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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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The Projectionist - The Stench of Amalthia
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11/04/2020
( 1797 letture )
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Caro lettore, non voglio mentirti: prima di ricevere il promo di The Stench of Amalthia non conoscevo i The Projectionist. Uno degli aspetti migliori della musica di qualità è che essa riesce a parlare anche all’ascoltatore ignaro, magari pure solleticandone la curiosità. Quante volte è capitato, ascoltando l’album Random del gruppo Tal-dei-tali, di pensare: “accidenti, niente male! Proviamo ad ascoltare qualcos’altro di loro!”. Il disco protagonista di questa recensione si presentava nel migliore dei modi. Esso, nelle parole della Moribund Records, riusciva a ad esercitare quel fascino dell’ignoto proprio dei progetti sulla carta stimolanti. The Stench of Amalthia, come descritto dall’etichetta statunitense, appariva come un disco interessante realizzato da una band altrettanto interessante: un concept album black metal i cui personaggi sono interpretati da diversi cantanti. “Gli Ayreon di The Source”, pensai, “incontrano i migliori Cradle of Filth di Damnation and a Day o i Carach Angren di Where the Corpses Sink Forever. Con un sound più diretto e crudo, magari”. Prima di cominciare l’ascolto, ad ogni modo, feci tabula rasa di qualsivoglia aspettativa, come son solito fare, per poter affrontare questo disco nel modo più puro e genuino possibile. Bisogna precisare, per poter porre nella giusta prospettiva The Stench of Amalthia, che questo è il quinto lp dei The Projectionist. Cinque album sono un tesoretto più che discreto, in termini di esperienza e di capacità compositiva. Specialmente se, guardando alla discografia della band, questi cinque dischi son stati pubblicati in cinque annate consecutive: dal 2016 al 2020 non c’è stato anno che non sia stato marchiato dalla firma dei The Projectionist (il 2017 è stato quello più prolifico, con un full length, due split ed un live album). Non si raggiunge questo traguardo senza aver mostrato di possedere spiccate qualità musicali, nell’ambito del genere di riferimento. Almeno, così dovrebbe essere. “Dovrebbe”, perché in questo disco di qualità se ne sentono ben poche e di esperienza pare essercene ancor meno.
Prima di addentrarci nella descrizione dei problemi dell’album -e, credetemi, si potrebbe scrivere un saggio lungo quanto Alla Ricerca del Tempo Perduto di Proust sui suoi difetti-, partiamo dagli aspetti positivi dello stesso. Pregi che sono numerosi: abbiamo, ad esempio, la trama narrata; e poi basta. Ok, non sono così numerosi. La storia raccontata dai The Projectionist, comunque, è davvero interessante, sebbene non presenti delle soluzioni originali o particolarmente geniali. L’ormai anziana attrice di film noir Amalthia Grahame, i cui giorni paiono avvicinarsi alla propria fine, vive da sola nella sua sfarzosa villa ed il suo medico, il dottor Bendix, le affianca una infermiera-badante, la signorina Evelyn. Un turbine di morte, torture ed orrore si svilupperà nel corso dei quasi sessanta minuti del disco. Viale del Tramonto di Billy Wilder incontra l’horror gotico italiano di Mario Bava e Riccardo Freda, insomma. Il tutto narrato per mezzo di uno schietto black metal, infuso di elementi puramente narrativi, come personaggi parlanti o effetti sonori. Ad ogni modo, proviamo ora a parlare dei problemi che tormentano il disco. Compito assai arduo, sin dall’inizio, poiché difficile è scegliere un punto di partenza. Potremmo, magari, cominciare dall’incapacità dei singoli elementi della band di comunicare e coordinarsi tra di loro, forse il più grosso e grave difetto dell’album. Non di rado, infatti, la chitarra e la batteria si troveranno a suonare come in due canzoni diverse, di due band diverse, in due angoli diversi del globo terracqueo. L’esempio più agghiacciante è l’intro di Forsaken O’Clock: qui la chitarra si destreggia in un delicato arpeggio -banale ed elementare ma, in questo disco, pare quasi una composizione miracolosa- che viene spietatamente distrutto dalla batteria di Malphas, totalmente fuori tempo. Mancano le basi. Anche all’orecchio di un non-musicista appare lampante come tra il batterista e Parageist, l’addetto alla sei corde, non vi sia alcuna sintonia, sia essa compositiva o esecutiva. È tutto sbagliato. Di nuovo: mancano le basi. A proposito di chitarra, come non ricordare i “bellissimi” (leggasi tale vocabolo con una dose non indifferente di sarcasmo) assoli che, per fortuna piuttosto rari, si divertono a torturare le orecchie dell’ascoltatore? Il più “bello” (non dimenticate di abbondare con il sarcasmo) è sicuramente quello che troneggia al centro della settima traccia, Exuberance Contorts an Evil, nella quale il povero strumento viene sodomizzato senza alcuna pietà: personaggi ormai famosi sul web hanno fatto proseliti, a quanto pare. Per grazia divina, questo capolavoro dell’obbrobrio dura poco, giusto il tempo di qualche nota sbilenca che pare suonata senza cognizione di causa. Ascoltando nella sua complessità questo lavoro, l’unica parola che pare attribuibile a questo disco, senza scadere nella becera volgarità, è: inettitudine.
