|
08/10/24
SIBERIAN MEAT GRINDER + GUESTS
FREAKOUT CLUB - BOLOGNA
|
|
GOD IS AN ASTRONAUT + ELECTRIC SARAJEVO - Orion Live Club, Ciampino (RM), 13/09/2014
17/09/2014 (2423 letture)
|
Dopo esserci clamorosamente persi, sempre più o meno nello stesso periodo, il concerto dei God is an Astronaut del 2013, quest'anno abbiamo ben pensato di muoverci per tempo. Con la solita organizzazione magistrale, siamo riusciti a prendere i biglietti non il giorno stesso, ma addirittura il giorno prima. Sottile ironia a parte, vista la vicinanza della location da casa, la buona location e il calibro degli headliner, abbiamo giudicato l'appuntamento semplicemente imperdibile. Come sempre, l'Orion rappresenta una sicurezza come sala concerti: un ambiente raccolto, non dispersivo e dalla buona acustica, che quasi da qualsiasi punto ci permette di vedere bene il palco e i musicisti. La serata inizia nel migliore dei modi e la fila è gestita abbastanza bene: l'area esterna all'aperto dell'Orion è allestita bene e sono presenti diversi tipi di birra, sia alla spina che in bottiglia, panini e biliardino. Insomma, se il banchetto del merchandising non fosse stato carente come al solito, avremmo potuto definire la situazione davvero ottimale. All'interno, fin da subito, l'affluenza del pubblico è buona e quando gli Electric Sarajevo salgono sul palco anche i posti a sedere, tra scalini e pouf in stile moderno, sono pieni. L'atmosfera è veramente piacevole, calda e incredibilmente adatta. Il buio e le luci colorate che spaziano dal blu chiaro al blu notte creano un ambiente astrale, degno del gruppo che il posto andrà ad ospitare.
ELECTRIC SARAJEVO Ad aprire la performance degli headliner ci pensano i romani Electric Sarajevo, formazione post rock con alcune influenze più elettroniche e synth pop. I brani proposti dal gruppo sono piacevoli e offrono buoni spunti, ma soffrono tutti dello stesso problema: semplicemente non decollano mai. Il genere suonato dal gruppo di spalla è decisamente diverso da quello degli irlandesi, più oscuro ed ermetico, a tratti più ripetitivo (non inteso come difetto, ma proprio come scelta stilistica) e di conseguenza crea più freddezza che calore. Le canzoni si susseguono lasciando delle sensazioni particolari nell'animo dell'ascoltatore, ma si ha la continua sensazione che manchi il salto di qualità, il momento di spicco in cui veniamo realmente conquistati dalla musica e il muro della razionalità viene distrutto. Ad aggravare la performance che non ha spiccato per incisività ci sono stati alcuni fattori: in primis la mancanza di una batteria vera, sostituita da una campionata. Ne risulta un sound non troppo coinvolgente e che dà (per ovvi motivi) ben poca impressione di essere ad un concerto dal vivo. Successivamente, non so se volutamente o meno, i volumi e l'equalizzazione della voce e delle due chitarre sono diventati un po' sbilanciati. Voce poco presente, quasi distante, e chitarre invece ossessive, che tendevano a coprire il resto con dei suoni oggettivamente opinabili: piuttosto bene le timbriche pulite, decisamente da rivedere quelle distorte ed effettate. Una performance senza infamia e senza lode, aggravata da qualche errore tecnico (fonici, ancora microfoni che fischiano nel 2014?) e graziata da alcuni spunti piacevoli. C'è però del lavoro da fare per andare oltre la sufficienza!
GOD IS AN ASTRONAUT Non passa molto tempo per il cambio palco e, dopo una breve pausa all'aria aperta, si torna all'interno dell'Orion. Con facilità riusciamo a infiltrarci nella folla e senza problemi torniamo alla meravigliosa posizione dalla quale ero riuscito a sentire anche gli Anthrax in maniera ottimale. La seconda fila a sinistra offre infatti un'ottima visuale, anche per le foto, e permette di godere anche di una buona porzione di spazio. Le luci si abbassano e con tranquillità fanno il loro ingresso sul palco gli irlandesi, fra gli applausi e le urla di tutti (eccetto me che, probabilmente, da un gruppo così eclettico mi sarei aspettato un'entrata un po' più scenica). Bastano le poche note d'apertura di When Everything Dies, comunque, per levarmi dalla testa ogni pensiero ed ogni ombra di pignoleria. La canzone è una certezza come apertura e, grazie alle atmosfere profonde, crea l'ambiente che tutti ci aspettavamo dai God is an Astronaut: un lungo viaggio astrale, fra luci, suoni e sensazioni dettate dall'inconscio. Subito dopo, con Transmissions, il quartetto irlandese spinge sull'acceleratore e propone uno dei migliori brani dell'ultimo Origins del 2013. I suoni vengono spezzati, ricomposti e il post rock proposto risulta ancora più moderno, senza mai perdere però l'impronta stilistica tipica del gruppo. Per non far perdere di mordente una partenza degna di nota, segue All is Violent, All is Bright, title track dell'omonimo capolavoro del 2005. L'alternanza fra nuovo e vecchio va avanti per tutto il concerto: la maggior parte