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Sabbat - Mourning Has Broken
24/03/2018
( 2071 letture )
Parlare di Mourning Has Broken può risultare semplice, tutto sommato. Soprattutto ventisette anni dopo l’uscita del disco, col peso dello scioglimento della band prima e il successivo semi-disconoscimento del disco. In sede di intervista Andy Sneap ha affermato che fu un errore farlo uscire col marchio Sabbat, perfino le ristampe degli album della band hanno riguardato solo i primi due album. Alla luce di queste informazioni, memori dell’accoglienza della critica ai tempi della pubblicazione, delle conseguenze e di ciò che la stessa formazione ha affermato negli anni a venire, sarebbe comodo etichettare l’album come un fiasco totale.
Tagliamo la testa al toro: fiasco lo è, per i motivi suddetti. È innegabile che la carriera degli inglesi sia stata segnata in negativo dalla pubblicazione di questo disco. Eppure sarebbe sbagliato, soprattutto a bocce ferme e a distanza di tutto questo tempo, chiudere la discussione bollando Mourning Has Broken come il classico passo falso che fa finire dritti nel burrone. Prima di approfondire cosa è contenuto nei solchi del disco, bisogna contestualizzarlo rispetto al periodo storico e allo status dei Sabbat prima della sua uscita.
La doppietta History of a Time to Come/Dreamweaver aveva fatto balzare gli inglesi in una posizione di rilievo nel panorama europeo del thrash metal. Siamo al tramonto degli anni Ottanta e quasi tutte le formazioni storiche avevano ormai pubblicato i loro album migliori. Era il periodo in cui la seconda ondata di gruppi ancorati alle sonorità e allo stile tracciati dai Big 4 –e non solo da loro– aveva già esordito, piazzando album formidabili che hanno assunto ancora più rilievo in fase di rievocazione di ciò che fu quel decennio per il genere. I Sabbat si innestano su tale affollato fondale, che ha ormai dei chiari porta-bandiera e un mare di emuli, portando una proposta di qualità, basata su un riffing elaborato e dal notevole gusto melodico che sa essere sempre funzionale all’aggressività dei brani, mantenendosi dunque molto fedele alle caratteristiche immediatamente associabili al thrash metal. Guidati da Andy Sneap in stato di grazia e da un vocalist efficace e ruvido come Martin Walkyier, i Sabbat diedero alle stampe due dischi dal valore assoluto, lasciando presagire un roseo prosieguo vista la crescita dimostrata con la seconda fatica discografica.
Le cose, invece, non andarono così. Per inquadrare Mourning Has Broken nella biografia dei Sabbat, occorre poi fare riferimento alla situazione della line-up. Ben tre, infatti, furono le variazioni occorse rispetto al precedente Dreamweaver: fuori la chitarra di Simon Jones, dentro quella di Neil Watson; fuori il basso di Fraser Craske, dentro quello di Wayne Banks; soprattutto, fuori la voce di Martin Walkyier e dentro quella di Ritchie Desmond. Quest'ultimo è uno dei motivi primari della pessima accoglienza del disco da parte della fan-base del gruppo di Nottingham.

