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Radiohead - Pablo Honey
06/10/2019
( 4395 letture )
Genesi di una delle più importanti band degli ultimi trent’anni. Se vogliamo, la storia dei Radiohead nei primi anni di formazione non è affatto diversa da quella di tante altre band. Formati nel 1985 ad Abingdon-On-Thames da cinque compagni di scuola più o meno coetanei, che decidono di mettere su una band quasi per scherzo, scegliendo gli strumenti non tanto per reale convinzione o particolare talento, ma perché semplicemente era indispensabile per andare avanti, i cinque iniziano a provare assieme nell’aula di musica della scuola e scelgono come nome On a Friday, riferendosi naturalmente al giorno delle prove. La loro formazione musicale deve molto agli insegnamenti scolastici e alla partecipazione alla scena musicale locale ma, evidentemente, sotto tanta normalità, qualcosa doveva pur emergere, se dopo un solo demo gli On a Friday sono contattati niente meno che dalla Island Records. I nostri decidono però di voler proseguire i propri studi universitari e pur continuando a provare nei fine settimana, sembrerebbe che l’impegno nella band dovesse trovare un naturale sbocco di passatempo. Invece, nel 1991 i cinque si ritrovano ad Oxford nella stessa casa e iniziano a fare sul serio firmando un contratto per sei album con la major EMI e, infine, cambiando nome in Radiohead, dall’omonima canzone dei Talking Heads. A questo punto, il materiale è in buona parte già composto e pronto per la registrazione ed ecco che viene rilasciato un EP, The Drill, con scarsi risultati. Paul Kolderie e Sean Slade, produttori di Pixies, Buffalo Tom e Dinosaur Jr. vengono invitati a Oxford per le registrazioni del primo disco della band, Pablo Honey, preceduto dalla pubblicazione del singolo Creep. Fino a qui, tutto assolutamente nella norma, diremmo.

Pablo Honey è un album che ha ormai quasi trent’anni sulla schiena, che ha conosciuto una rivalutazione successiva quasi elegiaca, in confronto alle critiche che si sollevarono alla sua uscita. Si tratta essenzialmente della raccolta dei migliori brani composti dalla band fino a quel momento, con la riproposizione leggermente modificata di tre canzoni già uscite l’anno precedente nell’EP. Il che lo rende, come quasi tutti gli album di debutto, un disco piuttosto disomogeneo e particolarmente ricco di influenze e riferimenti esterni. E’ memoria storica che molta della critica ai tempi lo bollasse essenzialmente come una versione brit e “light” del movimento grunge allora imperante, in particolare a causa delle atmosfere depresse e autoindulgenti, del cantato svogliato e biascicato di Thom Yorke e dell’immagine trasandata e tipicamente “college” del gruppo. In effetti, sarebbe inutile negare che tali influenze siano presenti nella musica dei ragazzi inglesi e d’altra parte la scelta del team di produttori non cerca neanche troppo di nasconderle. Essenzialmente, però, sarebbe errato considerare Pablo Honey come un disco grunge, dato che pur essendo vero quanto detto in precedenza, al quale aggiungeremmo anche una certa urgenza rock e punk di alcune tracce, di fatto potremmo dire che le influenze assorbono anche il noise e lo shoegaze, derivanti dagli anni formativi ad Oxford e, naturalmente, quella vena pop che non è mai mancata nella musica della band. In effetti, nella sua ingenua spontaneità di opera prima, Pablo Honey contiene anche moltissimi degli elementi che diventeranno definitivi nella musica della band: la vocalità particolare e l’estensione di Thom Yorke, i suoi testi e le sue ballate acustiche o semiacustiche, la grande qualità strumentale di Jonny Greenwood, elemento di “disturbo” e al contempo di sensibilità musicale superiore, la solidità della sezione ritmica, essenziale e al contempo mai troppo in disparte, le venature alternative che qui prendono una piega più propriamente rock e che in futuro invece si coloreranno di elettronica, art rock, ambient, psichedelia e infiltrazioni floydiane. Il risultato è un disco molto piacevole a tutt’oggi, pur con la sua evidente natura di album di riepilogo della fase di genesi della band e pur con la sensazione di molta indefinitezza di alcuni brani, che