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WHITE SKULL - L'anima del teschio - La nostra lettura
16/08/2022 (1068 letture)
Forse e in un certo senso colpevolmente, il nome dei White Skull non è il primo che viene in mente quando si parla di gruppi metal italiani, ma i veneti rappresentano una delle eccellenze nazionali nel campo e possono vantare anche di essere uno dei primi gruppi ad aver fatto spazio in modo del tutto naturale a una cantante donna, oltre a essere stati tra i primi ad avere un management e un’etichetta estera, consolidando così il proprio fedele pubblico sia in Italia che all’estero. Una carriera così lunga e per certi versi travagliata offre naturalmente una grande quantità di spunti e aneddoti, ma L’Anima del Teschio ha anche uno scopo celebrativo e offre effettivamente anche altro che non il solo racconto cronologico degli eventi. Vediamolo assieme.

UN RACCONTO CORALE
Cominciamo intanto dall’autore, Marco Doné. Si tratta di un redattore di Truemetal, nota webzine ed è, per sua stessa ammissione nelle prime pagine del libro, un fan del gruppo, fin dai primi album. La scelta quindi non è casuale e per certi versi rappresenta un ulteriore tassello del quadro narrato: il gruppo ha infatti sempre creduto nel lavorare con persone di fiducia, con le quali instaurare un rapporto che non fosse solo professionale, ma anche umano. In tal senso, lo scritto di Doné è palesemente schierato e affatto distaccato rispetto al gruppo. In effetti, è come se fosse la band stessa a scrivere la propria biografia, “aiutata” dall’autore. Una scelta che ha i suoi vantaggi, ad esempio la ricca partecipazione del gruppo che fornisce aneddoti, impressioni, racconti, narrazioni di prima mano e partecipa collettivamente all’opera, sia per quanto riguarda i membri attuali che per gli ex (quasi tutti, come vedremo). Il risultato è un libro piuttosto lungo e dettagliato, nel quale la carriera dei White Skull viene effettivamente narrata in maniera estesa e completa, dalle primissime battute e aggiornata praticamente fino alla data di stampa. Ovvio che al timone ci sia il narratore, ma altrettanto ovvio che la regia passi dal band leader, Tony Fontò, il “Capitano”. Suoi i maggiori contributi provenienti “dall’interno”, suoi quasi tutti i racconti degli aneddoti, suoi infine gli interventi “tappabuchi”, ovverosia quelle parti del racconto che vengono per varie ragioni omesse e riempite da lui, come nel caso dei testi di Forever Fight. Come detto, però, il libro non è solo un racconto cronologico, ma si arricchisce anche di vari approfondimenti, presentando di fatto tutti i musicisti che hanno fatto parte della vita della band (quasi tutti) con un paragrafo dedicato, nel quale si racconta brevemente la loro carriera, le motivazioni che li hanno spinti a suonare, i primi passi, la vita nella band e semmai il ricordo che hanno conservato dei White Skull e del loro periodo di militanza. Inoltre, per ogni album troviamo anche appunto un approfondimento sui testi, dalle tematiche trattate, alle singole canzoni, allo stile utilizzato. Poi ci sono i paragrafi dedicati a eventi particolari o molto divertenti, che hanno costellato la vita della band, fino a diventare parte stessa dell’identità del gruppo, tra bevute, imprevisti di ogni sorta, eventi “misteriosi”, scherzi epocali, casini vari.

