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ARCI BELLEZZA, VIA G. BELLEZZA 16/A - MILANO

Darkest Hour - The Mark of the Judas
18/02/2017
( 1664 letture )
Un bel giorno ti ritrovi a curiosare nella carriera di alcune band americane, forse non così note in Italia, ma riconosciute in Europa e nel mondo come realtà musicali d’alto livello, e ti accorgi che i ragazzi, pur essendo attivi da ben ventuno anni, hanno una media di trentasette anni. Inevitabile realizzare che avevano circa quindici anni alla formazione della band, quando suonavano dopo scuola nelle periferie di Washington D.C., e a malapena venti all’uscita di questo lavoro. D’accordo, i cambi di line up sono stati sostanziosi, ma i due membri fondatori, John Henry e Mike Schleibaum, prima dei quaranta riescono a vantare un curriculum di tutto rispetto e, non solo, sono fra coloro che con il loro spirito di intraprendenza (consapevolmente o no) hanno posto le basi per un nuovo genere. Quest’album è un esempio lampante di Swedcore, è la perfetta commistione fra un hardcore americano e il death metal melodico di stampo svedese: è uno sposalizio, un gemellaggio perfettamente riuscito fra Europa ed USA, è amore vero fra due generi musicali. Possiamo sentire nelle chitarre soprattutto l’influenza di band come In Flames e At the Gates e persino accenni di sonorità strumentali che ritroviamo in band di natura viking/pagan metal come gli Amon Amarth. Infatti, in quel momento della loro carriera i Darkest Hour, non hanno virato completamente i pattern chitarristici e strumentali su qualcosa che adesso definiremmo metal-core (basti pensare che i breakdown sono abbastanza latenti), ma ne pongono le basi, per il genere e per il loro songwriting futuro, prediligendo ad esempio la cura della chitarra ritmica piuttosto che dedicarsi ai soli.

Lampante esempio di ciò l’opening track, schiaffo in faccia di violenza hardcore, con una straordinaria dedizione sulle ritmiche e i riffs, e che ci risveglia dal torpore estivo (il disco è stato pubblicato il 18 luglio) grazie a una folata di freddo vento svedese. Insomma il suono di quest’album vuole essere molto europeo: come ulteriore conferma basti sentire la delicatissima digressione strumentale Part II, dalle morbide chitarre clean, arricchite dai violini, per essere fiondati in quel tipo di atmosfere nordiche delle quali certi già citati ragazzi di Goteborg furono i creatori. La melodia è preponderante, ricercata e sviluppata ampiamente e, nonostante ciò, è evidente la freschezza dei suoni americani. Il suono nel complesso è ruvido, volutamente impastato e graffiante, e pur evolvendosi caratterizzerà e renderà riconoscibili e unici nel loro genere i Darkest Hour fino al penultimo album, la perla The Human Romance, per terminare in un exploit ben differente sull’ultimo album self-titled. E’ la voce di un giovane e selvaggio John Henry che ci porta con facilità in America, insieme alla batteria di Ryan Parrish. Forti le influenze hardcore Newyorkesi , beats concitati , completa assenza di clean vocals, bensì uno screaming raschiato con un’ innata vena melodica al suo interno, a volte più celata a volte sfacciata, portavoce di testi esistenziali rabbiosi e interiori. 
La title-track si apre con accordi aperti e intro trionfale di batteria, anche se non è il pezzo che colpisce di più; quello è il colpito di brani come Eclipse e The legacy che rimangono impressi a fuoco.

Per concludere, The Mark of the Judas è un album notevole, una realtà inaspettata ma amata nella terra dov’è stata pensata, scritta e selvaggiamente registrata, che piace anche al mercato europeo. Si tratta di una via di mezzo fra metal old school e modernità hardcore che può unire i gusti di due scene diverse ma soprattutto fungere da ponte fra due generazioni. Un titolo da ascoltare: che sia a scopo accademico, a scopo d’intrattenimento, per un viaggio in auto o per puro piacere di ascoltare un album d’esordio davvero ben concepito e plasmato. E se già lo conoscete, forse è il momento di rimetterlo nel vostro lettore o nella vostra playlist.



VOTO RECENSORE
87
VOTO LETTORI
80 su 2 voti [ VOTA]
INFORMAZIONI
2000
Mia Records
Metal Core
Tracklist
1. For The Soul Of The Savior
2. A Blessing In Tragedy
3. The Legacy
4. Part II
5. Eclipse
6. The Mark Of The Judas
7. Escape Artist (a.k.a. "The Circler")
8. Messiah Complex
9. How The Beautiful Decay
Line Up
John Henry (Voce)
Mike Schleibaum (Chitarra)
Fred Zyomek (Chitarra)
Billups Allen (Basso)
Ryan Parrish (Batteria)
 
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