hanno però a loro volta influenzato in maniera chiara praticamente qualunque band inglese e assolutamente non solo, da quel momento in poi. E’ senz’altro l’album di Creep, una delle canzoni simbolo degli anni 90, un brano dalla doppia vita: pubblicato come singolo per entusiasmo della band e dei produttori, rifiutato dalle emittenti continentali perché ritenuto “troppo depressivo” con conseguente scarsissimo riscontro anche per l’album e poi improvvisamente brano spacca-classifiche, grazie ai passaggi continui delle radio statunitensi e poi di MTV, mentre il gruppo si trovava lì in tour, a distanza di quasi un anno dalla pubblicazione. Icona di un certo modo di comporre e suonare, propone un ormai famosissimo giro di chitarra che viene in realtà mutuato dalla canzone The Air I Breathe del 1972, per la quale i compositori Albert Hammond e Mike Hazlewood saranno accreditati, straziato poi dalla distorsione di Jonny. Il che, per inciso, la dice lunga su quanto abbiano capito della musica degli anni 90 i suoi detrattori. Ma nel disco non c’è solo Creep: una opener come You fa colpo ancora oggi, con la sua venatura possente, grunge e noise al tempo stesso, sulla quale Yorke mette subito in chiaro le proprie potenzialità vocali, al pari del resto della band, con Colin Greenwood in particolare spolvero. Basti questa traccia per capire quanto una band come i Muse debba musicalmente e vocalmente ai Radiohead. Ma Bellamy e soci sono solo un esempio dei tanti e ascoltando alcune versioni dal vivo di questa canzone, prive quasi di distorsione, un altro nome che fa subito capolino è quello di Jeff Buckley, poi tributato anni dopo dagli stessi Radiohead, con la meravigliosa Pyramid Song. Altre tracce imperdibili sono naturalmente Stop Whispering, con la sua coda noise; Anyone Can Play Guitar, curiosa canzone “leggera” nella tematica, ma dalla costruzione praticolare e dal finale tronco, nella quale è ancora il triplo attacco chitarristico a dare profondità alle parti strumentali assieme alla sezione ritmica; Ripcord molto grungy, Vegetable e Prove Yourself, proveniente dall’EP e ottimi esempi di canzoni “secondarie” da riscoprire. Chiude Blow Out che, con il suo giro quasi jazz/bossanova e le lunghe parti strumentali, costituisce un unicum quasi alla Faith No More e sarà spesso usata come bis nei concerti. Da notare, infine, come in How Do You si senta il campionamento della sitcom The Jerky Boys, nella quale una battuta telefonica recitava: Pablo, honey? Please come to Florida. Un passaggio che Yorke trovò divertente per il titolo dell’album.

Pubblicato nel febbraio del 1993 e preceduto nel settembre del 1992 dal primo singolo Creep e pochi giorni prima dal secondo singolo Anyone Can Play Guitar, Pablo Honey come detto non ottenne grande considerazione da parte del pubblico e anche la critica si mostrò inizialmente abbastanza tiepida, anche se quasi nessuno "sparò contro il pianista", finché nel giugno dello stesso anno, grazie al successo statunitense, esplose letteralmente nelle classifiche di mezzo mondo. Come spesso accade, il successo ha nel tempo trasformato un buon disco di debutto, con tanti difetti e certamente molti pregi, in un album imperdibile, inserito spesso nelle classifiche come album tra i più importanti di tutti i tempi e così via. Ruolo che naturalmente avrebbe molto più senso e spessore se affidato al successivo The Bends, che di Pablo Honey costituisce la versione ampiamente cresciuta e matura, prima della rivoluzione avviata con Ok Computer. Al di là delle rivalutazioni a posteriori, Pablo Honey è un debutto carico di entusiasmi giovanili e influenze poi abbandonate, ma al momento sentite e caratterizzanti, già sufficientemente maturo per contenere i tratti fondanti della musica della band e per essere da ispirazione per molti altri a venire. Merita perciò un posto particolare nella discografia del gruppo stesso e un ascolto attento quanto necessitante della stessa ottica di ingenuità contenuta nella musica. Sicuramente, assieme a The Bends, è l’album più schiettamente rock dei Radiohead, una delle band più importanti degli ultimi trent’anni. Fatelo risuonare e vi porterà esattamente a quegli anni. Il che ha un valore.



