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26/04/25
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COLONNELLI - Le mani nel cofano
08/12/2021 (1197 letture)
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Uscito il 12 novembre, il terzo album dei Colonnelli porta la personalissima formula del gruppo ad un livello superiore. L’incandescente miscuglio di violentissimo thrash metal, testi in italiano e richiami alternative e cantautorali non è mai suonato più efficace e coinvolgente. Ode d’amore per i motori, Iniezione Meccanica Continua evoca un universo nerissimo di benzina, fuoco e carburante. Per saperne di più, abbiamo raggiunto in videochiamata un disponibilissimo Leo Colonnelli, cantante, chitarrista e leader del gruppo toscano.
Griso: Iniziamo con una domanda generale. L’album è uscito il 12 novembre. Come sta andando? Leo Colonnelli: Molto bene, per ora siamo soddisfatti. È passato ancora poco tempo, ma la risposta mi sembra generalmente positiva. Sia da parte degli addetti ai lavori, sia da chi già ci seguiva, così come da chi non ci conosceva ancora. Le recensioni che abbiamo avuto sono tutte molto favorevoli, a cominciare dalla vostra. Ma se devo essere sincero, a me piacerebbe avere molti numeri in più rispetto al mazzo che ci facciamo. In questo disco ci ho messo tutto il mio impegno, tutti i miei soldi e tutto il mio tempo: più di questo non so che fare (ride).
Griso: È in effetti innegabile che, malgrado la bontà della proposta, i vostri numeri sui sociali siano parecchio bassi, anche se si tratta forse di un metodo stupido per valutare il successo di un disco… Come lo spieghi? Leo Colonnelli: Sarà forse un metodo stupido, ma è indice di qualcosa. Pochi numeri significa che funziona poco (ride di nuovo) o quantomeno, viene visto poco. Il fatto che non abbiamo alle spalle una grossa etichetta può in parte spiegare questa situazione. Se inizi ad avere una Nuclear Blast o una Roadrunner che ti supporta e ti fa suonare nei festival che contano, poi i numeri salgono. È fondamentalmente un discorso di soldi e che va oltre al talento.
Forse però c’è anche dell’altro. Noi abbiamo uno stile molto particolare che, per quel che ne so, non era mai stato fatto nel metal in italiano. Spesso la gente ci paragona agli IN.SI.DIA e agli Strana Officina, ma secondo me hanno poco a che fare con noi. Sono persone squisite e li rispettiamo molto, ma non ci siamo mai ispirati a loro. Io vengo da un altro modo, sono cresciuto con una quantità di dischi italiani pazzeschi. Quando si tratta di scrivere testi ho altri riferimenti: De André, Battiato, i CCCP, i Marlene Kuntz, passando per i Litfiba e il primo Vasco. La musica italiana mi piace un sacco e l’ho ascoltata in lungo e in largo. Per quanto riguarda la parte strumentale, invece, è un altro discorso. Quando sono a casa mi ascolto Slayer o Metallica, per fare due nomi. Dischi del genere sono lontani dal mondo lirico al quale faccio riferimento. Si è dunque creato questo miscuglio strano: chi ascolta metal forse non è interessato a questa maniera di scrivere i testi, mentre chi apprezza queste liriche non cerca strumentali heavy.
Griso: E a voi il disco piace ancora? Leo Colonnelli: Io non mi riascolto mai, perché non mi piaccio mai. Quando ricevo dei complimenti, dentro di me penso “questo passaggio potevo farlo meglio, qui la voce non mi piace”, e cose del genere. Durante le registrazioni, tornavo sempre in studio per correggere qualcosa, tanto che ad un certo punto Andrea, che ha registrato le canzoni, mi ha intimato di smettere (ride). Io sarei andato avanti altri sei mesi. Credo comunque che sia un buon disco, come quelli prima, anche se mi sembra di vedere una leggera crescita.
