|
27/04/25
THE LUMINEERS
UNIPOL FORUM, VIA GIUSEPPE DI VITTORIO 6 - ASSAGO (MI)
|
|
SEBASTIAN BACH - La mia vita e gli Skid Row - La Recensione
01/04/2018 (7708 letture)
|
Per chi è cresciuto vivendo l’epopea degli eighties il nome di Sebastian Bach e quello degli Skid Row sono capaci di scatenare ricordi e sensazioni molto piacevoli, legati al culmine di una scena che ha segnato inevitabilmente un’epoca, lasciando alle proprie spalle un concentrato di edonismo, spensieratezza, ribellione tutto sommato individualista e nichilista, ma anche capace di raccontare un’epoca senza nasconderne difetti e contraddizioni. Gli Stati Uniti sono il centro mondiale di questa scena multicolorata e che dall’AOR di inizio decennio, arriverà fino allo street metal, attraverso il glam metal, concludendosi poi con le contaminazioni funk degli Extreme e dei Bang Tango, senza più fare ritorno, se non per i sopravvissuti, che ancora oggi calcano i palchi mondiali da protagonisti. Uno di questi è senza dubbio Sebastian Bach.
DA FAN A ROCKSTAR… IT’S A LONG WAY TO THE TOP La storia del cantante inizia alle Bahamas, prosegue poi in Canada e tocca il suo apice nel New Jersey e poi in tutto il mondo. Nella sua autobiografia il buon Sebastian non lesina di mettersi decisamente al centro dell’attenzione, attirando su di sé tutti i riflettori e lasciando agli altri il ruolo di comparse nella sua vita. D’altra parte, il titolo del libro nella versione italiana edita da Tsunami, è molto chiaro e non lascia adito a ulteriori interpretazioni. Il titolo originale 18 and Life on Skid Row, giocava invece molto di più sulla carriera del cantante nel gruppo che lo ha reso famoso, col classico singolo che ha fatto di una band di giovanissimi ragazzi in cerca del successo, una delle principali attrazioni mondiali del circo hard’n’heavy a cavallo tra due epoche. Ma Bach nel testo non ha intenzione di lasciare al lettore molto spazio al di fuori dell’angolo visuale personale e questo nel bene e nel male è ciò che caratterizza il racconto, fino alla fine. Tutto inizia quindi in una famiglia “normale”, quella di un pittore sposato che un bel giorno comincia ad ospitare un nuovo venuto al mondo, a cui viene dato il nome Sebastian. Siamo alle Bahamas, i proprietari di casa conducono una vita in perfetto stile hippie e il bimbo cresce tra canti armonizzati, amore viscerale per il padre (contate quante volte viene nominato rispetto alla madre) e un trasferimento in Canada che ne segnerà per sempre l’esistenza. Il bambino scopre presto di avere un talento naturale che lo porta nel coro della chiesa e da lì a vere e proprie esibizioni in pubblico, finché un bel giorno, anche se non è ben chiaro esattamente a che età, dato che la versione cambia radicalmente da una riga all’altra del testo, l’ormai teenager innamorato del sogno del rock, decide che deve trasferirsi a Toronto, per iniziare una carriera in ambito musicale. A quanto dichiarato, parliamo comunque di un’età tra i dodici e i quattordici anni. Arriviamo agli esordi con i Kid Wikkid e al naturale trasferimento negli States a seguito dei Madam X, quando ancora la maggiore età non è raggiunta, per poi arrivare al New Jersey e all’approdo in casa Skid Row, con i compagni di avventura della classica line up della band, Dave “Snake” Sabo, Rachel Bolan, Scotti Hill e Rob Affuso. In tutto questo, è evidente sin da subito come la determinazione e l’assoluta certezza che le cose dovessero necessariamente finire in questo modo non hanno mai ceduto di un centimetro nella testa di Sebastian Bach. La sua idea e volontà era quella di essere una rockstar e bisogna riconoscere che l’intento è perseguito in tutto e per tutto. Bach ci racconta le sue tecniche di riscaldamento e di canto, parla della composizione dei brani, della vita on the road -molto-, della sua passione per la corsa (10 Km, sempre) e della spensierata follia della scena metal dell’epoca, quando i milioni di copie di album si vendevano ancora, i Guns n’ Roses andavano in giro con i propri aerei in tour, Aerosmith, Kiss, Metallica, Bon Jovi, Motley Crue stavano vivendo un momento unico e gli Skid Row arrivarono al momento giusto, trovandosi semplicemente al centro di una scena enorme, col disco giusto e tre singoli destinati a fare il botto: Youth