delle canzoni in scaletta, infatti, verrà presa dagli ultimi due dischi citati. Fra i brani proposti alcuni spiccano sopra gli altri: Echoes ci fa rendere conto quanto sia enorme la differenza tra una batteria vera e campionata, poiché la spinta emotiva è nettamente diversa rispetto agli Electric Sarajevo; The End of the Beginning è un autentico salto nel passato, cioè negli esordi del gruppo del 2002, mentre Forever Lost è la grande traccia che tutti aspettavano, annunciata e acclamata. Proprio durante quest'ultimo brano l'atmosfera nella sala si appesantisce un po', non in termini di sonorità, ma in termini di sensazioni. Guardandomi un po' attorno, ho visto che le espressioni di molte persone erano più assorte e profonde. Anche i movimenti erano ridotti, ognuno era più sulle proprie, concentrato nell'ascolto. Passano alcune altre canzoni prima di un annuncio più lungo del solito: i God is an Astronaut parlano di nuove canzoni, nuovo album e presentano Dark Passenger. La nuova composizione degli irlandesi trasmette un senso di frustrazione e rabbia, mostrandoci un volto più oscuro e pesante del gruppo. L'evoluzione è ben strutturata e sul finale tutto esplode in una manifestazione di violenza che raramente avevo visto dal gruppo. Senza dubbio una traccia interessante che apre la possibilità a qualcosa di diverso. La serata giunge alfine al termine e l'ambiente caldo e coinvolgente lascia spazio alle ultime canzoni del gruppo: segue Red Moon Lagoon, tratta sempre da Origins, che trasmette una sorta di insicurezza e un vago senso di ansia. La coraggiosa scelta dei suoni è parte integrante di una traccia difficile da mandare giù al primo ascolto, ma sicuramente particolare e che si apprezza con gli ascolti successivi. Suicide by Star è una delle canzoni più acclamate dal pubblico, perfetta per la conclusione di un concerto grazie anche ad un finale che presenta dei pattern di batteria che sfiorano il death metal, con una grancassa martellante e velocissima. L'incredibile varietà sonora offerta nella serata torna alle origini con la conclusiva Route 666, dalle marcatissime influenze elettroniche e dal synth che ricopre un ruolo da protagonista nella canzone. Tutto finisce quindi da dove è iniziato: i God is an Astronaut siglano la fine del concerto, non a caso, con un brano tratto dal loro esordo The End of the Beginning.
L'acustica del locale è stata ottima, proponendo un impatto ricco e dalle frequente ottimamente modulate, cosa non facile considerata la varietà sonora del gruppo e del genere. La sezione ritmica composta da Lloyd Hanney alla batteria e Niels Kinsella al basso potrebbe quasi fare musica da sola, risultando impeccabile e decisamente espressiva. Torsten Kinsella alla voce e alla chitarra risulta invece molto statico, un po' spento, ma sicuramente pulito e preciso. Re indiscusso del palco è invece il multistrumentista (tastierista e soprattutto chitarrista) Jamie Dean, che salta, fa headbanging e non sta fermo un attimo. L'elemento che più in assoluto trascina il gruppo e che si avvicina continuamente al bordo palco inchinandosi verso la gente. Jamie distrugge la barriera e la freddezza tra gruppo e pubblico, lanciandosi nell'arco del concerto ripetute volte di sotto dal palco con dei lunghi salti in mezzo alla folla: suona la chitarra e si scatena nei momenti più spinti in mezzo ai ragazzi. Come se non bastasse passa dalla sei corde alle tastiere, al mixer, agli effetti elettronici come se nulla fosse, suonando più cose insieme in maniera incredibilmente versatile.
Data la complessità musicale mi sarei aspettato qualcosa di più freddo, distaccato e riflessivo, tuttavia i God is an Astronaut sono riusciti a incantarci, come fanno sempre, in maniera calda, profondamente sentita e veramente trascinante. Nonostante per la serata sperassi in qualche luce o qualche effetto visivo in più, non si può proprio dire che l'evento mi abbia deluso. L'anno scorso i pionieri del post rock sono venuti all'Orion a Ottobre e quest'anno a Settembre. Ho la vaga impressione di sapere dove sarò, in una delle sere di questo periodo, l'anno prossimo.
SETLIST GOD IS AN ASTRONAUT 1. When Everything Dies 2. Transmissions 3. All is Violent, All is Bright 4. Reverse World 5. Echoes 6. Spiral Code 7. Remembrance Day 8. The End of the Beginning 9. Fragile 10. Calistoga 11. Forever Lost 12. Worlds In Collision 13. The Last March 14. From Dust to the Beyond 15. Dark Passenger 16. Fire Flies and Empty Skies 17. Red Moon Lagoon 18. Suicide by Star 19. Route 666
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
1
|
Concerto immenso, sempre più bravi , era il mio terzo concerto e l'anno prossimo probabilmente sarò di nuovo in prima fila! Ho speso tutto al banchetto del merchandising da vero nerd Gli Electric Sarajevo sono stati una bella sorpresa, penalizzati dai suoni, ma i brani non erano niente male! |
|
|
|
|
|
|
|
ARTICOLI |
|
|
|
|
|
|
|
|