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27/04/25
THE LUMINEERS
UNIPOL FORUM, VIA GIUSEPPE DI VITTORIO 6 - ASSAGO (MI)
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Astral Doors - Notes from the Shadows
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( 2169 letture )
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Sempre difficile parlare degli Astral Doors, band sospesa tra la genuina attitudine verso suoni che negli anni 80 formarono una generazione e lo sconfinamento nel tributo vero e proprio, manifestando con ciò una totale assenza di personalità. La presenza in formazione di un cantante come Nils Patrik Johansson, il quale più che un emulo è un vero e proprio clone di Ronnie James Dio e un modo di scrivere che ricorda molto da vicino (puro eufemismo) i tempi d’oro del piccolo elfo, non può però che indirizzare la valutazione in un certo modo. A prescindere da ciò, Notes from the Shadows riesce almeno nell’impresa di trasportare in una specie di mondo parallelo nel quale Dio non è mai morto e continua a scrivere la sua musica e lo spirito dell’heavy è ancora forte e ingenuamente indomito, cogliendo probabilmente il massimo risultato possibile date le premesse.
Freddamente analizzato, l’album mostra tutti i suoi limiti intrinseci dal punto di vista concettuale. La bella copertina, l’ottima prova vocale, la buona registrazione e le canzoni tra il piacevole e il coinvolgente (senza considerare il fatto che siano tutte, per così dire, dei plagi originali) non possono riuscire a mascherare il fatto che ci si trovi davanti non solo ad un copiato di quanto fatto in prima battuta da Ronnie, dai Rainbow e da un pizzico di Whitesnake, ma anche ad un autoplagio che riprende tutto quanto proposto dai dischi precedenti degli Astral Doors, magari registrato e rifinito meglio. Tutto sembra (ed è) scientificamente pianificato per colpire al cuore i vecchi fans dell’oriundo italiano e quelli che si sono avvicinati alla sua opera in tempi più recenti. La scrittura sembra condurre lungo un’autostrada a quattro corsie ad un ipotetico disco uscito tra uno dei suoi primi tre da solista, compresa la registrazione con le tastiere di Jocke Roberg che meriterebbero talvolta un po’ di spazio in più come a suo tempo poteva essere riservato al buon Claude Schnell, il modo di suonare di tutti i musicisti che sembra replicare lo stile di quelli migliori impiegati da Ronnie, con le chitarre di Joachim Nordlund dannatamente anni 80 ed infine un cantante che fa di tutto per sfruttare un timbro che è naturalmente vicino a quello di Dio per assomigliargli anche nel modo di interpretare i pezzi, a dispetto di qualche innesto più personale nella vocalità di alcune canzoni, come dimostra meglio nella sua attività con i Wuthering Heights, nei Lion’s Share e nei Civil War che non fa che enfatizzare la sua pervicace ricerca del Dio-style. Tutto suona come un gigantesco deja-vù sonoro che, in quanto tale, non può essere considerato più di tanto importante in senso assoluto; eppure, anche sapendo tutto ciò e dandogli il giusto peso, canzoni come The Last Temptation of Christ, Wailing Wall -soprattutto questa-, Shadowchaser (qui Coverdale fa più che capolino nelle linee vocali e nel modo di cantare in generale) e In the Name of Rock fanno battere il cuore lo stesso, e tanto. Qualche tentativo di andare oltre si riscontra forse in Die Alone, una specie di mini-suite che però risulta troppo lunga rispetto ai contenuti reali, ma non basta né a spostare l’attenzione da quanto prima esposto circa la scrittura né a cancellare quanto di buono il CD contiene. Divertente il testo di Confession per motivi che vi lascio scoprire da soli.
Tutto sta nell’atteggiamento che si assume nei confronti del disco e del gruppo al momento dell’acquisto prima e dell’ascolto poi. Gli Astral Doors sono infatti un gigantesco fake, ma fatto decisamente bene, anzi benissimo. La loro convinzione traspare chiaramente dalle loro canzoni, così come la loro bravura e -perché no?- la loro navigata malizia compositiva. Se si chiudono gli occhi, si spegne un po’ il cervello e quella vocina che continua a sussurrare di stare in guardia, che quello che si sente non è l’originale e soprattutto che il calendario indica impietosamente che ci troviamo nel 2014 e non nel 1984, Notes from the Shadows svolge egregiamente il proprio compito. Far tornare per qualche decina di minuti alla propria giovinezza i più attempati e spiegare ai giovani attuali cosa voleva dire fare heavy in un certo momento e con una certa attitudine in gran parte persa. Tutto sommato, gli Astral Doors sono bravi e le canzoni buone, ed anche se non contengono volutamente un grammo di personalità nemmeno a pagarla a parte -e ciò per molti può essere quanto- si salvano abbastanza largamente per l’amore che riescono comunque a trasmettere verso il genere. Certamente un punto deve essere tenuto più che fermo nella valutazione della loro opera: la copia, per quanto perfettamente fedele all’originale non può che essere a questa inferiore e considerata superflua in senso assoluto. Godibilissima, questo sì, anche entusiasmante se ascoltata col giusto mood, ma inevitabilmente da classificare entro un certo range e non oltre.
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7
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Concordo solo in parte col recensore, per un true metaller come me, disco ottimo. Soffermandomi sul fatto del gia' sentito e niente di originale, beh, questo e' solo un punto di vista personale. Per me, quando ascolto musica, la stessa mi deve trasmettere energia e vibrazioni/ sensazioni positive, e questo album ne contiene moltissime.
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6
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entropy, non enry sorry  |
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5
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Concordo più con Raven che con Enry, personalemnte hanno stufato, e tanto anche |
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4
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Ho letto la rece e i commenti, mi avete incuriosito ed ho ascoltato qualcosa sul tubo. Certamente bravi e a queste sonorità pure io sono affezionato. Concordo con Raven quando dice che nei brani non c'è un grammo di personalità , però tutto sommato sono piacevoli. |
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3
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Tutto vero. Però rimane il fatto che il disco è molto bello, dio purtroppo non cè più.. e personalmente sentire certe sonorità a me fa ancora piacere (più ad esempio che certe solfe power trite e ritrite e molto più inflazionate). Credo che il voto sia oggettivamente giusto, perché da merito ad un album ottimo, ma dic erto non originale. Però per il mio gusto personale si potrebbe arrivare anche ad un 80. Per me mille volte meglio quest'album che uno qualisiai , ad esempio, degli hammerfall. |
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2
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E' proprio quello il punto. Chiunque abbia vissuto quei tempi e per quanto questo disco sia piacevole, lo rapporterà sempre con quelli di Dio con le ovvie conseguenze del caso. |
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1
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Li sto ascoltando sul tubo, come solito ineccepibile recensione. Disco godibile, un tuffo nel passato, ottimi musicisti, alcuni pezzi veramente notevoli ma.... se nel 2014 voglio sentire certe sonorità metto sul piatto uno dei miei vecchi vinili. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. The Last Temptation of Christ 2. Disciples of the Dragon Lord 3. Wailing Wall 4. Shadowchaser 5. Die Alone 6. Hoodoo Ceremony 7. Southern Conjuration 8. Walker the Stalker 9. Desert Nights 10. In the Name of Rock 11. Confessions 12. Shadow Prelude in E Minor (Bonus Track)
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Line Up
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Nils Patrik Johansson (Voce) Joachim Nordlund (Chitarre) Jocke Roberg (Tastiere) Ulf Lagerstroem (Basso) Johan Lindstedt (Batteria)
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RECENSIONI |
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