Gone Wild, 18 and Life e I Remember You. Canzoni che hanno segnato quegli anni e che indubbiamente sottolineavano l’immenso patrimonio vocale di Sebastian. Dieci milioni di copie vendute per un debutto sono davvero qualcosa di grande e d’improvviso i ragazzi si trovano coinvolti in eventi enormi: il contratto col prestigioso management di DocMcGhee, tour con Bon Jovi, tour con Motley Crue, tour con Guns n’ Roses e l’incredibile, folle, Moscow Music Peace Festival, organizzato come concerto contro l’uso di droga e alcolici dalla fondazione Make a Difference di proprietà di McGhee e tenutosi il 12 e 13 agosto 1989 a Mosca, in un momento di enormi cambiamenti storico-politici che avrebbero portato proprio in quei giorni al collasso dell’Unione Sovietica. Il cast fu davvero stellare: Skid Row, Cinderella, Scorpions, Motley Crue, Ozzy Osbourne, Bon Jovi e gli eroi locali Gorky Park, Nuance e Brigada-S. Naturalmente di questo evento clamoroso Sebastian racconta unicamente la propria visuale degli eventi e quella che fu una brutta esperienza che ci permette di mettere in luce un altro evidente aspetto del carattere del cantante: l’assoluta incapacità di accettare costrizioni alla propria volontà. Tutti sapevano che quel tour apparentemente benefico e che aveva come messaggio la lotta alle dipendenze, nascondeva in realtà band tra le più pericolosamente assuefatte ai peggiori vizi di tutto lo stardom, ma nessuno si era sognato di mettersi a lato del palco e scolarsi una bottiglia di whisky durante le esibizioni come ha fatto Bach, troppo occupato a vivere il proprio ruolo di cattivo ragazzo del rock’n’roll per rendersi conto che l’idea non era proprio geniale. All’intervento di Scott McGhee che gli porta via la bottiglia, fatto questo al quale il cantante sembra proprio non sapersi rassegnare, segue una febbrile ricerca all’interno dello stadio di un’altra bottiglia di liquore che finisce poi con una irruzione durante la conferenza stampa mondiale e alle urla contro McGhee che portano lo stesso Scott e alcuni bodyguard a prendere Bach e scaraventarlo a terra quasi a soffocarlo. Evidentemente, interrompere una conferenza stampa nel mezzo di un evento benefico urlando ubriachi “dov’è la mia fottuta bottiglia?” non è proprio l’idea del secolo. Diciamo che l’esuberanza e l’assoluta perseveranza con la quale Bach ci racconta le proprie esperienze da rockstar, che si concludono invariabilmente con la frase “ero molto giovane allora”, narrano anche di un circuito arrivato al massimo della propria opulente decadenza, nel quale tutti “pensano” di dover comportarsi in un certo modo, per essere all’altezza della situazione e guadagnarsi stima e rispetto dagli altri. E’ in effetti quasi paradossale, in questo senso, lo spazio che viene dedicato alle imprese diciamo “dionisiache” compiute dal cantante con altri membri di altre band, rispetto a quello che ci racconta della vita all’interno degli Skid Row. Dei suoi compagni sappiamo poco o niente e poco e niente viene raccontato per tutto il periodo che porta a Slave to the Grind. Sembra quasi che Sebastian si sentisse poco compreso o apprezzato dai suoi compagni di gruppo, decisamente più controllati e meno votati all’eccesso e alle pubbliche relazioni dell’esuberante cantante, che riesce anche in maniera molto sincera, a farci capire quanto il proprio carattere così costantemente borderline lo abbia reso velocemente molto celebre anche all’interno dello stardom, ma altrettanto abbia provocato grandi liti e incomprensioni con non poche solenni incazzature e ben più di una ripassata guadagnata da parte di band o loro guardie del corpo. Per quanto estremamente egocentrico, è innegabile che il racconto seguito sia anche molto sincero e assolutamente privo di filtri. Quello che è successo, il cantante ce lo racconta senza nessuna reticenza. E’ così che, fulmine a ciel sereno, a pagina 247, proprio nel mezzo del tour da headliner di supporto a Slave to the Grind con gli arrembanti Pantera di spalla, impegnati a rubare la scena agli Skid Row, veniamo a sapere che il gruppo stava andando a pezzi. Così, senza nessun preavviso. Dodici pagine dopo, il gruppo è sciolto. Dodici pagine nelle quali Bach ci racconta di come ha registrato un pezzo a casa di Ace Frehley, suo idolo di sempre, il