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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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Bethlehem - Dictius Te Necare
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05/05/2018
( 3594 letture )
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Dictius Te Necare. Un invito, quasi raccolto nella tenebra di una notte insonne, pregna di angoscia, in preda all’inesorabile scorrere del tempo sino allo spietato splendore mattutino, latore di un’esistenza che non abbiamo più la forza di condurre. Ed è dunque sin dall’evocativo sigillo che i Bethlehem pongono a suggello del proprio secondo lavoro in studio che si evince la carica nichilista che un tale ascolto inevitabilmente porterà con sé. I nostri avevo difatti mostrato quanto simili tonalità emotive fossero loro congeniali sin dal seminale esordio Dark Metal, la cui trama fondeva, in maniera tanto inquietante quanto seducente sprazzi di black metal e allentamenti funerei di matrice doom. Sarebbe però ingenuo ed ingeneroso aspettarsi che la formazione tedesca abbia, con Dictius Te Necare, riproposto con poche variazioni sul tema l’amalgama che li aveva coronati di una discreta fama nell’underground internazionale.
Un primo elemento di novità in tal senso ci si palesa scorrendo velocemente della line-up: le linee vocali vengono affidate -per la prima e l’ultima volta nella carriera della combo- a Rainer Landfermann, maggiormente noto per la sua carriera da bassista. L’impatto delle scelte stilistiche messe in atto dai Bethlehem è ben presto evidente sin dalla opener Schatten aus der Alexander Welt. Se Dark Metal ci aveva abituato ad una sezione ritmica granitica, seppur con qualche concessione ai mid tempos, la opener ci sorprende con un serrato assalto frontale, permeato da metriche serrate e tremolo picking. La furia iniziale cede tuttavia ben presto il passo ad una sezione maggiormente dilatata, in cui le rubiconde linee di chitarra acustica e basso non sono che lo sfondo della performance di Landfermann, il cui screaming straziante e stridulo lacera da cima a fondo le partiture. Lo stile del vocalist -umano e, ad un tempo, non più umano- potrebbe essere accostato, per incisività ed impatto emotivo, soltanto a quello degli orrifici esperimenti di Nattramn. Non bisogna con ciò pensare che i Bethlehem abbiano con ciò messo da parte il delizioso tormento a base di tempi estremamente dilatati e rimiche nette e cadenzate, estremamente rappresentate nella successiva Die anarchische Befreiung der Augenzeugenreligion. In essa trova spazio persino un delicato fraseggio pianistico assieme ad ipnotici riff al vetriolo e reprise accelerate. Non mancano tracce come Verheißung - Du Krone des Todeskultes dalle venature quasi black’n’roll ma pur sempre vergata a sangue dalla prestazione di Landfermann, qui unita ad uno spoken word aleggiante su uno sfondo vellutato di chorus. Verschleierte Irreligiosität sorprende per la commistione di riff cordofoni saturi affilati come rasoi, cui sono intrecciati suggestivi fraseggi solistici ed improvvisi silenzi diafani, sfiorati solo dall’eccezionale lavorio tastieristico. Inutile dire come il libero gioco tra il raffinato ordito della componente strumentale, ora ferina e seminale, ora toccante e meditabonda, e la violenza selvaggia dell’ugola di Landfermann sia la cifra essenziale di Dictius Te Necare. Tutto ciò precipita, raggiungendo la propria acme nella meravigliosa Tagebuch einer Totgeburt che, pur essendo una delle tracce più brevi del lotto, ci lascia assaporare tutta la potenza della ricetta dei Bethlehem. L’accentuazione in fase di equalizzazione di basse e alte frequenze sacrificando in parte le medie nonché la sproporzione di volume in favore delle chitarre elettriche delineano i tratti fondamentali di una produzione abrasiva ma assolutamente affascinante e suggestiva.
Sebbene le parole utilizzate da chi scrive siano probabilmente quanto di più lusinghiero mai scritto su una formazione, affermare che Dictius Te Necarepossa essere adatto a tutti gli appassionati di metal estremo sarebbe un puro e semplice inganno. Si tratta di un lavoro che necessità del logorio della consuetudine per apprezzarne il geniale eppure semplice songrwriting. Lo stesso timbro di Landfermann potrebbe risultare fastidioso ai più eppure, chiunque avrà la pazienza di unire la propria angoscia a quella che trasuda dai poco più di quaranta minuti del platter, provare sollievo e timore al senso stesso, quasi fosse una lama gelida premuta contro il proprio polso, scoprirà uno dei dischi più stupefacenti che siano mai stati registrati.
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14
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A me l\'album omonimo del 2016 è piaciuto molto. |
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Sono daccordo.Era prevedibile comunque avrebbero finito per mutare.Anche agli albori,non sono mai stati pienamente inquadrabili,il loro era un doom black cupo e molto teatrale, diverso. |
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@Spirit sai io non ho niente con chi cambia genere, anzi di solito sono a favore di chi prova strade nuove. Ma nel loro caso mi pare siano andati in territori in cui non rendono. |
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11
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È vero Legaliz,loro sono quelli dei primi dischi,talmente particolari da aver rinunciato ad un marchio di fabbrica cambiando approccio. |
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10
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Il primo è inarrivabile, questo comunque davvero malsano. Quando poi hanno cambiato genere non hanno più fatto niente di rilevante secondo me
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9
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Disco che apre visioni su un abisso,di un fascino figurativo unico,ma la catarsi angosciosa che comunica lo rendono sconsigliabile a chi ricerca riflessioni ovattate o viene da turbolenze interiori. Band di nicchia. |
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8
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43 minuti tra i più funerei della storia del metal.
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7
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E' vero che è un album molto violento e terrificante, ma ci sono anche dei rallentamenti molto toccanti e intimisti che quasi ti trasportano in un mondo oltretombale. |
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6
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Grandissima e sottovalutata band. |
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5
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Album terrificante, nel senso migliore del termine.. molto bello anche l’ultimo |
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4
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Oh mamma mia che cosa vedo qui... ce l'ho in loop nello stereo della macchina dal 1996. Landfermann canta in un modo che mi fa perdere i sensi. Voce grandguignolesca. Sconsigliato ai deboli di stomaco. ORa vado a leggermi la recensione. |
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3
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Disco violento , una vera sassata. Brani tutti superlativi, la mia preferita Schatten aus der Alexander welt, un'opener da massacro..pura sofferenza! Grande album.90. |
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2
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Grandissimi, i primi tre sono spettacolari, forse questo è anche un pelo sopra agli altri due, ma faccio fatica a scegliere. Dopo a mio avviso si sono un pò persi tanto che avevo perso le speranze, per fortuna il nuovo disco del 2017 li ha riportati su ottimi livelli...90 secco. Bella recensione. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Schatten aus der Alexander Welt 2. Die anarchische Befreiung der Augenzeugenreligion 3. Aphel - Die schwarze Schlange 4. Verheißung - Du Krone des Todeskultes 5. Verschleierte Irreligiosität 6. Tagebuch einer Totgeburt 7. Dorn meiner Allmacht
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Line Up
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Rainer Landfermann (Voce) Klaus Matton (Chitarra) Jürgen Bartsch (Basso, Voce) Chris Steinhoff (Batteria)
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RECENSIONI |
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