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ARKONA - Caos e templi interiori
02/02/2018 (2075 letture)
Per gli amanti della scena folk/pagan metal, Masha "Scream” Arkhipova non ha certo bisogno di presentazioni, ma c’è da dire che una band iconica quale gli Arkona sa distinguersi per la sua peculiarità (e frequenza nei live in terra italica) anche tra i non appassionati del genere. A supporto del nuovo arrivato Khram, l’energetica moscovita si è concessa ai nostri microfoni per un interessante approfondimento sui contenuti dell’album e qualche riflessione su passato, presente e futuro della band…

Akaah: Ciao Masha, benvenuta su Metallized e grazie per volerci concedere quest’intervista! Partiamo subito parlando della vostra ultima uscita, Khram. Sei soddisfatta dell’album e del feedback sinora ricevuto dai vostri supporter e dalla critica?
Masha: Ciao, piacere mio, sono contenta di conoscerti! Devo dire che sì, siamo soddisfatti, abbiamo ottenuto esattamente ciò che volevamo. Quest’album sicuramente rappresenta qualcosa di inaspettato, soprattutto per i nostri fan di più lunga data e abbiamo notato come sia piaciuto solo ad una parte di loro, mentre il resto non l’ha ben accolto, preferendo invece quanto abbiamo pubblicato in passato. Il come la gente giudicherà una nostra uscita, tuttavia, non è la nostra prima preoccupazione, lavoriamo soprattutto e prima di tutto per noi stessi. Ad ogni modo, ci fa molto piacere che ci sia parte del nostro pubblico che ha reagito positivamente a Khram!

Akaah: L’artwork del disco include una misteriosa figura bicefala. Ascoltando l’album e leggendone i testi, per qualche motivo mi è venuto da pensare che tale figura abbia qualcosa a che fare con quello scontro tra gli opposti che molte persone provano e si ritrovano ad affrontare nella vita. Può esserci qualcosa di vero, in tutto questo? Che significato ha per te?
Masha: Sì, l’hai interpretata bene! La figura in copertina riflette il contenuto dell’album. Quest’entità bifronte vive all’interno di ognuno di noi ed è continuamente in lotta con il suo opposto, creando caos all’interno delle singole persone. Nell’artwork, quest’entità taglia la propria carne e mostra il suo lato interiore, che appare come un universo dove regna un caos assoluto, quello che creiamo noi stessi al nostro interno. Noi abbiamo semplicemente rilasciato tutto questo caos all’esterno. La figura bifronte è una sorta di nostro ‘tempio interiore’ (il titolo stesso del platter significa Il tempio, NdR) che in alcuni momenti ci mostra il nostro mondo attraverso la sua carne, e in altri apre i cancelli di tale tempio, facendo germinare l’intero universo dal caos. Tutto è interconnesso, interagisce con tutto e ruota in circolo, creando il movimento di tutto ciò che esiste nell’universo.

Akaah: Khram e il suo predecessore Yav sembrano non avere molto da spartire tra loro. Per cui ti chiedo, è stata solo una coincidenza che, dopo un album dedicato al Yav, in questa release abbiate dedicato sia intro che outro a Mara, dea del Nav? O c’è qualche sorta di collegamento tra le due uscite?
Masha: I due dischi non hanno in comune granché, né musicalmente, né a livello di testi. L’idea dello Yav indubbiamente può essere parte integrante di una canzone, ma come dicevi è solo una coincidenza, il concept di Khram è del tutto differente e per noi queste due produzioni sono state create in modi del tutto differenti, con diverse atmosfere e diversi significati. Molti dei nostri fan, a loro volta, credono che Khram sia un’estensione di Yav, ma non è affatto così!