I Nostri sventurati musicisti canadesi sembrano voler dare a tutti i costi ragione a quella porzione di pubblico inesperto e poco avvezzo al black metal, che pensa che esso sia solo rumore con grida. E anche quando lo scream di Lord Matzigkeitus, sbilenco come la batteria, decide di concedere un attimo di riposo al povero malcapitato ascoltatore tacendo, questi non riesce comunque ad aver pace. La voce femminile che, di tanto in tanto, si destreggia in un clean che aspira ad essere lirico -Simone Simons e Floor Jansen perdonatela, perché non sa quello che fa- ma che riesce solo a rendersi ridicolo e stridente: apice di questo disastro canoro è l’intervento che si ha attorno al secondo minuto di Flayed, ottava traccia di questo strumento di tortura medievale. È davvero difficile trovare qualcosa da salvare, al di là della trama, in questo pezzo di plastica rotondo. Qualche momento interessante esiste, certo, come quel senso di minaccia ed orrore che la musica riesce ad evocare in Perfumes, allorché udiamo la voce disperata e terrorizzata dell’infermiera. Ma è davvero poco, troppo poco anche solo per rasentare l’insufficienza. Due o tre istanti validi, volendo essere generosi e magnanimi, non possono giustificare cinquantasette minuti che compongono il disco, che paiono più prossimi alla durata mostruosa dei film-fiume di Lav Diaz (senza, tuttavia, la meraviglia e la mestizia che pervadono le opere del maestro filippino, come Death in the Land of Encantos, 540 minuti). Cinquantasette minuti di inettitudine, come dicevamo sopra; cinquantasette minuti privi di qualsiasi vera idea musicale.
The Stench of Amalthia è un oggetto indefinibile. E devo chiedere scusa al lettore, non certo alla band o all’etichetta, se le parole che ho usato in questa recensione sono state eccessivamente impietose. Devo chiedere scusa al lettore per aver portato alla sua attenzione questo lavoro, che di davvero meritevole ha solo il fatto che, ad un certo punto, finisce. Devo chiedere scusa, infine, al lettore per avergli fatto perdere tempo: perché so che qualcuno, probabilmente tra i più masochisti del pubblico di Metallized, ascolteranno il disco, quando verrà pubblicato il 17 Aprile.
Un ultimo, piccolo dettaglio, insignificante ma comunque meritevole di menzione, in quanto mossa che pare voler imitare il seppuku: presentando l’album, la Moribund Records ha indicato tra i “RIYL” (ovvero “recommended if you like”, vale band che hanno, o dovrebbero avere, qualcosa in comune con i The Projectionist, suggerimenti che delineano il pubblico di riferimento dell’album) gruppi come Betlehem, Shining e King Diamond. È vero, come dicevo in apertura, che la musica di qualità dovrebbe spingere ad approfondire la band che la suona; non a caso, ascoltando The Stench of Amalthia mi è venuta una gran voglia di riascoltare Dictius Te Necare.
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5
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Sembra di ascoltare un disco sinfo teatral finto black dei Cradle Of Filth,uno di quelli più riusciti però. Orribile. |
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4
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Devo dire che vista la valutazione così bassa sono stato incuriosito aspettandomi un disastro annunciato, invece trovo la proposta di questo gruppo abbastanza interessante e sicuramente fuori dalle righe. Secondo me la valutazione, sebbene per me si parli di un lavoro non sufficiente, è troppo esagerata. |
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3
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Non capisco che senso abbia perdere tempo a fare recensioni sadiche demolendo finti musicisti. Non sarebbe meglio occupare il tempo a scoprire nuove band e scrivere fantastiche recensioni di fantastici album come fate di solito voi? Io chiedo eh... |
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2
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Onestamente ho letto la recensione perchè non mi è capitato di vedere un voto così basso nelle recensioni di metallized  |
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1
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Madonna Fede, che legnata! Ora ho capito di quale disco mi parlavi l'altro giorno. Per masochismo ho ascoltato un paio di pezzi e posso capire benissimo la tua recensione: in effetti soprattutto chitarra e batteria non vanno mai insieme neanche per sbaglio.... Potevano perlomeno spacciarlo come avantgarde/noise, forse avrebbero fatto una figura migliore. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Withering 2. Sepulchral Oak Door 3. Covetous 4. Summoning Transference 5. The Weakening 6. A Startling Housecall 7. Exuberance Contorts an Evil 8. Flayed 9. Perfumes 10. Forsaken O’Clock 11. Death and Honor (OWM Cover)
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Line Up
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Lord Matzigkeitus (Voce) Parageist (Chitarra) Destroyer (Basso) Orpheus (Orchestrazioni) Malphas (Batteria)
Musicisti Ospiti: Aven Haunts (Voce di Amalthia Grahame e Evelyn) Caeser Tiberius (Voce del dottor Bendix)
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