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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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31/10/2020
( 1382 letture )
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Nel 2009, sotto etichetta Candlelight Records, gli Havok davano alla luce il loro esordio sulla lunga distanza. È passato tanto tempo, ma quella incisione resta ancora oggi un pezzo artigianale raro se non unico. Sempre fresco, sempre attuale. La band di Denver, nel tempo, ci ha poi abituato a prestazioni muscolose tali da farli assurgere al gotha del thrash d’autore. Ma all’epoca non li conosceva quasi nessuno e la critica accoglieva Burn con una certa tiepidezza perché troppo legato ai canoni classici, senza forse immaginare quello che il fenomeno Havok sarebbe diventato. E dunque, dicevo della freschezza di Burn. 50 minuti di grande entusiasmo, per una prova maiuscola che fa ripiombare l’ascoltatore nel pieno del fenomeno thrash, quello della Bay Area, che tra la fine degli anni 80 e l’inizio degli anni ’90, ebbe il suo momento di gloria più alto. Qualcuno, all’epoca, fece presente che Burn era un buon album ma peccava di originalità perché non aveva nulla dei suoni del new thrash, limitando gli Havok ad essere quasi un clone dei Testament.
Effettivamente Burn è spinto nella direzione di esaltare il thrash classico, ma che questo possa essere un difetto proprio no. Forse un limite, ma va dato atto che si tratta di un esordio intenso, immediato e tecnicamente ineccepibile. Insomma un cd che difficilmente ti stanchi di ascoltare e che ad ogni ritorno riserva sempre qualche sorpresa (un fraseggio che non avevi valorizzato, un giro di basso che ti era sfuggito, …). La copertina, poi, così pienamente thrash, così vintage in quel combinato tra viola e verde acqua, in cui la città si è fatta deserto e la civiltà è scomparsa. Wreckquiem è l’inizio giusto, quello in cui la chitarra si cimenta in un arpeggio garbato, proprio come i grandi classici del thrash ci avevano insegnato. Terminati i suoi pochi secondi di melodia, Wreckquiem lascia lo spazio a The Root of Evil dal riff maestoso e complesso. Gli Havok già qui davano prova del marchio di fabbrica che poi nel tempo sarebbero diventati. L’impronta dei Testament si sente eccome tanto nella scelta del riff accattivante quanto nella partitura, sempre ricercata e mai banale. Path to Nowhere è semplicemente maestosa. Diretta ma non scontata. L’uso della doppia cassa la rende rotonda e si avverte che l’intero peso regge tutto sulle spalle di una base ritmica impressionante. Tra tutte, la nota piacevole è avvertire quanto gli Exodus abbiamo lasciato i segni anche in gruppi giovani ed emergenti. Morbid Symmetry, Identity Theft e Disease ancora una volta mettono in mostra, se mai ce ne fosse stato bisogno, che l’architrave si regge sul duo Bloom-De Los Santos. Basso e batteria creano un piano di lavoro perfetto, completato dalla voce che suona “alla maniera di Chuck Billy”, ma non per questo meno apprezzabile. Nel corso del tempo, gli Havok si andranno via via liberandosi dal voler essere cloni dei Testament, ma in questi tre brani si avverte quanto siano stati devoti agli autori di The Legacy. Ivory Tower è indimenticabile nel suo sprigionare adrenalina. È un brano cattivo ed urlato se non fosse per quell’inserto centrale in cui la chitarra del compianto Shawn Chavez riporta tutto ad una dimensione meno caotica. Se ricordate i grandi Atrophy troverete molti spunti in To Hell, un pezzo diverso da quanto sin qui sentito. Meno pesante e più modaiolo. Merita di essere segnalato anche il brano di chiusura, Afterburner. Un pezzo furioso, più di tutti gli altri, al limite tra thrash e speed.
Dunque, Burn è un esordio riuscito. Tecnicamente perfetto, prodotto senza sbavature e con il songwriting azzeccato. Si sente chiaramente che i quattro erano padroni del loro destino. Lo hanno forgiato per bene tanto da diventare quello che adesso sono.
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3
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Per me il loro migliore, almeno tra quelli che ho ascoltato, voto recensione giusto.
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2
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Grande esordio di una delle migliori thrash band moderne. Ad oggi resta il mio preferito, anche se il secondo è più maturo. Voto 78 |
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1
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Fantastico, Micidiale! Grande band! |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Wreckquiem 2. The Root of Evil 3. The Path to Nowhere 4. Morbid Symmetry 5. Identity Theft 6. The Disease 7. Scamb of Trust 8. Ivory Tower 9. To Hell 10. Category of the Dead 11. Melting the Mountain 12. Afterburner
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Line Up
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David Sanchez (voce e chitarra) Shawn Chavez (chitarra) Jesse de los Santos (basso) Ryan Bloom (batteria)
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