Akaah: Avete presentato il singolo Chasing the White Shadow optando per un video animato piuttosto particolare, che include rune dell’ipotetico antico alfabeto precristiano Boyanovitsa. Cosa vi ha spinto a questa scelta?
Masha: Abbiamo scelto questo brano per il video, perché avevo già chiaramente in mente come realizzarlo. A dire la verità, non mi mancavano spunti nemmeno per Kissing the Life ma, essendo quest’ultima una traccia da oltre diciassette minuti, non sarebbe stata l’ideale per una clip del genere.
Come già anticipato in fase di presentazione di Chasing the White Shadow, l'alfabeto Boyanovitsa è ipotetico, per cui non sappiamo per certo se sia mai stato usato davvero. Il 50% degli studiosi considera ogni ritrovamento di rune ad esso legate come un falso, creato in tempi moderni, ma l’altro 50% continua a considerare valida la teoria secondo la quale queste rune hanno origini molto antiche, mettendo anche in discussione le fonti scientifiche, che a mio giudizio sono quelle più affidabili. Pertanto, ho deciso di utilizzare questo alfabeto nel video ricollegandomi al significato della canzone, che può essere interpretata come un inseguimento di ciò che non esiste, dove quest’ultimo va inteso come qualcosa che non esiste da un punto di vista scientifico, ma che ‘esiste’ dal punto di vista ipotetico e di quelle persone che vi credono. Al termine del brano, le varie rune compongono quindi la frase all’inseguimento dell’ombra bianca.

Akaah: Rimanendo su questo tema, i testi degli Arkona fanno spesso riferimento al paganesimo, alla mitologia e al folklore slavo. Che ruolo ha tutto questo per te, al di là dell’ispirazione che ti fornisce nel comporre? Sono un tuo interesse personale, di studio, di vita, o più semplicemente solo parte della tua eredità culturale?
Masha: Ho passato sinora tutta la mia vita alla ricerca di me stessa, dato che questo è l’eterno ciclo della vita, e mi imbatto continuamente in fatti e cose molto interessanti. Li trovo quando succede qualcosa di particolare, quando scopro qualcosa di nuovo, sia materialmente che mentalmente. Chiaramente, come già anticipavi, fa tutto parte della mia eredità culturale, ma man mano che vado avanti con la mia esistenza riesco a capire tutto in maniera più approfondita.
Il concetto di paganesimo non si limita solo al modo di vivere, è una filosofia profonda che si incorpora nell’attitudine di una persona, e tale filosofia non ha nulla a che vedere con la religione o con alcuna moda moderna. Pertanto, uno può essere uno sciamano, un poeta, un artigiano o un operaio, l’importante è comprendere i propri standard di vita, determinare i propri principi e seguire le proprie tradizioni e punti di vista, senza appoggiarsi agli altri. Chiaramente, io cerco di trasmettere tutto questo attraverso la mia musica e comunicare con coloro i quali hanno seguito questa strada e mi comprendono.

Akaah: Ciò sembra accadere anche in Khram, nel senso che se si fa attenzione ai testi di brani quali A Child Without a Name o In the Hands of Gods, sembra proprio che tu abbia utilizzato come ispirazione emozioni, sentimenti e memorie tue personali, e molto umane. Sono sensazioni che ti ispirano all’improvviso, o sono tematiche, quelle umane, qualcosa su cui ti capita di riflettere più a lungo?
Masha: Di nuovo, le tue osservazioni sono corrette: i miei testi sono caleidoscopici e si basano su molti aspetti dell’esistenza. All’interno dello stesso Khram sono molti i temi affrontati, ma quello attorno al quale ruota tutto è l’esistenza umana, l’interazione umana nel mondo e con l’universo, passando dalla cosmogonia e dal caos alle difficoltà interiori che minano i valori delle persone e alla mia percezione dell’universo. In una parola, descrive il ‘tempio’ di cui parlavamo prima.
Chiaramente, l’ispirazione per i miei testi è frutto di molte riflessioni specifiche, che danno vita ai concetti cardine che andranno a sostenere il pezzo, e poi al testo vero e proprio. Penso molto, la mia vita è piena zeppa di pensieri, riflessioni immagini, non mi lasciano libera un secondo! Posso solo cercare di ignorarli in qualche momento, ma quando rimango sola essi fanno ritorno, e non me ne posso liberare. Per cui, è naturale che diano vita ai testi che scrivo.

Akaah: Come nasce un brano degli Arkona? Avete un metodo consolidato da seguire?
Masha: Tutto ha origine dall’ispirazione. Non so mai quando una nuova traccia mi entrerà nella mente, può capitare in ogni momento e in ogni luogo, ed è per questo che devo sempre avere con me un computer o un registratore, per non trovarmi impreparata quando accade. Solitamente utilizzo Cakewalk Pro Audio per tutti i pezzi, li creo e dò vita ad arrangiamenti che poi passo agli altri membri degli Arkona affinché ci possano lavorare e imparare le loro parti. Per cui sì, il processo ormai segue degli standard ben definiti.

