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27/04/24
CRASHDĎET
VHS - RETRŇ CLUB, VIA IV NOVEMBRE 13 - SCANDICCI (FI)
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30/01/2020
( 2942 letture )
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Thy Catafalque, ormai di fatto la one-man band di Tamás Kátai, inaugura questo 2020 con la sua nona fatica. Anche se non piů avantgarde di sé stesso, il polistrumentista ungherese continua a pontificare, in un linguaggio tutto suo, strutture musicali che evadono dalla dimensione di provenienza, tramutandosi in un enigmatico altro. Da sempre indaffarato nell'attingere a piene mani dalle piů svariate radici culturali, Tamás Kátai riesce con il suo processo di elaborazione ad assottigliare i legami che gli elementi hanno con la loro origine, e li rimescola in qualcosa di eclettico dando vita a nuovi mondi, lungi dall'essere una mera accozzaglia di vari riferimenti e background. Per capirci meglio, Thy Catafalque non č uno scrittore fantasy che per caratterizzare i suoi orchi, i suoi elfi e i sui nani, affibbia loro usanze e costumi realizzando dei fac-simile di popolazioni veramente esistite cambiandole nome, lasciando dietro di sé una traccia fin troppo evidente. No, la creazione si avvia con un processo di distillazione in cui si prende qualcosa giŕ esistente, che sia una scala, uno strumento musicale o quant'altro, e tramite vari passaggi si riesce a riproporlo come se fosse davvero proveniente dal nuovo mondo creato dall'artista. Č un concetto un po' difficile da esprimere in maniera chiara e concisa, e per provare a spiegarlo meglio forse č bene prendere proprio come esempio l'album in questione, Naiv.
Contenente piů musicisti ospiti che tracce, l'album apre i primi petali con l'apertura A Bolynellagás Ideje: l'ingresso č abbastanza classico, ma giŕ qui la materia inizia ad aggregarsi in forme che andranno a popolare l'ambiente che sta delineandosi intorno a noi. Le litaniche voci femminili, le chitarre rombanti e i synth squillanti tanto cari all'artista ci accolgono senza particolari convenevoli o riadattamenti, quantomeno al primo ascolto. Sembra quasi un check per controllare che tutto sia al suo posto, e il cuore dell'album non sembra predisposto a concedersi facilmente all'ascoltatore. Alcuni primi enigmatici indizi vengono disseminati in Tsitsushka, la traccia successiva. A ritmo piů sostenuto, le sperimentazioni alla Ihsahn con gli ottoni creano nuove atmosfere soppalcate sul basso, strumento che in questo disco troverŕ ampi spazi per momenti di puro protagonismo. Ritornando al discorso dell'avantgarde e della sua capacitŕ di astrazione, si puň esaminare questa traccia, e anche quelle a seguire, a livello tematico. Le melodie e i timbri usati richiamano a momenti sonoritŕ jazz, spostandosi poi su tratti groove senza disdegnare anche accenni alla musica balcanica. Il risultato generale perň non č una commistione in cui i vari elementi riescono a rimanere saldi alla loro provenienza: si riesce a immaginare un cultura aliena, forse umana, che infonde in queste sonoritŕ la sua identitŕ, la sua storia. Anche qui, il riferimento alieno č totalmente scollegato da qualsiasi connotazione fantascientifica o quantomeno agganciata a qualche appiglio a noi familiare. Č come essere davanti a un forme alternative di intelligenza, ancora comprensibili per i nostri sensi e convenzioni, ma sviluppatesi senza esser mai entrate prima in contatto con noi. Anche le tinte orientaleggianti di Embersólyom - Kaláka, fuse in una matrice nuova, con il loro ipnotico intrecciarsi delle voci ci rimandano per un secondo al medio-oriente, ma i synth e lo sfondo riescono a dargli una veste del tutto nuova.
