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26/04/25
HEAVY LUNGS + LA CRISI + IRMA
BLOOM- MEZZAGO (MB)
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METALLIZED CHARTS 2019 - Folk, Viking Metal
13/01/2020 (1508 letture)
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Questo 2019 è da considerarsi un anno intermedio per il movimento folk/viking metal. Dopo l’enorme boom di cui il genere è stato protagonista nella scorsa decade, la sua spinta propulsiva ha iniziato a cedere nell’ultimo biennio e quest’annata non inverte la tendenza. Ad eccezione di pochi nomi i maestri nordici del genere sono a riposo nelle scuderie, tocca quindi alle seconde e terze linee difendere il buon nome della scena, in un’annata che al contrario ha visto altri settori della musica estrema brillare per quantità e qualità della produzione. Tuttavia, nonostante il ristretto numero di uscite di rilievo fra queste brillano di luce propria alcune gemme, che sembrano indicare la via in questo momento più vitale per il genere: messe da parte le tirate alcoliche e goderecce, si va a sempre di più ed evidenziare la qualità di quelle band che intendono il genere anche con una certa dose di “autoriale” serietà.
Árstíðir Lífsins - Saga á tveim tungum I: Vápn ok viðr
Questa lista non è una classifica. Se lo fosse tuttavia il primo posto verrebbe senza discussioni reclamato da quest’album. La distanza qualitativa che lo separa dai compagni non è poca, e non per demerito degli inseguitori: ci si trova davanti ad un album che rappresenta non solo una delle vette della band, ma uno dei migliori dischi folk/black degli ultimi anni. Il trio islandese ripete l’impresa compiuta nel 2014 con Aldafǫðr ok munka dróttinn e dà vita ad un’opera che non presenta punti deboli, accentuando la componente la componente narrativa della propria musica senza mettere da parte la feroce componente black metal. Epica e poesia vivono in ogni nota del disco, sicuramente un’uscita da ricordare.
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Morgan Rider and the Deep Dark River - Leviathan & The Deep, Dark Blue
Se siete alla ricercar di qualcosa di fresco, che sappia di novità e travalichi i limiti classici del genere, rivolgetevi dunque a quest’album, sicuramente il più particolare presente in questa lista. Composto dal polistrumentista canadese Morgan Rider la sua proposta è un personalissimo equilibrio di folk, blues e stoner psichedelico, il tutto arrangiato e interpretato con una spiccata vena “marinaresca”, merito sia dei temi lirici che delle distorsioni e melodie adottate, che profumano di salsedine quanto il folk scandinavo odora di foresta. Altra particolarità dell’album è la voce di Rider, malinconica e cristallina, a volte quasi cantilenante, che cattura alla perfezione lo spirito della musica proposta. Se un difetto deve essere trovato va cercato nell’eccessiva ripetitività dei brani, che alla lunga potrebbe stancare l’ascoltatore. Ottimo lavoro e notevoli prospettive di crescita per questo canadese, da seguire con interesse negli anni futuri!
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Månegarm – Fornaldarsagor
La celebre band svedese, ora un trio, si riprende dai traballanti ultimi due album con una buona prova di stile, rimanendo attaccati al nuovo corso musicale intrapreso ma strizzando comunque l’occhio ai fan di vecchia data. Gli ingredienti sono gli stessi dunque, ma si torna a premere un po’ sull’acceleratore, alternando pezzi più spudoratamente catchy, come la battagliera Hervos Arv o la semi-ballad Et Sista Farval, a momenti più aggressivi, vicini a quanto proposto nel periodo d’oro della band. Prova di mestiere, forse con qualche filler di troppo, ma comunque impreziosita da ottimi sprazzi qualitativi, come l’opener Sveablotet e l’ottima Krakes Sista Strid. Ancora una volta in primo piano la prova vocale, con un Erik Grawsiö sugli scudi che, per potenza ed espressività, si conferma quale uno dei migliori interpreti canori del genere.
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Metsatöll - Katk Kutsariks
Se la band estone mi dovesse mai deludere potrò in futuro raccontare che sì, i miei problemi di fiducia iniziarono da lì. Hanno fatto aspettare il loro pubblico per cinque anni dopo l’uscita di Karjajuht ma quando sono tornati l’hanno fatto in grande stile, con un album di qualità elevatissima. Come il precedente anche questo Kakt Kutsariks non ha la pretesa di innovare, né l’ambizione di un’evoluzione musicale. Questo può essere certamente visto come una mancanza, ma sull’altro piatto della bilancia ci vengono presentati quarantacinque minuti di folk metal suonati con classe, originalità e l’inconfondibile tocco ruvido di casa Metsatöll.