Akaah: A marzo sarete di ritorno in Italia, una meta che avete scelto spesso negli ultimi anni per le vostre esibizioni. Che rapporto avete con il pubblico del Belpaese?
Masha: È sempre davvero un grande piacere suonare nel vostro Paese! Abbiamo parecchi fan italiani, e sono sempre molto contenta di esibirmi in Italia, di fronte ad un pubblico impazzito! Mi è sempre piaciuta la mentalità italiana e la vostra capacità di creare sempre un’atmosfera accogliente e calorosa, ogni volta e apprezzo come l’Italia sia uno di quei paesi in cui si riesca ad entrare più facilmente in contatto con i supporter a lato dei concerti, ritengo sia una parte importante della connessione creativa che si crea tra musicisti e audience. Non vedo l’ora di tornare lì a suonare!

Akaah: Gli Arkona sono oramai attivi da quasi 15 anni. Da fondatrice della band, come pensi si sia evoluta negli anni? C’è niente che rimpiangi o che ti ha reso particolarmente orgogliosa in tutto questo tempo?
Masha: Siamo in continua evoluzione, sia mentalmente che creativamente, e continuiamo ad imparare come sviluppare la nostra musica. Ci sono molte differenze tra la band di oggi e degli esordi, le nostre visioni sono cambiate, il nostro approccio a ciò che facciamo si è modificato, e penso proprio che continuerà a farlo. Ma ciò che è stato fatto è egualmente importante per noi perché, come si suol dire, non ci sarebbe alcun presente senza il passato, ed è inutile dire che senza il presente non sapremmo nemmeno come muoverci in futuro. Per questo siamo molto soddisfatti e guardiamo avanti, molto è stato fatto, ma molto è ancora da fare…

Akaah: Per chiudere, rimanendo sempre sul tema della vostra carriera, ti chiedo: dal vostro punto di vista di band russa, com’è stato emergere sulla scena, prima europea e poi internazionale?
Masha: Non ricordo ogni dettaglio dei nostri esordi, ma devo dire che ci siamo sempre concentrati sulla musica, e non sulle difficoltà. Molto è andato liscio anche grazie al fatto che la nostra proposta musicale è originale e creativa, e che l’abbiamo sempre potuta creare con assoluta libertà. Senza dubbio ci sono stati dei momenti di debolezza, ma penso che sia naturale all’interno di una carriera artistica. Abbiamo continuato ad evolverci e a provare molto, per migliorarci sia nella tecnica esecutiva che nelle nostre performance dal vivo, in modo tale da mantenerci sempre attivi e crescere. Penso siano questi gli aspetti più importanti del nostro lavoro di squadra.

Akaah: La nostra intervista si chiude qui, grazie per il tuo tempo, è stato un piacere! Vuoi aggiungere ancora qualcosa?
Masha: Ho sempre un unico desiderio: rimanete quel che siete, seguite il vostro cuore e la vostra strada! Continuate a seguirci, a leggere le notizie che ci riguardano e a venire ai nostri concerti, non vedo l’ora di rincontrarvi di nuovo!



Roadie
Sabato 3 Febbraio 2018, 17.00.03
3
@ObscureSolstice i suoni folk campionati ce li hanno solo ad inizio carriera, poi hanno recuperato Hi metalhead!
ObscureSolstice
Sabato 3 Febbraio 2018, 15.01.25
2
hi brotheeeeeeeeeeeeeeeeer !!! ma vada via al chiù! col suo pellicciotto di volpino, bah mai piaciuti soprattutto da quando ho visto il gran appiglio che aveva appena hanno fatto il botto co quei suoni folk campionati, non ci hanno messo molto a spopolare. False folk metal, hanno aumentato la loro componente pagan..potrebbero essere rivalutata la loro figosità mainstream, ma l'ho ascoltato l'ultimo e non mi ha lasciato granchè, i racconti di tradizione slave le preferisco da altre band meno calcolate che non riescono a spopolare come i suddetti russi e dall'inferiore qualità
Roadie
Sabato 3 Febbraio 2018, 11.23.08
1
Gli Arkona sono dei grandi. Bella intervista, grazie. Hi metalhead!
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Arkona - L'intervista
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La band
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La copertina di Khram
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Masha
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