L'intento che Tamás Kátai si č prefissato con Naiv č stato rispettato in maniera eccellente. Volutamente malcelato, il riferimento all'arte Naif č concreto e ne č anche una sua perfetta espressione nella sua accezione originale: cosě come il genere avantgarde, la produzione di questa corrente voleva essere scollegata dai riferimenti culturali e sociali, da cui sě prendeva l'oggetto espresso, ma ne tagliava le corde, creando qualcosa a sé stante con una ingenuitŕ posticcia. Ovviamente il termine ingenuo va inteso piů come nonchalance, perché a livello compositivo i Thy Catafalque adorano intessere strati su strati di complessitŕ, che con naturalezza assumono sempre piů spessore nell'ascolto ripetuto. Pregio e un po' difetto di quest'album infatti č la sua cripticitŕ, anch'essa voluta e prepotentemente ottenuta. Tamás Kátai sembra aver pieno controllo della sua musica e delle sue potenzialitŕ, manovrando i fili e le leggi che regolano il mondo plasmandolo in un certo stato di grazia, decidendo quando e come mostrarlo. Nell'album c'č tempo per ogni tipo di escursione che si intraprendere in questa dimensione, siano anche per brevi passeggiate all'ombra degli archi/alberi di Számtalan Színek, un interludio al tempo di un suggestivo 5/4 chiuso da con un 4/4; le voci all'inizio riescono a farci immaginare infanti alieni, e le chitarre sbiadite dando al tutto la sensazione d'essere il ricordo ormai andato di un pomeriggio in campagna.
Sull'onda di Geometra, l'architetto-musicista decide di esprimere tutto il suo estro senza accontentarsi di paradigmi espressivi ridotti, e sonda l'infinito mare magnum di possibilitŕ mischiando sapientemente tutti i colori che gli servono per un songwriting sempre variegato e allo stesso tempo coerente, avvalendosi di strumenti quali l'Oud e il Quena per creare esotismi e folklori tutti da gustare. C'č anche spazio per strani citazionismi, come nella fine di Kék Madár (Négy Kép), che richiama fortemente l'arpeggio synth della celebre serie Stranger Things, insieme l'emozionale melodia di Crybaby di Devilman Crybaby. Piů č vasto il panorama musicale dell'ascoltatore, piů Naiv porterŕ alla sua mente rimembranze e forti immagini personali. Le nove tracce concorrono tutte insieme nel creare un mondo unico, ricco e variegato, con un approccio quasi antologico ma anche forte e vivido. Le ricorrenti voci femminili sembrano attingere a un immaginario compendio di canti popolari, mai ripetitivi e che con una dolce insistenza lasciano sempre piů impressa la propria melodia nella testa dell'ascoltatore.
Menzione d'onore va fatta per Vető, punta di diamante del disco. Anche la presenza di una traccia che piů di tutte si erge sulle altre sembra un dogma dei Thy Catafalque, che giŕ di per sé si distinguono dalla massa e riescono poi, ironicamente, a superare sé stessi. Vető č un'idra, o meglio il suo dipinto in musica, č un brano in cui la chitarra segna i lenti tonfi di un'immensa mole che avanza, mentre gli isterici svergolamenti delle note piů acute sono le molteplici teste, che furiose sbattono a destra e a manca sputando fuoco e fiamme. A questa immonda creatura si oppone una forza benefica, piena dell'antico sapere racchiuso in questo mondo e scatenato come incantesimo dal mistico canto delle sacerdotesse. L'allarmante squillo del synth segna un combattimento, una contrapposizione furiosa tra le due parti che sfregolano per l'attrito, e che con l'energia scaturita dal loro impatto si pongono alla base di questa realtŕ stupefacente divenendone i pilastri fondanti. Il brano sembra montato da un sapiente regista che sa quando inquadrare l'una o l'altra parte, e quando farle apparire insieme. Una parentesi a metŕ brano ci allontana dalla tempesta e da tutto il resto, isolandoci in una bolla cosmica dalla cui prospettiva sembra dipanarsi l'intero flusso degli eventi cui si č assistito finora. Capace di farsi riascoltare fino alla nausea, questa traccia decide quantomeno di non prendersi tutti gli onori lasciando la chiusura a Szélvész, un epilogo liturgico e pieno di energia che ti lascia con una strana voglia: altro giro altra corsa.