Griso: Quali sono i vostri progetti per il futuro prossimo? Leo Colonnelli: Con la nostra agenzia stampa stiamo cercando spazi dove suonare, e questo si potrà fare in base al successo del disco. Meglio andrà, meglio si potrà vendere il prodotto. Abbiamo qualche data in previsione organizzata da noi, ma sinceramente, dopo tre dischi e tutti questi anni, puntiamo un pochino più in alto. Ci piacerebbe partecipare a festival più grandi, più seguiti. Ci siamo fatti un culo come una casa e vorremmo riuscire far fruttare questa fatica. Arrivati a questo punto, qualcosa dovrebbe muoversi, in un modo o nell’altro.
Griso: Per stampare le copie fisiche avete lanciato una campagna di crowdfunding. Com’è andata? Leo Colonnelli: La campagna è finita da poco ed è andata benissimo. Abbiamo tirato dentro il doppio del tetto minimo. Avevamo chiesto 400 euro, una cifra veramente bassa perché era la prima volta che facevamo una cosa simile. Alla fine ne abbiamo incassati più di 800.
Griso: Come mai avete deciso di cercare i soldi in anticipo? Leo Colonnelli: Perché siamo un po’ a corto (ride). Tra promozione e video, abbiamo speso un sacco per il disco. Ma specialmente, volevamo essere sicuri che ci fosse un po’ di riscontro. Io sono affezionatissimo al formato fisico, credo che niente sostituisca la sensazione di quando, ragazzino, andavo a comprarmi un disco. Però il mondo è cambiato, e bisogna accettarlo. A dirla tutta, io avrei anche evitato di farlo, mi sarei limitato a mettere l’album a disposizione in digitale, gratuitamente, e il discorso finiva lì. Poi però abbiamo visto che tanti ci chiedevano il CD, qualcuno persino il vinile, e quindi abbiamo cambiato idea.
Griso: Il vostro ultimo disco è uscito nel 2018. In mezzo è arrivata la pandemia. Come avete vissuto questo periodo, e che impatto ha avuto sulla band? Leo Colonnelli: Iniezione Meccanica Continua è uscito a novembre 2021, ma noi avevamo già finito le registrazioni una settimana prima dell’arrivo del Covid, quindi tra febbraio e marzo 2020. Mancavano ancora mix e master, così come tutte le correzioni, ma tutto era già pronto. Passata la prima ondata è venuta la stagione, noi lavoriamo tutti e non abbiamo potuto dedicarci al disco nemmeno in quel periodo. Ci abbiamo rimesso le mani un anno dopo, quindi l’album sarebbe dovuto uscire molto prima.
Griso: Come si svolge la scrittura dei brani? Te ne occupi tu o anche gli altri? Leo Colonnelli: La scintilla iniziale la porto sempre io, nasce sempre qui dove sono ora, nella mia cameretta. Cerco di andare in studio dagli altri con dei pezzi già quasi pronti, altrimenti si perde un mare di tempo. In seguito, guardo quello che ho scritto con Bernardo, il batterista. Lui interviene in base al suo gusto, e questo ci permette di aggiustare i pezzi, magari cambiando la struttura. A questo punto facciamo i provini e, in seguito, andiamo da Andrea per la registrazione. Quindi, ricapitolando, si parte da me, poi arriva Bernardo e infine Andrea.
Griso: Vorrei parlare dei testi ora. C’è un tema che pervade l’album, riscontrabile sin dai titoli che dalla copertina: il mondo dei motori. Da dove viene questa passione? Leo Colonnelli: Io sono figlio di un camionista. Sono abituato sin da piccolo a vedere mio padre uscire di casa con le chiavi inglesi, i guanti e tutto l’occorrente. Lui faceva delle tratte lunghissime, da ragazzo lavorava con la Parmalat e viaggiava per tutta Italia, talvolta anche in Europa. Doveva essere sempre pronto se succedeva qualcosa. A questi tempi, scoppiava minimo una gomma a viaggio. E la gomma di un rimorchio non è esattamente quella di una macchina, dovevi essere esperto per cambiarla. Quindi sono cresciuto con il mito un po’ romantico di mio padre. D’estate invece faceva il tassista, un mestiere che ho ripreso ed esercito tutt’ora. Il mondo dei motori fa parte della mia quotidianità, sto con le mani nel cofano tutti i giorni. È più di un lavoro, è una passione, che è uscita sempre più fuori nei testi delle canzoni. Anche i ragazzi sono appassionati, le macchine piacciono a tutti. Però non siamo fighetti, non siamo tipi da 500, da Punto, da Mini, la roba da fighetti non ci piace (ride).