preferito all’interno della band idolo di sempre. E’ solo a questo punto che vengono nominati Subhuman Race, il calo di popolarità, i tour semivuoti negli States e i problemi all’interno della band. La versione di Sebastian è chiara e i motivi sono alla fine dvariati, ma quello vero è che ad un certo punto, qualcosa si è messo nel mezzo tra lui e il resto della band e le cose semplicemente sono finite, in quel lontano 1996. La parte che segue, quella legata alla carriera da solista e al debutto a Brodway con Jekyll & Hyde, paradossalmente, è una delle più interessanti. Può sembrare incredibile, ma a forza di leggere quanti chili di coca si fa Tizio piuttosto che Caio, l’attenzione tende parecchio a calare, per quanto questo genere di backstage abbia sempre il suo pubblico appassionato. In realtà, immaginare un cantante heavy metal che cerca di rimanere immobile sul palco, mentre cerca di non far trapelare le proprie emozioni dando corpo a quelle di un personaggio con un copione da rispettare, è decisamente più divertente. Come molto belle sono le pagine dedicate a Jesus Christ Superstar e alla figura del compianto Carl Anderson, nonostante un finale della collaborazione non proprio idilliaco. Nell’ultima parte del libro il tono di Sebastian Bach nella narrazione cambia in maniera piuttosto evidente, pur continuando a parlare moltissimo di musica, che anzi diventa l’argomento principale. Sembra quasi che avvicinandosi alla sua reale età attuale, il cantante dismetta via via i panni della rockstar adolescente e indossi quelli del musicista navigato e dell’uomo. Arriva così il momento delle vere difficoltà legate alla carriera solista post-Broadway, l’11 Settembre, la morte del padre, le numerose trasmissioni televisive, il divorzio, l’uragano Irene che distrugge la casa nella quale aveva vissuto negli ultimi venti anni, la necessità di rifondare la propria vita dopo questa catena di eventi destabilizzanti, il trasferimento in California, la risalita, il nuovo matrimonio, l’amicizia con Axl Rose e diversi altri ex membri dei Guns fino alla loro reunion, gli atti di amicizia, le fregature rimediate, per concludersi poi con l’auspicio di una rifondazione degli Skid Row, affatto velato.
UN BUON LIBRO, UN ARTISTA DA VALORIZZARE La mia vita e gli Skid Row è insomma un libro che abbraccia i cinquant’anni di vita di Sebastian Bierk, in arte Bach, in maniera completa, sebbene abbastanza sbilanciata. Come prevedibile la parte da leone la fa la presenza negli Skid Row ma, come detto, l’angolo visuale è piuttosto peculiare e ristretto. Non fosse per qualche frase qua e là, sembrerebbe davvero che il cantante avesse vissuto quegli anni praticamente da solo e così ce li racconta, come una lunga serie di episodi ed eventi, molto divertenti o decisamente tristi, rabbiosi, malinconici, tutti vissuti in prima persona, sempre e comunque. Il quadro che ne emerge è quello di un fan sfegatato della Musica, in particolare della musica hard’n’heavy, che ha deciso di diventare una rockstar e non ha avuto pace finché non lo ha ottenuto, prendendosi anche diversi rischi e finendo spesso nei guai a causa del proprio carattere. Si legge apertamente il rimpianto per la fine degli Skid Row e per essere stato letteralmente estromesso dal gruppo e dalla vita degli ex compagni, come si legge benissimo la rabbia per non essere mai veramente stato considerato in maniera seria per il proprio talento di cantante e per l’aver contribuito in maniera forte anche da un punto di vista compositivo ai dischi della band e di altri progetti a cui ha partecipato. Non tanto e non solo da un punto di vista di royalties, ma proprio come consacrazione di artista completo, anche considerando il valore delle uscite da solista. Quel che è certo, è che se dovete fare una serata di baldoria Sebastian è il vostro interlocutore ideale, come sicuro è il suo amore sfegatato per la musica. Ma non fatelo bere troppo e sicuramente non dategli del whisky. A voi, scoprire perché in questo bel libro, che apre un sincero e sentito spaccato sulla vita di questo cantante, uno degli ultimi sex symbol metal e probabilmente una delle più belle voci del panorama mondiale a cavallo tra un’epoca dorata e morente e un’altra decisamente più incerta e, ad oggi, ancora tutta da scrivere.
