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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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Profanatica - Profanatitas de Domonatia
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07/12/2018
( 1713 letture )
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Profanitas De Domonatia costituisce l’esordio sulla lunga durata dei Profanatica , e, sebbene il materiale più precoce degli stessi risalga alla prima decade degli anni novanta, venne rilasciato nel 2001. Tale ritardo viene maturato a seguito delle varie e più tortuose vicende coinvolgenti in particolar modo la mutevolezza delle line-up, che rimasero sempre tuttavia saldamente nelle redini di Paul Ledney. A partire dalla separazione consensuale con McEntee -dovuta a divergenze stilistiche, dalla quale sgorga l’impietosa creatura Profanatica , l’attività dei nostri si dipana attraverso numerose Demo, EP ed un paio di split, nonché un’intensa attività in sede live. Proprio in tale contesto inizia a prender forma il tratto saliente ed essenziale dell’estetica della combo: la provocazione malsana, sul crinale tra il sardonico ed il grottesco, una blasfemia che, riprendendo le parole di Ledney stesso, intende profanare senza limiti quanto possa esistere di sacro ed -apparentemente- inviolabile. Tale è la cornice entro cui viene pensato il debutto degli statunitensi -che avrebbe originariamente dovuto intitolarsi The Raping of the Virgin Mary prima e Sodomy of Sacred Assholes poi. La distruzione delle master tape originali e la momentanea rottura del sodalizio tra gli allora membri della band condusse all’accantonamento del progetto, che venne poi riesumato da Ledney svariati anni dopo -l’artista aveva tra l’altro parallelamente continuato a lavorare alla sua one mand band, Havohej.
Con la collaborazione di John Gelso, unico superstite di una delle formazioni primigenie, la creatura Profanatica concepì finalmente nell’anno domini 2007 il proprio esordio. Lasciando dunque fluire l’opener, Master of Man Absolute, avventuriamoci senza timore nella spelonca allestita ad arte dagli statunitensi. Il tetro incedere atmosferico iniziale, imbastito da synth tenebrosi, è ben presto permeata dalla progressione schizoide e cavernosa delle quattro corde, dischiudente un brano in cui il pervasivo up-tempo è incastonato in una sezione doomy e dilata di scuola Incantation. Risulta in tal modo delineato il palinsesto osservato dalle dieci tracce che entrano a far parte del lavoro. Il minutaggio delle stesse, piuttosto ridotto – eccezion fatta per l’atto conclusivo-intesse sapientemente armonizzazioni in tremolo quasi catchy con un riffing più cadenzato e mefitico in tempi ristrettisimi. Ciò contribuisce a fare di Profanitas De Domonatia un’opera lineare e quasi quadrata nell’essenzialità della sua sintassi ma, al tempo stesso, ribollente di un denso caos ragionato, officiato ed esaltato dalla prestazione vocale di Ledney, declamante i testi empi con un timbro sgraziato e ferino. Il marcio, il putrescente e l’orrido sono qui elevati a canone -verrebbe persino da pensare ironicamente all’evangelico ”abbassati e sarai innalzato” (Luca 14:11-29). La conclusiva Betrayal of The Lamb -unica traccia del lotto a sfiorare e superare i sei minuti- merita menzione a parte: non vi è qui posto per convulsioni chitarriste o sommovimenti ritmici bensì tutto risulta sospeso e soffocato in una malsana ed ossessionante lentezza, confluente nella lisergica sezione finale -ammantata da spettrali echi di voci femminili- con cui Ledney e Gelso, auspicando la si separano dall’ascoltatore, lanciando l’ultimo decisivo attacco a qualsiasi credo religioso. Non sarebbe azzardato a questo punto sottolineare come la produzione stessa costituisca una componente non trascurabile ascrivibile alla non-poetica dei Nostri: il mastering è pressoché inesistente -permangono difatti infrasuoni e sub-basse. Vi è una netta prevalenza delle basse frequenze, con un calo costante i termini di decibel via via che si sfuma verso le alte frequenze. Compressione pesantissima e clip onnipresenti completano il quadro di un suono volutamente genuino e raw ai limiti dell’amatoriale.
Nonostante la proposta sia delle più ardue e meno commercialmente osannate, Profanitas De Domonatia con la sua sfacciata verve provocatoria nonché pervasiva e ricercata ignoranza costituisce un prodotto a suo modo intrigante a cui qualsiasi appassionato di death o black dovrebbe dare perlomeno un ascolto.
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Tanta roba questo album! Condivido recensione e voto, ci voleva questo rispolverò, bravi, bravi.. |
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INFORMAZIONI |
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Hells Headbangers Records
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Tracklist
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1. Master of Man Absolute 2. Unto Us He Is Born 3. Mocked, Scourged and Spit Upon 4. Scourging and Crowning 5. A Fallen God, Dethroned in Heaven 6. Cursed Nazarene Whore 7. Pallid Savior 8. Profanation of the Gods 9. Them Who Dwell in Heaven 10. Betrayal of the Lamb
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Line Up
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Paul Ledney (Voce, Batteria) John Gelso (Chitarra, Basso)
Musicisti Ospiti Alex Cox (Basso)
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