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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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Shining (Nor) - One One One
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( 2906 letture )
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Quale forza interiore spinga un polistrumentista versatissimo accademicamente nel jazz a vestire i panni del front-man di una creatura avant-garde che lega i suoi destini ad una forma raffinata di black metal, è da reputarsi ignoto. E’ comunque interessante notare come la via prescelta, ferocia filtrata dalla sperimentazione elettronica, sia la più adatta ad accogliere la formazione intellettuale della giovinezza, essendo le strutture della fiamma nera perfettamente sovrapponibili alle divagazioni ai confini della tonalità caratteristica fondante di una frangia della musica contemporanea (i nostri norvegesi amano particolarmente i primi anni del XX secolo, quelli in cui tradizioni consolidate hanno subito inesorabilmente una decostruzione, permettendo alla musica l’approdo nel territorio matematico della dodecafonia). One One One quindi è un album a cui è difficile rimanere indifferenti, soprattutto se si tratta del primo approccio con il quintetto di Oslo - sovente confuso (benché i generi siano, almeno nella prima parte delle carriere, agli antipodi!) con l’omonima formazione capitanata dal famigerato Kvarforth, la cui passione, sorta negli ultimi tempi, per influenze diversificate ha amplificato le possibilità di identificazioni errate - abile nell’offrire all’utente, tramite studiatissima sottigliezza psicologica, un disco in cui irresistibili episodi dal taglio radiofonico, (si ascolti l’opener I Won’t Forget oppure Walk Away per comprende meglio l’affermazione) e composizioni da cui è impossibile separare l’atto del songwriting dall’evidente volontà di richiamare la scrittura schizofrenia presente nel precedente, ed apprezzato, Blackjazz. Inoltre, i fidi compagni di studio degli Enslaved (la collaborazione si è estesa fino al lavoro congiunto di Ivar Bjornson e Jorgen Munkeby per la stesura di nove “movimenti” ed ad un’incisione congiunta atta a riproporre il capolavoro del 1969 dei King Crimson, 21th Century Schizoid Man, pezzo realmente appropriato al pensiero creativo del gruppo) hanno risolto con destrezza una delle problematiche che, secondo una parte degli appassionati, affliggevano il capitolo pubblicato tre anni fa, ossia la complessità delle partiture, in grado di affaticare oltremodo l’ascolto. Al contrario One One One, oltre ad essere piuttosto breve considerando che supera di un soffio la mezz’ora di runtime, è decisamente orientato verso una direzione catchy, quasi disimpegnata, comunque radicalmente divergente dalle volontà precedentemente espresse. In poche parole piane, spariscono le convoluzioni di frequente prive di significato logico apparente di Blackjazz Deathtrance mentre appaiono, come spettri da brume nebbiose scozzesi, progressioni intellegibili concentrate sul binomio semplice ma efficace chitarra-sassofono (nonostante le due entità siano, di fatto, una creatura unica, essendo Munkeby valente polistrumentista), ritornelli dal mostruoso potenziale on stage (Off The Hook sembra esser stata composta per aizzare una folla adorante), minutaggi contenuti, compatibili con una fruizione oramai schiava dei ritmi consumistici. Vi sono, in accordo ad una traduzione ineludibile, i risvolti negativi, causati da un’attitudine atavica e radicata nelle anime dei membri degli Shining: la ricerca di una soluzione ad effetto, non dissimile dai tentativi malcelati di un narratore incapace di mantenere una consona tensione narrativa, non fallisce nel suo specialissimo compito di incrinare una perfezione formale costantemente ostentata (che sappiano suonare non era una questione rilevante: non ci si diploma senza una preparazione massiccia) mostrando un’ombra nel quadro luminoso di One One One. Se avessimo dinnanzi una produzione del magnifico Frank Vincent Zappa su quest’ultima obiezione potremmo sorvolare: la conoscenza dell’anelito alla provocazione dell’italo-americano (compensato dalla straordinaria capacità di innovare, di plasmare, di sperimentare con logica matematica), tuttavia la situazione dei norvegesi è in bilico. Non si nega una finezza nel scegliere e canalizzare le influenze, -altrimenti un coacervo indistinto di pseudo-intellettualismo venato da velleitarismi da compositori colti desiderosi di sedurre un pubblico poco ricettivo-, tuttavia anche in un atto breve come il presente, balugina serpeggiante un dubbio sulla solidità dell’impianto artistico: dove finisce l’esercizio accademico (concesso ai Cesari gli onori per la forza delle soluzioni impiegate) e dove, al contrario, subentra il vero ed inimitabile processo di assemblaggio di un album non dipendente dalla semplice (accezione da leggere scevra da volontà di critica!) tecnicità.
Soppesate le due personalità del Giano che è One One One, bisogna dedicare qualche riga allo studio dei motivi per i quali un annoiato appassionato dovrebbe dedicare il suo prezioso tempo (ancorché strozzato dal tedio) all’uscita. Primo punto, il desiderio - che dovrebbe essere il motore onnipresente allorché ci si cimenta nel campo musicale e non solo - di ampliare il proprio orizzonte, affrontando una release dalla controversa natura, quantunque le sue radici affondino saldamente nella storia recente, specialmente se nelle vostre peregrinazioni favorite si trovano dischi quali In The Court Of The Crimson King o In Praise Of Learning dei sommersi dalle sabbie del tempo Henry Cow, alfieri della scena di Canterbury negli ultimi anni Sessanta, primi Settanta il sesto capitolo della discografia dei norvegesi merita attenzione. Secondo punto, ottenere l’ennesima riprova della dote del black metal di sposare scritture superficialmente in netto diverbio con le prerogative del suddetto genere, considerazione estendibile alla totalità del metal estremo, con le dovute eccezioni, oramai sottolineata in svariate sedi, che però deve ottenere la più vasta eco possibile. In terzo ed ultimo luogo, è necessario concedere un’approfondita analisi all’operato dell’esperto combo scandinavo (attivi dal 1999), per confrontarsi con un linguaggio alieno (qualunque sia la propria posizione) alla banalità quotidiana offerta da radio ed affini.
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4
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"I won't forget" è una delle migliori canzoni che abbia ascoltato nell'ultimo anno! ** |
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3
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"I won't forget" è una delle migliori canzoni che abbia ascoltato nell'ultimo anno! ** |
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2
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molto peggio del precedente. |
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1
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A me è piaciuto parecchio anche se decisamente più catchy rispetto al precedente. Nulla di trascendentale ma sicuramente un disco che ascolterò ancora molte volte. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. I Won’t Forget 2. The One Inside 3. My Dying Dive 4. Off The Hook 5. Blackjazz Rebels 6. How Your Story Ends 7. The Hurting Game 8. Walk Away 9. Paint The Sky Black
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Line Up
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Jorgen Munkeby (chitarra, sax, voce) Hakon Sagen (chitarra) Bernt Moen (tastiere) Tor Egil Kreken (basso) Torstein Lofthus (batteria)
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RECENSIONI |
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