::: ::: ::: RIFERIMENTI ::: ::: ::: AUTORE: Sebastian Bach TITOLO: La mia vita e gli Skid Row EDITORE: Tsunami Edizioni PAGINE: 381 PREZZO: € 22,00 ISBN-13: 978-88-94859-12-6
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
13
|
Se non lo avessero scritto che era bach, neanche se mi pagavano avrei detto che fosse lui .... c'è chi riesce a far trascorrere gli anni in modo quasi che il tempo non passi e chi invece gli anni li dimostra tutti. |
|
|
|
|
|
|
12
|
@TheSkull: ho avuto la stessa sensazione quando ho visto quel video. Non potevo credere che quella panza fosse la sua. |
|
|
|
|
|
|
11
|
@Rob (5): anche io ritenevo che fosse più belloccio che altro, anche se poi si sente che i numeri li ha. Ti confesso però che, proprio perchè lo ricordo sempre e solo così, sono rimasto quasi secco nel vederlo in "bulletproof" dei godsmack. Non solo è il classico bidonazzo a stelle e strisce, irriconoscibile, ma pure la voce... non perdertelo |
|
|
|
|
|
|
10
|
Come il post scritto qui sotto, gli Skid Row sono stati anche per una delle band che ha segnato gli anni più belli della mia vita. Di sicuro acquisterò il libro. |
|
|
|
|
|
|
9
|
Bell'articolo..io ho adorato gli Skid Row, mentre leggevo queste righe mi sono venuti alla mente ricordi di una parte della mia vita davvero felice ( una delle poche ehehe) con gli Skid che ne erano la colonna sonora..aha che tempi! Lui come singer era tanta roba, sul palco lo teneva bene eccome, una grande grande band veramente! |
|
|
|
|
|
|
8
|
Io penso che mi prenderò questo libro, essendo amante del genere,
ma non avendo vissuto il periodo, e mi stuzzica l'idea di
venire aconoscenza di aneddoti relativi a quell' epoca, cioà a come si "viveva"
veramene il tutto. |
|
|
|
|
|
|
7
|
Se mi capita a tiro lo leggerò, ho adorato gli Skid con Sebastian (in realtà solo Sebastian) e sono curioso di conoscere lati più oscuri o divertenti passati in secondo piano a suo tempo e quindi a me sconosciuti. La reunion l'attendo con ansia/speranza, ma non ci giurerei che avverrà mai. Seguo ora entrambe le carriere (Skid e Seb solista) con scarso entusiasmo; la reunion, qualsiasi sia il livello, credo che me lo farebbe ritornare...così è stato con i Guns e gli Helloween, ci conto anche per loro. |
|
|
|
|
|
|
6
|
@Rob: in realtà i motivi di interesse ci sono e sono diversi. Bisogna un po' superare l'ottica "Seb-centrica" all'inizio, poi va via bene e ci sono episodi molto divertenti, altri tristi e malinconici... devo dire che mi è piaciuto. Forse per assurdo la parte meno interessante è proprio quella legata agli Skid Row, vuoi perché già molto nota, vuoi perché troppo esageratamente anedottica sugli eccessi dello stardom e ripeto con scarso coinvolgimento degli altri, quasi non esistessero. Ma nel complesso come ho scritto e4 un bel libro. |
|
|
|
|
|
|
5
|
Dalla recensione mi pare di capire che non sia un libro che meriti di essere letto più di altri. Di Seb Bach ho un ricordo nitidissimo. I singoli del primo album mi piacevano, ma lui era troppo bello per essere preso sul serio. E così li snobbai. Quando uscì Monkey businnes e Slave to the grind mi resi conto che il gruppo era potentissimo e lui un cantante veramente bravo con una voce clamorosamente bella. E recuperai il tempo perduto |
|
|
|
|
|
|
4
|
Seb è stato un gran cantante e gran personaggio, ma di certo se gli Skid si sono separati è solo grazie a lui e alla sua stronzaggine. Soldi, milioni, per riunirsi li hanno già offerti ma gli altri degli Skid hanno rifiutato, chissà come mai..... In più oggi la band fa abbastanza schifo, col cantante che hanno adesso......, ma anche Seb è messo malissimo: bolso come non mai e la voce assolutamente sparita, dal vivo è uno strazio. Reunion???? No grazie mi tengo i ricordi della band che fu. |
|
|
|
|
|
|
3
|
Darò una lettura se mi capiterà a tiro,non sarei interessato ad un eventuale ritorno degli Skid Row (Adoro Slave e Subhuman race),servono nuove band di talento x rilanciare un certo tipo di rock (come successe nei primi anni '80),i vecchi gruppi hanno già dato.... |
|
|
|
|
|
|
2
|
.... gli skid row sono stati veramente una grande band e hanno reiterato il loro carisma nel movimento hair metal con tutti gli stereotipi del caso. Penso che molti si augurino un ritorno alla formazione originale con bach come frontman, ma fin quando una delle parti non farà un passo indietro, la reunion la vedo dura. A meno che tanti $$$ facciano cancellare i rancori .... e qui si entra in tutta altra storia. (Imho) |
|
|
|
|
|
|
1
|
Grande libro grande sebastian bach |
|
|
|
|
|
|
|
RECENSIONI |
 |
|
|
|
|
|
ARTICOLI |
 |
|
|
|
|
|
|
|