Griso: Dai testi traspare anche molta rabbia. Da dove proviene? Leo Colonnelli: Sinceramente non sono mai stato così sereno nella mia vita come adesso, quindi non ti so dire (ride). Non lo so, giuro. La rabbia la sento più come energia, come potenza. Mi rendo conto che ci sono dei pezzi abbastanza incazzati, ma sono brani narrativi, che raccontano storie, non parlano di me. Primo Sangue ad esempio tocca il tema della violenza domestica, è la storia di un ragazzo che viene picchiato sin da bambino e sogna di rubare la macchina del padre per scappare. Non ha nulla a che fare con me. Poi considera che sono cresciuto con Nick Cave e le murder ballads, quindi mi viene naturale. Bisogna anche dire che quando scrivi certi riff, non ti viene da trattare dei soggetti troppo allegri. Ma in futuro mi piacerebbe magari essere più energetico e meno incazzato, perché nella vita non lo sono per niente.
Griso: Le parole della canzone Federico io ti Ammazzerò mi hanno colpito. Chi è Federico? Leo Colonnelli: Abbiamo scelto un nome molto comune per identificare uno stereotipo: una persona arrogante, piena di sé, che non ha nessun rispetto per gli altri. Qualcuno di cattivo, ignorante… un fighetto. Io vivo a Porto Santo Stefano, un paese che d’estate viene preso d’assalto dai turisti, e alcuni sono proprio così. Il tutto è nato da una mia esperienza personale, ne ho fatto un brano che è venuto molto istintivo. Mi sono servito di una canzone di Alberto Fortis, Milano e Vincenzo, che recita: “Vincenzo io ti ucciderò, sei troppo stupido per vivere”. Ho riportato questa frase nel nostro pezzo, cambiando solo il nome. Mi sembrava una cosa ganza e inusuale: prendere una frase di un brano di un cantautore, simpatico e dinoccolato, e trasportarla in un mondo simile agli Slayer. Il risultato infatti suona cattivissimo, ma l’originale non è così maligna.
Griso: Nel brano Fossi Benzina a voi Romani, dici senza giri di parole: “Vi odio, a voi Romani”. Si tratta delle stesse persone? Leo Colonnelli: Esatto, è proprio quel tipo di persona. Con il mio mestiere ne incontro tanti. Generalmente, si tratta di persone con i soldi, molto danarose, che tendono a non avere nessun rispetto. Ti farebbero entrare in un burrone con la macchina pur di non fare 10 metri a piedi. Ultimamente l’ho presa un po’ male, e queste due canzoni sono il risultato. Ma non voglio passare per quello che ce l’ha con tutti. Su dieci persone che porto, otto diventano miei amici. Due però sono tremende… Cantando, ho un modo di sfogare questa antipatia, che è finita in canzone.
Griso: Alla fine del disco avete piazzato la cover di Love Will Tear us Apart dei Joy Division, una cosa che mi ha un po’ sorpreso perché la canzone non ha molto a che vedere con i temi trattai nel disco. Come mai la scelta è caduta su questo brano? Leo Colonnelli: Il tutto è nato un po’ per caso. A me i Joy Division piacciono moltissimo, e di recente avevo rivisto il film Control, sulla storia di Ian Curtis. La sera prima di entrare in studio, mentre stavo suonando, mi sono messo a cercare gli accordi di quel brano. Ne ho tirato giù quattro, ho iniziato a suonarla, e mi sono detto, perché non suonarla noi, un po’ come farebbero i Motorhead, tutta dritta e a canna? Il giorno dopo l’ho fatta ascoltare agli altri e si sono gasati. Io all’inizio non volevo metterla nell’album, poi loro hanno insistito, talmente tanto che ho accettato. Si sente che è un brano molto più semplice degli altri, non ci sono tutti i giri che facciamo di solito, perché non abbiamo avuto il tempo di scriverli. Io non volevo metterla anche perché non c’entra nulla con le tematiche del disco, ma da suonare è proprio divertente.
