|
27/07/24
DIVINE METAL FEST 7
ALTERNATIVE, C.DA ULIVETELLA - MONTENERO DI BISACCIA (CB)
|
|
|
09/12/2017
( 2454 letture )
|
La perdita di un membro storico, per un gruppo, può sostanzialmente avere due effetti: la band, dimostrandosi perfettamente capace di reagire alla separazione, può produrre uno più lavori magari persino più ispirati degli ultimi realizzati con il proprio musicista di lunga data, magari divenuto troppo “ingombrante”; in alternativa, come spesso accade, la defezione di un musicista, magari fondamentale per il sound, può far scivolare il gruppo verso un inesorabile declino. Esistono tuttavia certi casi in cui una band riesce a mantenersi a cavallo fra le due posizioni, magari reagendo sul momento in maniera valida, per poi perdersi successivamente o, al contrario, accusare duramente il colpo, ma poi riprendersi più avanti.
La prima di queste ipotesi può indubbiamente essere applicata ai Dokken: gli storici hard rockers statunitesi, nel 1997, si separarono infatti dal loro storico, eccezionale chitarrista George Lynch, le cui tensioni con il leader Don Dokken, mai sopitesi fin dal primo scioglimento del 1989, avevano fra le altre cose portato alla produzione del discutibile Shadowlife. Essendo l'asso delle sei corde un membro fondamentale della band, tuttavia, in parecchi temettero che la storia del gruppo fosse giunta alla fine; un po' a sorpresa, invece, anche se negli anni a venire effettivamente la band non seppe continuare sulla retta via, il primo album prodotto dopo la separazione da Lynch si dimostrò senza ombra di dubbio il migliore degli anni 90: stiamo naturalmente parlando di Erase the Slate, risalente al 1999, che costituisce con ogni probabilità l'ultimo lavoro davvero sopra la media dei Dokken: l'arruolamento alla chitarra del bravo Reb Beach (Winger) portò evidentemente un po' di tranquillità nel martoriato combo di Los Angeles, se è vero che l'album si apre con una roboante title-track, il cui riff iniziale spazza via da solo tutto l'orribile Shadowlife: Beach dà prova di essere molto più di un mero rimpiazzo e punteggia con le sue ritmiche infuocate il brano, su cui il singer declama note con la sua ben nota, calda ugola. Un inizio con i fiocchi! Change the World si divide fra un inizio più heavy ed un andamento classicamente hard rock, melodico quanto basta ma non per questo smielato, con un'ottima divisione fra dolcezza e durezza che il gruppo americano ha sempre dimostrato di saper egregiamente eseguire. La medesima altalena hard and heavy anima anche la bella Maddest Hatter, forse appena meno valida rispetto ai due pezzi precedenti, ma comunque convincente ed ispirata; Drown inizia in modo più oscuro ed atmosferico, per poi evolvere verso uno splendido brano hard rock carico di pathos; difficile tuttavia scegliere il pezzo migliore fra questo ed il successivo Shattered, il cui riffing heavy metal è semplicemente irresistibile. One si divide viceversa fra diversi stili, abbracciando hard rock, heavy e persino qualcosa dell'alternative rock del precedente album, risultando tuttavia molto più credibile, seppure forse un po' “confusionaria” qui e là; un gruppo hard rock nato negli anni 80 che voglia esser degno della propria fama non può prescindere dalla ballad, che si presenta puntualmente con Who Believes, delicata e melodica, anche se ad esser sinceri non imprescindibile. Va molto meglio con lo sferzante heavy proposto da Voice of the Soul, dove anche la sezione ritmica formata dalla coppia Pilson/Brown fa egregiamente il suo sporco lavoro. Crazy Mary Goes Round è essenzialmente un mezzo per far mostrare ai musicisti, Beach su tutti, le proprie capacità, mentre Haunted Lullabye può grossomodo essere saltata a piè pari per concentrarsi sull'eccellente In Your Honor, ballad molto ben strutturata ed assai più convincente di Who Believes.
Nonostante qualche sbavatura e la presenza di alcuni pezzi meno ispirati nella seconda metà, Erase the Slate è un disco di sorprendente bellezza e di squisita fattura, che mostra come detto i Dokken offrire la miglior prestazione della reunion post-1989. Sfortunatamente, già a partire dal successivo Long Way Home le cose andarono meno bene, a causa delle defezioni sia di Reb Beach, eroe inaspettato di Erase the Slate, sia dello storico bassista e compositore Jeff Pilson; in questo caso, il gruppo non seppe infatti reagire alla seconda grande perdita in pochissimi anni. A maggior ragione, però, l'album del 1999 resta una perla nascosta da riscoprire e rivalutare ampiamente.
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
2
|
Riascoltato stasera. Anche per me probabilmente il migliore dalla reunion, sebbene mi piaccia molto anche Dysfunctional. Ispirazione ritrovata dopo il controverso Shadowlife, ispirazione che però purtroppo non sono riusciti più a mantenere a questo livello. Eccellente la prima parte, in particolare le prime tre tracce da paura. Voto 83 |
|
|
|
|
|
|
1
|
In effetti è il miglior album dalla reunion, molto buono, mi è sempre piaciuto. |
|
|
|
|
|
INFORMAZIONI |
![](images/Icone/green/18/arrow_left_down.png) |
![](public/recensioni2/1512815540mzd.jpg) |
|
|
|
Tracklist
|
1. Erase the Slate 2. Change the World 3. Maddest Hatter 4. Drown 5. Shattered 6. One 7. Who Believes 8. Voice of the Soul 9. Crazy Mary Goes Round 10. Haunted Lullabye 11. In Your Honor
|
|
Line Up
|
Don Dokken (Voce) Reb Beach (Chitarra) Jeff Pilson (Basso, Tastiera) Mick Brown (Batteria, Cori, Voce su traccia 9)
|
|
|
|
RECENSIONI |
![](images/Icone/green/18/arrow_left_down.png) |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|