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27/04/25
THE LUMINEERS
UNIPOL FORUM, VIA GIUSEPPE DI VITTORIO 6 - ASSAGO (MI)
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( 3997 letture )
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Attivi dal 2002, gli svedesi Astral Doors vengono definiti con ironia sottile come una delle band "criminalmente più sottovalutate" di sempre: autori invece di pregevoli tour a supporto di Blind Guardian e Grave Digger, nonché di una discografia di tutto rispetto che i voti già elargiti da Metallized testimoniano, i cinque musicisti scandinavi (già alle prese con le rispettive precedenti band con metal melodico, techno thrash e rap metal) si ripresentano al pubblico con questo Jerusalem, pubblicato dalla tedesca Metalville.
Massiccia, ben piazzata, travolgente è la presenza scenica degli Astral Doors: appena aggraziata dai soli inserti tastieristici di Jocke Roberg (che tuttavia non ne indeboliscono l'impatto, né ne caratterizzano in alcun modo il suono), la macchina da guerra svedese è un fiume in piena di classicità e rigore, un inarrestabile magma nel quale è difficile individuare l'accattivante freschezza di un singolo. Dalla ciclicità delle strutture all'interno della stessa canzone, alle prevedibili ritmiche di chitarra, Jerusalem è un disco che ripone le proprie speranze di successo nella capacità di convogliare, in modo convincente ed attuale, la sostanza dell'heavy metal più classico, però rivisitata. La voce di Nils Patrick Johansson (Wuthering Heights, Lion's Share), considerato degno successore di un certo Ronnie James Dio, aggiunge quel tocco personale capace di rendere la proposta più coinvolgente e comunicativa: partecipe ma non esageratamente teatrale, il cantante scandinavo ha il merito di coniugare con spontaneità melodia e potenza, dominando la metrica invece che subirla passivamente. Tutte le undici canzoni in tracklist, per quanto rocciose e musicalmente inquadrate, appaiono così interpretate, sentite e sudate, contribuendo ad un'immagine dinamica di continuo trasferimento di masse, pesi e forze contrapposte. E' proprio questo connubio rugbistico di agilità e potenza, questo contrasto tra dimensione umana ed esecuzione implacabile, questo pesante ondeggiare frutto della capacità di rimescolare continuamente i più raffinati ingredienti classici (dai prevalenti mid-tempo sui quali si veleggia ai brevi e raffinati assoli, dai potenti cori agli stacchetti di genere), che salva il disco dalla generalizzazione alla quale molto heavy metal contemporaneo -filologicamente troppo prudente o semplicemente poco ispirato- soccombe. Ed a ben pensarci, la circostanza che un disco di "heavy" metal suoni musicalmente "pesante" costituisce il riconoscimento più genuino, e forse ingenuo, per un lavoro compositivo/esecutivo che centra il segno. Alla perizia musicale offerta dall'intera tracklist di Jerusalem, che conduce l'ascoltatore con mano autoritaria lungo cinquanta minuti di ascolto, si aggiunge un'apprezzabile varietà di contenuti, che stimola la fantasia alla rappresentazione di un ideale viaggio nel tempo, in compagnia delle note: ci si ritrova così ora al seguito dei Cavalieri della Settima Crociata (1248), ora nel pieno del drammatico attacco di Pearl Harbor (1941), sballottati ed eccitati come bambini tra le scenografie di un luna park, in cui nel giro di due canzoni (Child of Rock'n'Roll e Lost Crucifix) si viene trascinati a cantare di Bibbia, Corano e pure Satana. Originando dal lato più umano della singola vicenda storica (Sodoma e Gomorra diventano ad esempio il pretesto per scrivere di democrazia, intolleranza ed ignoranze), il sesto disco degli Astral Doors offre un concept abbozzato di religione e politica, cronologicamente rimescolato, ed in certi frangenti di una bizzarra quanto fortunosa attualità. Leggendo i testi ci si troverà quindi al cospetto di un originale caleidoscopio di suggestioni che aggiungono all'esperienza senza comprometterne la godibilità musicale, favorendo anzi la volontà di un più compiuto approfondimento storico delle singole vicende citate. Da questo punto di vista l'album arricchisce ed intriga per il percorso che rende possibile, incuriosisce e stimola ad una fruizione attiva e divertente: piacevolezza di ascolto ed imprevedibile richiamo storico diventano quindi un connubio godibile e gentile, che porta ad identificare questo prodotto come qualcosa di completo, personale e diverso.
Jerusalem non inventa nulla, ma riesce nell'intento di offrire una musica di gusto vario e moderno, pur partendo da ingredienti musicalmente collaudati e chiaramente riconoscibili: quello del quintetto di Borlange non è però un disco inerziale, che rotola placidamente sui binari arrugginiti del cliché: è anzi un album dalla schietta anima rock, in cui la professionalità dei musicisti è esaltata, anziché ingabbiata, dalla produzione pulita e potente di Daniel Bergstrand (In Flames, Messhugah, Strapping Young Lad, Soilwork, Dimmu Borgir) e dalle solide fondamenta sulle quali il genere poggia. Viaggiare distrattamente nel tempo con la levità di un Non Ci Resta Che Piangere, al ritmo di un metal che non annoia né conosce cali di tensione, eleva Jerusalem allo status di "esperienza", e porta a consigliarlo senza riserve agli estimatori più curiosi di questo tipo di sonorità.
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4
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e comunque, degli Atral Doors, va recuperato anche \"Evil is forever\" ottimo album, secondo me. |
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3
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Da defender appassionato dico che questa band e' molto valida : eredita appieno le lezioni hard epic di Rainbow, il gusto darkeggiante di Sabbath e il doom epico dei Candlemass...noncke una vocalita' graffiante e teatrale in scuola Dio, ma secondo me, anche Tony Martin;...in piu , un gusto per le suggestive melodie chitarristiche e assoli e di una sezione ritmica rinfrescata da una verve power attuale.
Ottima band , che dovrebbe meritare piu attenzione da per tutti gli amanti del true/metal ...e questi Astral Doors saranno la prossima band che seguiro'!.....Bravvissimi...album bellissimo! VOTO 85 |
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2
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Album corposo ma nello stesso tempo scorrevole , a me è piaciuto , giusta la recensione . |
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1
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Grande recupero!! Una band per la quale nutro una istintiva simpatia da sempre. Non saranno i migliori ma il loro lavoro lo fanno alla grande e se esiste una reincarnazione di Ronni James Dio (oltre a Jorn Lande) è senza dubbio Nils Patrick Johannson. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Seventh Crusade 2. With a Stranger's Eye 3. Child of Rock'n'Roll 4. Pearl Harbor 5. Lost Crucifix 6. Babylon Rise 7. Suicide Rime 8. The Battle of Jacob's Ford 9. Operation Freedom 10. The Day After Yesterday 11. Jerusalem
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Line Up
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Nils Patrik Johansson (Voce) Joachim Nordlund (Chitarra) Jocke Roberg (Tastiere) Ulf Lagerström (Basso) Johan Lindstedt (Batteria)
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RECENSIONI |
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