VOTO RECENSORE
79
VOTO LETTORI
64.19 su 26 voti [ VOTA]
Psychohistorian
Lunedì 5 Maggio 2025, 17.06.10
19
Album fatto abbastanza a caso. The Bends invece è un capolavoro, non che comunque questo sia brutto,però oltre a Creep non è il picco della band
Bob
Mercoledì 16 Agosto 2023, 21.32.22
18
@Lizard …così difficile da interpretare?
Galilee
Lunedì 14 Agosto 2023, 15.38.41
17
Ultimamente piovono commenti illuminanti come se non ci fosse un domani...
Lizard
Lunedì 14 Agosto 2023, 15.20.12
16
Grazie dell’illuminante citazione, che peraltro potrei anche condividere. Diciamo che questa arrivava appena 26 anni dopo l’uscita, quindi mi sfugge dove volessi arrivare…
Bob
Lunedì 14 Agosto 2023, 15.09.16
15
Come disse un noto critico musicale…” i Radiohead sono una band al quale i recensori danno il massimo dei voti prima ancora dell’uscita del disco”……non penso ci sia bisogno di aggiungere altro…
Uomo Tigre
Sabato 22 Luglio 2023, 1.31.35
14
Creep è una canzone a dir poco meravigliosa. Stupenda anche la cover fatta dai Sentenced.
Undertow
Martedì 15 Dicembre 2020, 0.39.20
13
Ormai mi ero rassegnato al fatto che vi foste limitati al solo King of Limbs, ovvero l'album che segna la morte musicale del gruppo. Sono davvero contento di aver trovato questa recensione e, a questo punto, spero approfondiate il discorso con i lavori successivi... sono curioso di vedere come verranno giudicati su un sito come questo, che si occupa quasi esclusivamente di metal. Quanto all'album, come indicato dal recensore, si sentono tutte le caratteristiche e le ingenuità di un album di esordio. Voto: 70
Mastro Titta Techno RMX
Martedì 22 Ottobre 2019, 11.00.38
12
Che libidine commentare una band dalle copertine senza mai aver ascoltato un loro album.
angus71
Martedì 15 Ottobre 2019, 12.22.20
11
sinceramente singolo strepitoso ma band noiosetta già all'epoca. mai esaltato più di tanto.
Macca
Lunedì 14 Ottobre 2019, 21.54.03
10
Fino a Ok Computer superlativi, poi da Kid A hanno preso un sentiero che non ho capito e apprezzato appieno. Mi prenderò del tempo per riascoltare i successivi, anche se per me The Bends rimane insuperato e rappresenta uno dei migliori dischi rock dei ‘90. Grande band, ma non per tutti i palati.
Galilee
Giovedì 10 Ottobre 2019, 16.58.57
9
Band immensa dalle mille sfaccettature. Forse il gruppo rock più personale e influente degli ultimi 30 anni. Purtroppo , è lo dico con dispiacere, non li capii subito e riuscii ad apprezzarli in differita, e solo ora sto procedendo col recupero e l'ascolto della loro meravigliosa e bizzarra discografia. Questo non ce l'ho ma lo conosco abbastanza bene anche se per un giudizio attendibile aspetterò di averlo tra le mie mani in vinile e averlo ascoltato tot vole sul mio stereo.
LAMBRUSCONE
Mercoledì 9 Ottobre 2019, 16.14.18
8
Ottimo rimedio contro l'insonnia, ma anche come lassativo fa la sua porca figura.