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Finsterforst – Zerfall
Sono tornati i Moonsorr…Questa volta no! Per anni accusati di essere, al limite, degli ottimi imitatori della leggendaria band finlandese, i Finsterforst prendono finalmente il volo con ali proprie, portando a termine il processo di raffinamento della propria musica iniziato coi precedenti due dischi. Il carattere dell’album è marziale e, mi si passi il termine, terribilmente “tedesco”. Alla cornamusa e ai flauti vengono spesso preferite le trombe e gli ottoni in generale, che rendono il tutto fortemente cinematico: gradiranno molto gli apprezzatori di band come i Rhapsody e i Draugr, realtà certo diverse, che della resa drammatica da colonna sonora hanno fatto cavallo di battaglia. Questa tendenza si ritrova ben rappresentata in Zerfall, che procede sicuro su canzoni lunghe e complesse, scanditi da cori maschili e ritmiche marziali.
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Ereb Altor – Järtecken
Nati come sfogo delle fantasie vichinghe dei doomster svedesi Isole, gli Ereb Altor hanno attraversato negli anni un buon crescendo qualitativo. Se i primi lavori erano puramente una rievocazione della musica dei Bathory, gli ultimi lavori erano riusciti a conciliare l’amore per la tradizione del genere ed una fortissima personalità. Järtecken continua questo percorso di ascesa e si segnala ancora una volta per il magistrale uso del duo vocale, che fra scream, pulito e ottimi cori rappresenta il valore aggiunto di questa uscita. Chi è alla ricerca di un viking classico, rafforzato dall’incedere doom degli Isole, non si faccia scappare questo disco.
Furor Gallico – Dusk of Ages
Buone notizie da una delle realtà fondamentali del folk metal made in Italy: i Furor Gallico sono tornati e lo hanno fatto nel migliore dei modi. Dopo un Songs of the Earth buono, ma un pochino sottotono, i ragazzi di Monza tornano a comporre e suonare su alti livelli. L’album mantiene tutte le caratteristiche salienti della band, dai pezzi cantati in italiano ai momenti più tirati (anche se lievemente smorzati in questa release), ma si arricchisce della maggior presenza della voce femminile, soluzione che dona più dinamismo e freschezza ai brani.
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Helheim – Rignir
Attivi dal ’92 gli Helheim possono essere considerati a buon diritto tra i fondatori del genere, sebbene siano poi rimasti delizia di una cerchia ristretta di ascoltatori, più che del grande pubblico. Tornano alle stampe con un album che prosegue sulla strada delle sperimentazioni dei precedenti full-lenght, questa volta ispirato dal clima di Bergen. Voci eteree che ricordano i primi ulver e chitarre insolitamente limpide per il genere dipingono un’atmosfera soffusa, che parla di nebbia e giornate piovose, dando all’album una voce insolitamente malinconica per il genere proposto.
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Wyrd – Hex
Intransigenti nel proprio percorso estetico e musicale tornano, tre anni dopo l’ultimo full-lenght, i finlandesi Wyrd, dediti ad una personalissima mistura di black, doom e folk, uniti ad un sopraffino gusto melodico. In Hex si privilegiano spesso gli ingredienti black, non perde tuttavia l’anima folkloristica, legata tanto ai temi lirici, da sempre importanti per la band, quanto all’uso di soluzioni, tanto la voce pulita quanto i riff stessi, legati al genere. Meritevole dunque di essere in questa lista per l’incantesimo delle atmosfere create, piacerà a chi vuole espandere la già ottima annata del black con un prodotto più ibrido.
Vorna – Sateet palata saavat
Sempre dalla terra dei mille laghi arrivano i Vorna, realtà emergente giunta ormai al terzo full-lenght della propria carriera. La proposta della band fonde in maniera armoniosa black, folk e melodie tipicamente finlandesi, che a tratti echeggiano band, per quando appartenenti ad un diverso genere, come Amorphis e Insomnium. In rilievo il buon lavoro dietro le tastiere, che non si limitano ad imitiare i soliti noti strumenti folk, ma esplorano un più ampio spettro di effetti. Ottima anche la prova vocale, con uno scream abrasivo che si trasforma in un pulito caldo e avvolgente nelle sezioni più melodiche. Ancora una volta una conferma della qualità della scena finlandesi, anche senza dover scomodare i mostri sacri del genere.
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Ecco qui passo... Nebbia in val padana. A quando il death/grind e il metal modernissimissimo?  |
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