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27/04/25
THE LUMINEERS
UNIPOL FORUM, VIA GIUSEPPE DI VITTORIO 6 - ASSAGO (MI)
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03/01/2019
( 2226 letture )
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Ve li ricordate gli Shining? No, non sto parlando dei blackster svedesi, ma dei loro intraprendenti cugini norvegesi; meno famosi, ma non per questo meno importanti per una determinata nicchia estrema. I nostri nascono nel 1999 proponendo un jazz acustico d’avanguardia, e si evolovono gradualmente veso sonorità metal con Grindstone (2007) e l’acclamatissimi Blackjazz (2010) e One One One (2013). Con l’ultimo International Blackjazz Society, la vena sperimentale inizia ad essere meno presente in favore di un avvicinamento all’hard rock, ma ciò non intacca la qualità del lavoro.
Ma torniamo ad Animal. Già da Everything Dies, rilasciata a settembre 2017, si poteva intuire che i nostri non erano affatto intenzionati a tornare sui proprio passi: anzi, il sax era sparito completamente a favore di una canzone punkeggiante dal ritornello catchy. Inutile dire che la rivolta dei fan non si fece attendere, ma un singolo non significava nulla, soprattutto dopo un ottimo lavoro che aveva alternato momenti più vicini al mainstream (la meravigliosa House of Control) a tracce più complesse (ad esempio The Last Stand).
Arriviamo quindi ad agosto 2018, due mesi prima della data di pubblicazione dell’album, al rilascio della title-track. Se in Everything Dies qualcosa di salvabile c’era, Animal affonda senza mezzi termini nella mediocrità più assoluta, dalle lyrics al limite dell’imbarazzante al ritornello, che cerca di essere aggressivo con risultati decisamente scarsi. I segni del disastro incombente ci sono tutti, ma bisogna aspettare altri tre mesi per il verdetto definitivo.
Eccoci quindi a novembre 2018: inseriamo il disco nel lettore e premiamo play. La prima traccia è Take Me, che ci accoglie con tastiere tipicamente anni 80, ritmiche sostenute e l’immancabile ritornello catchy che difficilmente uscirà dalla nostra testa. Rimane comunque uno degli episodi migliori del platter, se non il migliore. A seguire abbiamo la title-track di cui si è già parlato prima, per poi arrivare a My Church che, nonostante possa vantare un riff molto convincente, viene rovinata dall’uso veramente eccessivo dell’autotune. La successiva tripletta scorre veloce senza impressionare, tra echi dei Muse e sapori industrial che richiamano a sprazzi l’album precedente, fino a giungere ad un altro pezzo di buona qualità, trattasi di When I’m Gone: le tastiere lente e avvolgenti sono le colonne portanti di una ballad che, nonostante l’eccessiva zuccherosità, sembra meglio messa a fuoco dei pezzi più aggressivi che l’hanno preceduta. Dopo il passaggio per la già citata Everything Dies e l’impalpabile End, il disco si chiude con Hole in the Sky, canzone che attinge a piene mani dal pop anni 80, complice la presenza della cantante ospite Linnea Dale.
Per concludere: Animal non è un album brutto, inascoltabile, ma è decisamente carente sotto vari punti di vista, specialmente se ripensiamo al passato della band. Produzione pompata all’inverosimile, autotune ovunque, songwriting e lyrics decisamente banali a parte qualche sporadica eccezione. In parte comprensibile la scelta di questo esperimento che strizza l’occhio al mainstream, ma nonostante l’impronta del genio di Munkeby sia percepibile, per quanto riguarda la qualità c’è ancora molto su cui lavorare.
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6
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Erano la mia band preferita. Black Jazz resta un manifesto di quello che poteva essere l'inizio di una grandissima storia. Era il futuro. Poi il Sax era fantastico in quelle partiture con dei tempi così intricati. Invece se ne sono usciti con sto disco patetico, con il singolo che è un PLAGIO di un pezzo dei Nickelback. Non ricordo il titolo, ma se andate su youtube lo dicono. E' stata una delusione tremenda. Voto 30. |
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5
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No, Animal non è un album brutto o inascoltabile. E' semplicemente orribile, tra i candidati sicuri al titolo di peggior album del 2018. E non si tratta di esser fanboy, si tratta di veder potenzialità simili in grado di rilasciare perle come Blackjazz (anche se a esser sincero, rimane L' UNICA perla vera nella loro discografia comunque ottima fino al 2013 e per qualche canzone fino anche al 2015) buttar fuori canzonette tralasciabili che scopiazzano i nuovi (fastidiosi) Muse e li rendono se possibile ancora peggio. Bocciati con matita blu |
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4
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Senza discorsi da fanboy o altro, a me il disco è piaciuto. Chiaramente inserito nel contesto della discografia degli Shining "perde" per ciò che riguarda la composizione e soprattutto l'originalità, ma nella sostanza concordo con il primo commento perché - a differenza del disco nuovo degli Smashing Pumpkins - qui ci sono delle belle canzoni, che scorrono via facilmente, ma che lasciano un ricordo gradevole, seppur non emozionante o sconvolgente. Anche io mi assesto sul 75. |
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3
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Da Blackjazz a questo...imbarazzante. Almeno potrebbe cambiare il nome del gruppo. |
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2
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La delusione dell'anno scorso. |
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1
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Io sinceramente non riesco a stroncarlo questo disco. Da fan (nel 2013 mi feci 350 km per andarli a sentire di spalla ai The Ocean) il singolo mi aveva spiazzato tantissimo, ho comunque preso l'album e all'inizio mi ha deluso enormemente, Jorgen aveva detto che ora si sentiva rock e che avrebbe fatto rock ma non pensavo (speravo?) così tanto. Poi ho dato al disco qualche possibilità in più, entrando nel mood dell'evoluzione stilistica che è inevitabile in una persona come Munkeby, e devo dire che sotto quel punto di vista il disco scorre via che è un piacere, chiaramente come primo esperimento c'è tanto da affinare ma la qualità - e il genio del mastermind - c'è. Da comunque deluso (adoravo l'impronta jazz dei precedenti lavori) dò al disco 75. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Take Me 2. Animal 3. My Church 4. Fight Song 5. When the Lights Go Out 6. Smash it up! 7. When I’m Gone 8. Everything Dies 9. End 10. Hole in the Sky
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Line Up
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Jørgen Munkeby (Voce, Chitarra) Håkon Sagen (Chitarra) Eirik Tovsrud Knutsen (Tastiere) Ole Vistnes (Basso) Tobias Ørnes Andersen (Batteria)
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RECENSIONI |
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