Replica Van Pelt
Mercoledì 9 Ottobre 2019, 15.55.44
7
@ Area ma io non ho musica "poco gradita",e nel caso sarebbe comunque motivata a mio insindacabile giudizio finale...scherzo,solo "questi",se poi piacciono (con mia immensa tristezza e oblio) affari loro,posso farci nulla,ma parliamo spesso di musica e ....come si dice,la mela non casca lontano dall'albero.
Area
Mercoledì 9 Ottobre 2019, 12.51.36
6
@Replica Van Pelt, No offense mate but.... se io fossi tuo figlio e accidentalmente mi piacessero i Radiohead o qualsiasi musica a te "poco gradita" la mia missione principale sarebbe quella di scappare di casa e farti pure disperarti un po... ma come ragioni? XD
Area
Mercoledì 9 Ottobre 2019, 12.45.01
5
Gran bel disco, anche se io ho preferito le cose successive tipo KID A, che ha al suo interno quel capolavoro di "Idioteque"
The Sisters of Benson
Mercoledì 9 Ottobre 2019, 12.39.41
4
Se c'era una band britannica degli anni 90 che meritava davvero di avere gloria internazional eal livello dei Radiohead, quelli sono stati i Catherine Wheel, Ferment e Chrome, due capolavori assoluti. Parlo di loro perche' durante il tour di Chrome i Radiohead aprivano i concerti per i CW nel 1993., invece ironia della sorte anni dopo le cose si ribaltarono e furono i Catherine Wheel a dover aprire i concerti per la band di York e co. Una situazione a mio parere davvero ingiusta e paradossale, il destino talvolta non premia la qualita'
GT_Oro
Martedì 8 Ottobre 2019, 8.59.29
3
Leggenda narra che l'attacco caratteristico di distorsore di Creep sia stato un errore di Greenwood poi ripetuto deliberatamente e lasciato su nastro. Comunque non tutti sono in grado di sfornare un disco d'esordio del genere, ovviamente non esente da difetti o incertezze stilistiche, ma dotato già di un ottimo carattere e personalità.
Replica Van Pelt
Lunedì 7 Ottobre 2019, 18.22.35
2
Senza bisogno di infamarli,ma sono l'unico gruppo che in casa o all'aperto ho apertamente vietato di ascoltare e di parlare.Per il resto si può ascoltare e discutere di tutto,emoindi per bimbi minchia (in ogni caso non offendetevi in quanto rivolto all'assunzione medatica,se poi vi piacciono buon per voi) o post-rock in un momento in cui il rock si stava perdendo da qualche parte,e c'era bisogno di un morto per celebrarne la sopravvivenza con un gruppo tipo "ok mi devo censurare" che attirasse le vendite di un mercato "giovanile".Sbagliato,il rock per fortuna c'è ancora,sarà di nicchia,forse sputtanato (è si),sopravvivendo a se stesso,alle volte,raramente,rinascendo in quella che era la sua forma primaria,oppure guardate al passato,agli anni 60,o ai settanta,i primi 80,e poi dopo.C'è una storia enorme,che solo scaruffi forse ne comprende appieno il significato (ahahah).Niente,il rock continuerà la sua storia malgrado questi,la cui storia e peso sono pari a 0.Al netto del ciuffo.
InvictuSteele
Domenica 6 Ottobre 2019, 23.15.52
1
Album che ancora oggi mi commuove e che resta il mio preferito dei Radiohead. I successivi saranno più maturi e sperimentali, sicuramente più acclamati, ma questo è quello che mi piace di più. Voto 80
INFORMAZIONI
1993
Parlophone / Capitol
Alternative Rock
Tracklist
1. You
2. Creep
3. How Do You?
4. Stop Whispering
5. Thinking About You
6. Anyone Can Play Guitar
7. Ripcord
8. Vegetable
9. Prove Yourself
10. I Can’t
11. Lurgee
12. Blow Out
Line Up
Thom E. Yorke (Voce, Chitarra)
Jonny Greenwood (Chitarra, Piano, Organo)
Ed O’Brien (Chitarra, Cori)
Colin Greenwood (Basso)
Phil Selway (Batteria)
 
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