L'orecchio attento di chi già conosce le precedenti produzioni a marchio Sabbat si rende conto nell'attimo stesso in cui si sprigionano le prime note di The Demise of History che qualcosa è cambiato. La cosa che risalta subito è la qualità di registrazione, un aspetto che finirà per penalizzare la resa complessiva dell'album, anche nei suoi brani meglio riusciti. A livello compositivo si assiste a uno spostamento verso strutture più elaborate e a una varietà maggiore in termini stilistici. Il lavoro delle chitarre è notevole, penalizzato solo dalla registrazione che non rende merito al gran lavoro del mastermind Andy Sneap. Proprio su quest’aspetto è giusto soffermarsi: senza particolari necessità di analizzare il disco traccia per traccia, non si può dimenticare quanto di buono l’album contenga dal punto di vista del riffing. Si pensi a un brano come Dreamscape, o alla strumentale Dumbstruck, o ancora alla ballad Paint the World Black. I Sabbat mantengono degli standard di livello notevole, ma sembra che di ciò questo gran parte del loro pubblico e della critica non se ne sia accorto o se ne sia dimenticato. Possibile?
Certamente no. A dispetto di un songwriting di prim’ordine, la terza uscita della formazione inglese soffre in gran parte dell’interpretazione canora del nuovo cantante Ritchie Desmond. La sua estensione vocale, maggiore di quella del suo predecessore, risulta infatti non solo poco funzionale, ma finanche deleteria nell’accostamento con l’impianto musicale. La prova di Desmond è il vero fardello che affossa il disco, rendendone a tratti indigesto l’ascolto. Il suo stile è fortemente manieristico, a tratti teatrale, a tratti acutissimo, talvolta anche stonato. Non solo si perde l’aggressività di Walkyier, ma addirittura si scende su un terreno in cui il cantato, oltre a non valorizzare la proposta, le fa perdere di incisività. Per una larga fetta di pubblico questo aspetto ha reso inascoltabile il disco, in senso letterale. A distanza di tutti questi anni, persiste la convinzione che Mourning Has Broken non sia un brutto disco, che contenga dei brani validi che, ben registrati e interpretati da Walkyier o da un altro cantante che meglio si adattasse, avrebbero avuto fortune ben migliori.

Ci si ritrova oggi, invece, ad analizzare l’album non solo come il lavoro meno riuscito della carriera dei Sabbat, ma come quello che ha posto fine alla storia artistica del quintetto inglese, stroncato democraticamente da critica e pubblico. Da una mente compositivamente evoluta come quella di Andy Sneap sarebbero uscite altre prove di alto livello, ma parlarne oggi equivarrebbe a fare ucronia. Mourning Has Broken è la prova concreta di come le qualità non bastino, ma servano tanti altri elementi. Scelte più oculate e una maggiore attenzione nelle fasi di registrazione dell’album avrebbero potuto dare un seguito degno, seppur inferiore, alle prime due uscite. Il disco ha invece rappresentato la fine della storia dei Sabbat.



VOTO RECENSORE
65
VOTO LETTORI
72.75 su 4 voti [ VOTA]
LAMBRUSCORE
Sabato 24 Marzo 2018, 13.35.41
4
Per me la produzione è buona, sono i pezzi che mi convincono poco, alcuni bei riff ci sono ma nel complesso non è un album per me.
jaw
Sabato 24 Marzo 2018, 12.56.35
3
Sul voto si puo' discutere, e' chiaro che e' molto diverso dai primi suona piu' freddo e tecnologico per cosi dire, potrebbe piacere di piu ai fans dei Voivod. Secondo me rimane un buon disco
Alessio
Sabato 24 Marzo 2018, 12.13.42
2
Questo mi manca, ma da quel poco che ho sentito non è nemmeno vicino ai primi due capolavori. Comunque è un gruppo da riscoprire per ogni thrasher che si rispetti.
rik bay area thrash
Sabato 24 Marzo 2018, 11.36.15
1
Quando lessi le review all' epoca della pubblicazione dell' album, rimasi sorpreso ( eufemisticamente parlando) della sostituzione di tre componenti la band originale, compreso il singer !! Già il singer !! Elemento caratterizzante di una band, e qui non aggiungo altro. Disastri a tal proposito ne abbiamo a bizzeffe, purtroppo. Metellized sta redigendo addirittura una rubrica a tal proposito. Il disco? Neanche riesco a commentarlo .... lasciamo perdere. (Imho)
INFORMAZIONI
1991
Noise Records
Thrash
Tracklist
1. The Demise of History
2. Theological Void
3. Paint the World Black
4. Dumbstruck
5. The Voice of Time
6. Dreamscape
7. Without A Trace
8. Mourning Has Broken
Line Up
Ritchie Desmond (Voce)
Andy Sneap (Chitarra)
Neil Watson (Chitarra)
Wayne Banks (Basso)
Simon Negus (Batteria)
 
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