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HARAKIRI FOR THE SKY - Dopo che tutto è bruciato, si può voltare pagina
04/03/2018 (1442 letture)
A pochi giorni dalla loro attesa, nuova calata italica, ecco ai nostri microfoni uno dei due mastermind degli Harakiri for the Sky, Michael "JJ" V. Wahntraum, che, impegnato in una massiccia campagna di promozione della loro ultima fatica Arson, ci ha raccontato un po’ che aria tiri a casa degli austriaci e spiegandoci alcune delle dinamiche che hanno reso quest’ultimo album il più maturo della loro discografia…

Akaah: Ciao Michael e benvenuto su Metallized! Cominciamo subito parlando della vostra ultima fatica, Arson. Il disco dà l’impressione che gli Harakiri for the Sky siano maturati e abbiano fatto diversi passi avanti, sei soddisfatto del risultato finale?
J.J.: Ciao! Sì, con Arson siamo maturati: la musica è più curata e pianificata, sia dal punto di vista strumentale che dei testi. Se posto a confronto con i nostri primi tre album, indubbiamente Arson è il più eclettico, un platter ricco di influenze molto diverse tra loro. Inoltre, abbiamo fatto passi avanti anche a livello di produzione: il tutto suona finalmente come lo abbiamo sempre desiderato, per cui abbiamo davvero dato vita al miglior disco possibile ora come ora.

Akaah: Come mai avete scelto come titolo una parola significativa come Arson (incendio doloso, NdR)?
J.J.: È stata scelta perché racchiude in sé tutto ciò di cui questo full-length si fa portatore. Personalmente, sono ossessionato dalle parole che singolarmente hanno un forte significato, quali “estraneazione”, “allineamento”, “nato morto” (stillborn, NdR), “raccolto”, eccetera. Per cui Arson è semplicemente una di quelle e descrive con precisione le canzoni in esso contenute. Con questi pezzi e i rispettivi testi, infatti, abbiamo dato fuoco al nostro mondo. Chiamerei infatti proprio un "incendio doloso" il nostro infastidire tutti con avvenimenti traumatizzanti e il nostro narrarli e narrarli, creando immagini residue che distruggano ogni cosa e non si lascino alle spalle null'altro che cenere. Infatti, come dopo un vero incendio, è proprio dalle ceneri che prende vita qualcosa di nuovo, solamente dopo che tutto è bruciato si può voltare pagina. La vita non può andare avanti se non dopo che tutto il passato è giunto alla sua conclusione.

Akaah: Nell’album avete inusualmente anche deciso di avvalervi di un batterista ospite, niente meno che Kerim "Krimh" Lechner (già membro dei Septicflesh e Decapitated. Cosa vi ha portato a questa scelta?
J.J.: Krimh è un batterista fantastico, uno dei migliori che abbiamo in Europa. Senza dubbio il fatto che non abiti molto lontano da noi ha aiutato, ma non è stato il motivo per cui l’abbiamo scelto. È stato selezionato semplicemente perché è un davvero un professionista ed un eccellente batterista, nonché perché ha dimostrato di apprezzare i nostri brani. Sono queste le ragioni che lo hanno portato a diventare parte di quest’uscita.

Akaah: Qual è il significato dei due artwork che avete scelto per la versione standard del disco e per il boxset a tiratura limitata?
J.J.: Il secondo artwork, quello del boxset, è stata un’idea della nostra etichetta e dei nostri promoter per renderlo ulteriormente ricercato, dato che è a tiratura limitata. Ad ogni modo, c’è una stretta relazione tra i testi e le copertine: gli animali hanno un grande valore estetico e rappresentano una sorta di metafora delle nostre lyrics, dato che la natura, come la vita, ha molte sfaccettature. Pertanto animali come i cervi che lottano, la volpe morta o il corvo legato si adattano perfettamente ai contenuti racchiusi nei rispettivi dischi. Lo stesso si può dire del gufo, pensando a quanto lo si giudichi animale dotato di grande saggezza e capacità d’intuizione.
Se si considera il concetto di incendio di cui parlavamo prima, ecco che ciò si ricollega al fatto che l’umanità un giorno finirà con l’estinguersi e a quel punto la lotta tra natura e civilizzazione giungerà alla sua conclusione definitiva.

Akaah: Come nasce una tipica canzone targata Harakiri for the Sky? Seguite un metodo rodato, o negli anni è cambiato qualcosa nel vostro approccio compositivo?
J.J.: Tutto è nato e continua a nascere allo stesso modo, il medesimo dai nostri esordi. Il più dei pezzi prende vita quando M.S. ha ancora i postumi di una sbornia o quando torna a casa presto al mattino, ancora sbronzo. Sono queste le occasioni in cui scrive i migliori riff! Nemmeno io sono esente da questo approccio, non penso di aver mai scritto più di qualche riga da sobrio!
Una volta che M.S. ha completato la pre-produzione di un pezzo, ci incontriamo, oppure me lo inoltra via mail, così che io possa occuparmi del testo. Come detto, il metodo è sempre stato questo e penso sia quello che funziona meglio di tutti. Ci manteniamo comunque sempre tassativamente separati: lui compone, io mi occupo delle lyrics.

