più elaborati e vari. Nulla di troppo complicato, ma brani come Servants of the Gods e The Obscure Terror danno un'idea chiara di cosa siano in grado i tre. Ci sono dei cambi di tempo leggermente più marcati, con fraseggi più orientati ai mid-tempo e qualche leggero rallentamento di scuola Morbid Angel che si faranno sentire ancora di più nelle prossime uscite. Il sound terremotante resta comunque la prerogativa di Erik & co., specialmente per quanto riguarda Derek Roddy, autore di una prestazione che all'epoca lasciò senza parole molti ascoltatori; è veloce, sì, ma si tratta di un batterista che riesce ad essere dinamico anche su tempi difficili da gestire a causa della velocità (fate ben attenzione al doppio pedale o ai piatti). Erik Rutan macina riff su riff, dando prova di quanto sia ispirato; chi ascolta il gruppo avrà sicuramente imparato a memoria i riff principali di tutte le canzoni, arricchite da assoli che rimarcano lo stile personale del leader. Sulla sua prestazione vocale poi, c'è veramente poco da dire: il growl di Rutan s'interseca con gli scream del bassista Jared andando a creare un contesto apocalittico, distruttivo ed un sound travolgente per tutto il disco. Nonostante il songwriting più elaborato ed una tecnica strumentale affinata infatti (vedi In Spirit (The Power of Mana)), il disco arriva dritto al punto, non si perde in inutili esagerazioni e le composizioni non sono mai troppo macchinose (caratteristiche che salteranno fuori qualche anno più avanti).

Tra perle come la title track, vero cavallo di battaglia e simbolo del gruppo, Beyond Redemption, e la doppietta finale composta da In Spirit (The Power of Mana) e Powers That Be, il secondo album degli Hate Eternal è ritenuto da moltissimi l'apice compositivo del gruppo. D'accordo o meno, è sicuramente l'album della consacrazione, il primo passo verso quello stile che li renderà un punto di riferimento per i gruppi futuri. L'unica pecca, come per il precedente, è una produzione (anche qui curata dal leader) che appiattisce un po' troppo i suoni, ma che comunque non toglie troppa dinamica agli strumenti; è una scelta curiosa se contestualizziamo il periodo in cui è uscito il disco; erano gli anni in cui il metal moderno prendeva piede e con esso tutta una serie di produzioni sempre più pulite e ricche di editing. A tal proposito, nel booklet, leggiamo questa frase:

To preserve the integrity of this record and the musicians who recorded it, there was no editing whatsoever in the making of "King of All Kings". We shall raise the standards of Death Metal.

Una frase che sottolinea quanta passione e amore provi Erik Rutan per il genere, che d'ora in poi annovererà lui ed il suo gruppo tra i suoi punti di riferimento principali.



VOTO RECENSORE
83
VOTO LETTORI
87.33 su 3 voti [ VOTA]
LucaNekrowizard88
Martedì 7 Marzo 2023, 17.40.03
3
Per me il capolavoro massimo della creatura di Rutan. Sia ben chiaro, anche il primo \"Conquering The Throne\" lo è, ma \"King Of All Kings\" è dotato di una marcia in più, è appena un gradino oltre. Qui tutte le componenti della musica degli Hate Eternal (riff al fulmicotone, blast furiosi, assoli coinvolgenti) sono elevate all\'ennesima potenza. Faranno benissimo anche con gli album dopo, ma questo è senza dubbio il loro apice per creatività e composizione Il mio preferito sicuramente!!
lisablack
Mercoledì 23 Ottobre 2019, 11.53.08
2
Riascoltato stamani dopo molto tempo, una bomba nucleare 😀 di album!! Gran bella sassata!
LAMBRUSCORE
Venerdì 18 Dicembre 2015, 14.37.15
1
Disco che mi avevano registrato appena uscito, per me prodotto meglio del primo, anche qua sane mitragliate nel culo, per me un 80 ci sta tutto.
INFORMAZIONI
2002
Earache Records
Death
Tracklist
1. Our Beckoning
2. King of All Kings
3. The Obscure Terror
4. Servants of the Gods
5. Beyond Redemption
6. Born by Fire
7. Chants in Declaration
8. Rising Legions of Black
9. In Spirit (The Power of Mana)
10. Powers That Be
Line Up
Erik Rutan (Voce, Chitarra)
Jared Anderson (Basso, Voce)
Derek "one take" Roddy (Batteria)
 
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