Griso: Al di là delle due cover, i testi sono zeppi di citazioni. Dalla musica ai film, ci sono frasi e parole che richiamano De André, Hank Williams, Nick Cave, così come delle pellicole come Rambo, Mad Max e Twin Peaks. Come mai queste citazioni? Non è una cosa molto comune nel metal. Leo Colonnelli: Mi è sempre piaciuto richiamare gli altri. Qualcuno pensa che sia quasi rubare, ma non la vedo così. E per quanto riguarda il metal, è lo stesso discorso che facevo all’inizio: secondo me noi non abbiamo nulla a che fare con le altre band metal. A parte il fatto che quasi tutte cantano in inglese, compresi gli altri gruppi thrash italiani, ma è una cosa che va più in là. Specialmente nell’ironia. Noi ci prendiamo molto meno sul serio di tanti altri, ci vestiamo in maniera casual… siamo un po’ dei cazzoni insomma (ride).
Griso: Ma se siete così lontani da questo mondo, e se i tuoi riferimenti lirici sono altri, perché suonate metal? Leo Colonnelli: Perché malgrado tutto, ascoltare metal mi fa sentire bene, mi rende felice. Se cerco qualcosa che mi dà il brivido, allora penso ai Metallica, agli Slayer, ai Testament, oltre che a band più moderne. Ma non è sempre stato così. Fino a 25 anni, le uniche band metal che ascoltavo erano i Metallica, i Sepultura, i Pantera e i Carcass. Quattro gruppi in un universo musicale assolutamente estraneo alla musica dura. Poi ho scoperto i System of a Down, e mi si è aperto un mondo. Loro riuscivano a mischiare la musica heavy con qualcosa che non c’entrava nulla, sono riusciti a mettere nel metal qualcosa di totalmente diverso, malinconico, affine alle cose che ascoltavo prima, come ad esempio De André.
Per cui, se dovessi paragonarci ad un gruppo, direi proprio i System of a Down, anche se musicalmente non ci somigliamo. Noi siamo più vicini a un gruppo del genere rispetto che un gruppo purista. Non siamo “puri” come gli Slayer, anche se ci sono degli Slayer dentro ai Colonnelli, e si sente. Ma il fatto di cantare in italiano in questo modo qui, ci rende secondo me un po’ diversi.
Griso: Per concludere, guardiamo al futuro. L’album chiude la cosiddetta trilogia della benzina. Cosa succederà poi? Leo Colonnelli: Non ne ho idea (ride). Cercheremo di promuovere il disco nel miglior modo possibile. In seguito l’idea sarebbe di fare un disco diverso da questi primi tre. Vorremmo fare qualcosa di più massiccio, più moderno, forse meno ancorato al thrash anni ’80. Ho giusto qualche idea, ma nemmeno troppa voglia di mettermici ora. Per intanto vorrei godermi il disco e suonare un po’ un giro. Poi si vedrà.
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5
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Bell'intervista! Mi sa che sul disco ci faccio un pensiero. Anche "vi odio a voi romani" è una canzone di Alberto Fortis. Interessante il rapporto con la musica extra metal "perché c'è la rece di tal o tal disco extra metal?" Ecco le risposte. Detto questo, grande Hirax, sempre in forma! |
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4
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Mi è sempre piaciuta la musica metal con testi in italiano. Cominciai con Alter Ego, Tir; Sabotage e Strana Officina IN.SI.DIA ecc. Infatti ad oggi ascolto molto punk hardcore italiano dove il cantato in lingua madre è molto più frequente. Grandissime band come Negazione e i miei vecchi Bloody Riot (R.I.P. Roberto). Ultimamente anche i fantastici Affluente dove i testi la fanno da padrone. Dajeeeeeeee!
Riguardo i Colonnelli, hanno sfornato tre ottimi album, e forse quest'ultimo dimostra veramente una crescita compositiva notevole. Ce ne vorrebbero molti di più di band sincere come questa! |
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3
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Daje Colonnè, daje. Continuate così, di benzina ne avete tanta da bruciare! Tutta a palla! |
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2
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gruppo interessante, bravi !!! |
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