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27/04/25
THE LUMINEERS
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Darkest Hour - So Sedated, So Secure
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19/12/2020
( 625 letture )
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Ne è passata di acqua sotto i ponti da quando i Darkest Hour pubblicavano il loro secondo album, So Sedated, So Secure. Immaginatevi gli USA dei primissimi 2000, con la NWOAHM che si affaccia, ma il metal Bay Area ha ancora la sua predominanza e l’hardcore americano è al suo picco. Immaginatevi cinque giovani appassionati di hardcore che vengono in contatto con la realtà musicale estrema europea e nello specifico svedese, con la derivazione più melodica del death metal. Il risultato sarà qualcosa di davvero sorprendente, un vero ibrido che in qualche modo darà un ruolo importante ai Darkest Hour, anche se i Nostri -nonostante i 25 anni di carriera e i tanti album- non sono mai riusciti a fare quel salto di notorietà che sarebbe stato più che meritato. Già con The Mark of The Judas la band aveva steso un canovaccio per quello che potremmo definire un melodic metal / hardcore, e lo confermeranno grandemente anche nel successivo Hidden Hands of a Sadist Nation.
So Sedated, So Secure è veloce, intenso, frugale ma pieno di sostanza. Tracce brevi ma corpose, con un senso hardcore mai troppo sfacciato, svolgendo un fantastico ruolo di co-protagonista al melodic death di stampo scandinavo. Vi colpirà e ammalierà infatti la melodia intrinseca che non manca mai, il songwriting equilibrato con alcune sorprese soprattutto negli ending: basti ascoltare pezzi come Another Reason e The Last Dance Massacre per appurarlo. La produzione è grezza ma non troppo, palesando una scelta stilistica più che una mancanza di mezzi. In questo album vi è un sentore di At The Gates e un retrogusto di In Flames, d’altra parte band esemplari del genere, ma i Nostri reinventano queste reminiscenze rendendole loro, creando un proprio stile (soprattutto grazie alla voce dei singer John Henry) rendendoli riconoscibili all’ascolto. Il frontman si cimenta in linee vocali per lo più urlate e monocordi, ugualmente efficaci nell’impatto generale e sulla distinta base strumentale. Il suo è uno screaming acre, tagliente e arioso, estremamente personale: una voce che nel corso degli anni cambierà diventando più piena e grave. In questo album i riff di chitarra guizzano e si rincorrono, reiterando giri strumentali dinamici, veloci e furiosi: ciò è già evidente nella opening track An Epitaph e nella successiva title-track, dove le chitarre fanno da padrone alternando magistralmente pattern swedish / HC. In questo è anche il batterista Ryan Parrish ad avere un ruolo importante grazie alla sua perizia e tecnica. I breakdown non sono numerosi, ma sono presenti con savoir faire (The Hollow). Questa è sicuramente una peculiarità dei Darkest Hour, ovvero la scelta di non abusare dei breakdown veri e propri: da una parte questo li caratterizza, dall’altra forse li penalizza, perché qualche stacco ben piazzato in più avrebbe magari attirato maggiormente gli ascoltatori più imberbi. Non mancano parti molto oscure, come nel pezzo No Closer Than a Stranger; tuttavia la parte più tenebrosa ma anche interiore e psicotropa sarà proprio il finale del già citato The Last Dance Massacre, che incarna la vera e propria fine dell’album.
Per concludere, un lavoro da ascoltare per comprendere l’evoluzione della carriera e crescita stilistica della band, ma anche per entrare appieno nei primi esempi di metal - hardcore nella sua forma più melodica e tradizionale.
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. An Epitaph 2. So Sedated, So Secure 3. The Hollow 4. Another Reason 5. No Closer Than a Stranger 6. A Cold Kiss 7. Treason In Trust 8. The Last Dance Massacre
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Line Up
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John Henry (Voce) Mike Schleibaum (Chitarra) Frederik Ziomek (Chitarra) Billups Allen (Basso) Ryan Parrish (Batteria)
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