LA FORTE ASCESA, I PROBLEMI, LA VOLONTA’ DI RINASCERE
Parliamo di una band che ha saputo cogliere un momento propizio come quello dei primi anni Novanta per proporre un heavy metal genuino, ma anche personale, caratterizzato da testi quasi sempre imperniati attorno a un concept e che presentava una voce femminile carismatica e aggressiva come quella di Federica De Boni, cogliendo in anticipo o comunque con perfetto tempismo il momento dell’esplosione del fenomeno power metal, cavalcandolo pur senza mai esserne musicalmente parte davvero integrante. I veneti sono un ottimo esempio di quella stagione che ha rappresentato la prima vera occasione per il metallo italiano di giungere a un palcoscenico continentale da una posizione non necessariamente provinciale e subalterna. L’approdo alla Nuclear Blast e poi alla Breaker Records è senz’altro stato per l’epoca un passaggio a uno stadio quasi professionistico che quasi nessuno poteva vantare in quel momento. Il management di Chris Boltendahl e le collaborazioni con lui un ulteriore scalino verso un apogeo che invece e purtroppo poi non è arrivato, seppure i Nostri abbiano sempre mantenuto un livello medio alto e più che dignitoso tanto nelle uscite quanto nei riscontri di pubblico. Naturalmente, l’abbandono di Federica e subito dopo la chiusura della Breaker Records di Udo Dirkschneider, con l’approdo alla Frontiers, l’arrivo di Gus Gabarrò e la rinuncia al management di Boltendahl visti oggi appaiono come una sequenza di eventi che hanno inevitabilmente ridotto le possibilità dei cinque di sfondare, eppure seguendo la storia della band, non è difficile rendersi conto che paradossalmente i problemi sono quasi sempre derivati dalla difficoltà di mantenere una formazione stabile e quindi di poter lottare per fare di questa avventura un vero e proprio lavoro. In effetti, si potrebbe dire che il vero momento di difficoltà non è stato forse neanche quello appena descritto, ma semmai quello successivo all’uscita -non propriamente felice- di Gabarrò, con la perdita del contratto Frontiers e l’arrivo della nuova cantante, Elisa De Palma. E’ qui che si nota come la posizione non distaccata e non imparziale di Marco Doné offra maggiormente il fianco alla narrazione: la cantante non viene mai nominata, non si sa se per accordi privati intercorsi o per una sorta di damnatio memoriae, ma appunto per tutti i paragrafi viene chiamata “la nuova cantante”, “la cantante”, “la precedente cantante”. Un espediente che in effetti stride con tutta l’atmosfera del libro, nel quale il gruppo comunque racconta in maniera chiara e diretta bei momenti e momenti meno belli, difficoltà e anche delusioni e litigi in maniera schietta. Non che in questi paragrafi ci si nasconda dietro un dito e che tutti le problematiche intercorse dal 2007 al 2011 non siano sviscerate e raccontate, ma appunto la censura nel caso di Elisa De Palma si nota proprio per questo in maniera ancora più forte, non solo perché la sua è l’unica voce in tutto il racconto che non ascoltiamo mai, ma anche appunto per la parte relativa ai testi di Forever Fight che di fatto sono gli unici che non vengono approfonditi. La storia è nota e quindi passiamo oltre, quel che ci interessa è solo sottolineare come forse una narrazione appena meno partecipata avrebbe potuto permettere un racconto più distaccato di questo particolare frangente. Da qua, come se fosse veramente una sceneggiatura hollywoodiana, proprio nel momento di maggior difficoltà, quando anche Fontò sembrava ormai sul punto di mollare tutto, ecco che inizia la riscossa, proprio col ritorno di Federica De Boni e con due dischi che hanno saputo rinverdire la carriera della band e far ritrovare quell’armonia e quel divertimento che erano venuti meno, riportando una coesione interna e una chiarezza di intenti che hanno permesso ai White Skull di superare anche gli ultimi dieci anni e i momenti di difficoltà dei membri storici.

UNA BAND E LA SUA STORIA
E’ una storia molto bella quella dei White Skull e ripercorrere questa lunga cavalcata, con tutti i protagonisti e sono tanti che l’hanno caratterizzata costituisce una preziosa testimonianza di quella che è stata un’epoca importante per la scena nazionale. Un racconto che coinvolge tanto il pubblico, quanto i locali, i promoter locali, i discografici, fotografi, registi e tutti coloro che hanno contribuito a una carriera che ha guadagnato col sudore e l’umiltà il rispetto di tutti, come ben testimoniato dall’ultimo capitolo del libro, quello nel quale tanti e tanti protagonisti della scena offrono un loro ricordo o tributo alla band, confermandone l’importanza e ribadendo la stima di cui gode. Forse non sono arrivati a suonare come headliner nei grandi tour mondiali, ma leggere dei primi passi, con i cinque che dormivano per terra nei locali dove avevano appena suonato o nel furgone, per poi ritrovarsi a firmare per quella che è a tutti gli effetti una major, cambiando in maniera radicale il proprio approccio e finendo a suonare nei festival all’estero, ha il suo bel peso e la sua grande soddisfazione, che va ad aggiungersi a quella di aver sempre realizzato degli ottimi album, al massimo delle proprie possibilità e sempre per amore e passione. Anche solo per questo, vale la pena leggere L’Anima del Teschio e ritrovarsi parte del gruppo allargato della “famiglia” della band, sopportando ogni tanto qualche lungaggine del racconto, come si fa con un amico in vena di confidenze e che magari finisce per parlarsi addosso un poco.

::: ::: ::: RIFERIMENTI ::: ::: :::
AUTORE:Marco Doné
TITOLO:White Skull – L’Anima del Teschio
PRIMA EDIZIONE:Maggio 2022
EDITORE:Arcana Edizioni
COPERTINA: Flessibile
PAGINE: 438
ISBN: 978-88-9277-109-3
PREZZO: € 22



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