Naiv č un ottimo tassello che va ad aggiungersi all'artistico deiThy Catafalque. Pur con uno stile meno avvezzo alle novitŕ, le follie avantgarde palpitano ancora forti, prediligendo perň il perfezionamento all'effetto sorpresa. Scelta che a giudizio dell'ascoltatore puň piacere o meno, ma che comunque pone l'album in un solido arrocco. La varietŕ e la qualitŕ della produzione non possono che lasciare soddisfatti, e anche la valorizzazione di ogni strumento, in particolare del basso, č qualcosa che lascia poco spazio alle lamentele. Il disco č un gioiello restio a sbocciare, vuole essere difficile da apprezzare appieno e necessita di attenzioni e ripetuti ascolti; ha la capacitŕ di tenere per sé il meglio, concedendosi poco per volta. Č conscio del fatto che anche se il suo profumo possa sembrare solo una strana fragranza a primo impatto, una volta rapiti i vostri sensi non potrete piů farne a meno e lo cercherete per tutti i campi in cui vedrete boccioli in fiore.
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14
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(grazie anche al fatto che lavoro da casa e quindi..musica a manetta)...adesso mi sto propinando la discografia dei TC.
Questo č veramente bravo, tecnico il giusto ma soprattutto mai noioso!! |
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13
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Tranquillo,sono io il primo a scherzare. Č solo che ormai si litiga ovunque,anche quando si parla di musica o di argomenti piů leggeri e quindi sono sempre guardingo.
Rimane il fatto che,siccome odio la batteria programmata,speravo ci fosse un batterista. |
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12
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Dai Vortex che scherzavo. Alludevo al fatto che per rispondere si sarebbe potuto inviare un meme di Alberto Sordi piuttosto famoso. Se lo scherzo non č riuscito, mi scuso. |
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11
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Era necessario essere cosě poco gentili per dare un'informazione di cui non sei nemmeno certo al100%? |
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10
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La batteria la suona Stocazzo, direbbe Alberto Sordi. Č programmata, se non erro. |
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9
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Scusate l'ignoranza ragazzi ma la batteria chi la suona in questo album? |
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8
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Semplicemente meraviglioso, da ascoltare un po di volte per cogliere le mille sfumature, voto 80 |
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7
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Preso tre giorni fa, questi non sbagliano un colpo. Probabilmente il loro disco piů 'fruibile' ma quello che conta č che la qualitŕ artistica resta sempre alta. A gusto personale lo metto un gradino sotto a Geometria e a Sgurr, poco importa c'č qualitŕ e varietŕ e il disco fila via liscio come l'olio. Menzione obbligata per A valosag, Veto e Embersolyom ma per me sono tutte di buonissimo livello. Molto brava Martina, bella voce senza mai essere stucchevole o piatta. Voto 80, ma potrebbe salire con gli ascolti. |
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6
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Mi sta piacendo un pochino meno dei precedenti, mi sembra manchi qualcosa nella parte centrale... ma il livello č comunque molto alto. Traccia 2 spaventosa, indescrivibile. |
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4
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Magnifico. Alla fine della seconda e dell’ottava traccia mi sono commosso. |
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2
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Un passo indietro rispetto all'ottimo precedente, noioso. Voto 55. |
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Tamás non ne sbaglia una; altro disco da incorniciare! |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. A Bolynellagás Ideje 2. Tsitsushka 3. Embersólyom - Kaláka 4. Számtalan Színek 5. A Valóság Kazamatái 6. Kék Madár (Négy Kép) 7. Napút 8. Vető 9. Szélvész
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Line Up
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Tamás Kátai (Voce , Chitarra, Basso, Tastiere, Programmi)
Musicisti ospiti: Martina Vernellaika Horváth (Voce nella traccia 1,3,7,8) Gyula Vasvári (Voce nella traccia 9) Zoltán Kónya (Voce nella traccia 1) Badó Réti (Basso fretless nella traccia 2) Vajk Kobza (Oud nella traccia 3,5) Gábor Drótos (Violoncello, Viola, Violino, Chitarra nella traccia 4) Marilú Theologiti (Violoncello nella traccia 5) Zoltán Pál (Trombone nella traccia 2) Péter Jelasity (Sassofono nella traccia 2) Sándor Szabó (Quena nella traccia 6) P. W. Hermann (Voce nella traccia 2)
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RECENSIONI |
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