Akaah: Sia tu che M.S. siete e siete stati attivi in molti altri progetti musicali. Lo trovi qualcosa di stimolante o una sfida a tratti anche complessa da gestire? Normalmente, per quanto ti riguarda, segui per i side-project lo stesso processo di scrittura e registrazione dei pezzi che utilizzi per gli Harakiri for the Sky?
J.J.: Ti dirò, sono sempre stato un compositore. Con il progetto Karg, ad esempio, faccio tutto da solo e mi sono occupato di tutto, registrando nel mio salotto, fino al 2014, quando è uscito Malstrom. Per il successivo Weltenasche ho optato per registrare con M.S. nel suo studio e farò lo stesso con il prossimo Dornenvögel, che uscirà in autunno.
In generale, comunque, ho sempre tempo ed energie per lavorare a nuove canzoni, a prescindere da quali siano. Quello che mi manca è invece l’energia per avere una seconda band live, ed è questa la ragione per cui esibirmi dal vivo con gli Harakiri for the Sky mi è più che sufficiente. Il resto rimarrà limitato allo studio.

Akaah: Tornando proprio agli Harakiri for the Sky, tutti i vostri album sono stati pubblicati via Art of Propaganda, che coincidentalmente è anche la label degli Anomalie, Seagrave e Karg. Come consideri questa relazione così duratura, sei soddisfatto di lavorare con loro?
J.J.: Sì, Sven della Art of Propaganda è diventato un nostro buon amico negli anni. Grazie a lui abbiamo sempre goduto di molta libertà nel creare la nostra musica ed è sempre molto aperto anche alle idee più particolari. Si preoccupa di cosa sia meglio per la band, non per il suo portafoglio. E non è di certo qualcosa che molti altri sarebbero disposti a fare. È anche per questo che abbiamo continuato a lavorare con lui.

Akaah: L’anno scorso siete stati in tournée con i vostri conterranei Ellende e alcuni dei vostri membri live fanno parte degli Anomalie, altro gruppo austriaco. Per questo ti chiedo, all’interno della scena post black e black del tuo paese, sentite una connessione che vi lega ad altri progetti musicali e che vi porta a condividere con loro tempo ed idee, o più banalmente è tutta questione di amicizie comuni e conseguenza di una geografia limitata?
J.J.: Penso che si debba tutto al fatto che ognuno di noi voglia dar vita al proprio particolare progetto e creare le proprie canzoni peculiari, come nel caso dei Karg, i cui pezzi sono scritti in tedesco austriaco, differente dal tedesco standard, e con una produzione molto raw, o degli Anomalie, il cui stile si riallaccia a quella corrente ritualistica ed occulta del black contemporaneo.
Ma è vero, i tre gruppi hanno davvero molto in comune e ad esempio gli Ellende, che sono pura essenza post black metal, sono una delle band al mondo che personalmente preferisco. Tutte queste formazioni fanno parte di una sorta di ‘circolo’, per cui ci piace condividere il palco tra noi. Poi certo, ci siamo trovati, come dicevi già tu, anche perché l’Austria dopo tutto non è così grande. A Vienna, più o meno chiunque sia un musicista metal conosce di persona i membri delle altre band. Salisburgo, da cui proveniamo io e M.S., è ancor più piccola ed è anche per questo che ci conosciamo così bene da almeno una dozzina d’anni.

Akaah: Il vostro tour europeo a supporto di Arson partirà a breve e di certo non si può dire che negli ultimi anni gli Harakiri for the Sky siano stati una band avara a livello di concerti. Vi siete sempre trovati a vostro agio, nell’esibirvi dal vivo e portare sul palco i vostri lunghi brani?
J.J.: Indubbiamente la situazione è migliorata concerto dopo concerto, con l’instaurarsi di una certa routine, ma devo dire che nemmeno agli inizi né io né gli altri ragazzi siamo stati particolarmente nervosi prima e durante gli show. Suonare di fronte ad un pubblico ci viene abbastanza naturale e penso che quest’elemento ci renda una buona formazione anche in live. Non pensiamo troppo a ciò che stiamo facendo, lo facciamo solo succedere!

Akaah: Tra qualche giorno farete per altro di nuovo tappa in Italia, che rapporto avete con i vostri fan italiani?
J.J.: Beh guarda, come tutti i sud europei anche gli italiani sono un pubblico davvero entusiasta, che davvero si fa prendere da ciò che trasmettiamo attraverso la nostra musica. Inoltre, mi pare onestamente che i tuoi connazionali abbiano apprezzato e supportato la proposta degli Harakiri for the Sky sin dagli esordi…

Akaah: Come ultima domanda, ti vorrei chiedere: complice il fatto che il vostro ultimo cambio in formazione risale al 2013, ti sembra di aver trovato il giusto equilibrio e metodo di lavoro, con i musicisti che ti e vi affiancano ora?
J.J.: Assolutamente sì. Ad esempio Mischa, il nostro batterista, è diventato un’ancora della band ed è sempre disponibile quando qualcuno ha bisogno di aiuto. Anche se, a parte M.S., non conosco gli altri ragazzi dagli inizi, in quanto non ci conoscevamo affatto, negli anni siamo diventati molto amici ed è davvero fantastico!

Akaah: Il tempo a nostra disposizione sta per finire, ti ringrazio ancora per la tua disponibilità e il tuo tempo!
J.J.: Grazie a te per la bella intervista!



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Harakiri for the Sky - L'intervista
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L'artwork di Arson
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