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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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Glenn Hughes - From Now On…
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18/09/2021
( 1364 letture )
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Glenn Hughes è oggi unanimemente riconosciuto come uno dei cantanti, e, più in generale, degli artisti, maggiormente dotati nel firmamento hard rock. È persino superfluo ricordare il suo passato nei Trapeze e, soprattutto, nei Deep Purple, nonché ricordare le sue partecipazioni fondamentali a progetti quali Black Country Communion e, più recentemente, The Dead Daisies. Tuttavia, le cose non sono sempre andate così: se nei primissimi anni ’90 si fosse domandato agli appassionati della nostra musica chi fosse, e che fine avesse fatto Glenn Hughes , la risposta probabilmente lo avrebbe relegato allo scomodo status di vecchia gloria ormai appassita, non più in grado di proporre nulla di interessante. Va detto che il nostro ci si è messo d’impegno per relegarsi in questa poco agevole situazione: sin dallo scioglimento dei Deep Purple (1976) e poi per tutti gli anni ’80 Glenn Hughes è passato da un progetto all’altro, nessuno dei quali trascendentale (compresa la collaborazione con Tony Iommi poi pubblicata sotto il nome surrettizio di Black Sabbath), e, parallelamente, si è buttato in una folle corsa verso l’autodistruzione, rendendosi dipendente dalle droghe e non riuscendo più a offrire lampi di classe degni delle sue doti. Quando ormai sembrava tutto ormai irrimediabilmente perduto, ecco che Hughes improvvisamente riesce a raddrizzare la situazione: si disintossica, si ripresenta in forma e convinto, ed è pronto a riprendere il discorso interrotto quasi quindici anni prima. Dopo aver inciso il “secondo esordio” solista nel 1993, Blues, che segue il precedente album datato 1977, nel 1994 firma questo piccolo gioiello: un album che racchiude alcune gemme che, a quel tempo, neanche il più ottimista dei fan avrebbe osato sperare.
From now on... contiene 12 tracce più la cover di Burn, tratta dal suo passato nei Deep Purple e cantata con tale vigore e classe da giocarsela con l'interpretazione originale, a firma Coverdale. In quest'album la sua voce splendida, dal timbro davvero unico, riconoscibile tra mille, si può esprimere in tutta la sua poliedricità, impreziosendo con toni ora caldi e sognanti, ora acuti, ora aggressivi, canzoni bellissime e varie fra loro. Lo stile è quello che Glenn ha utilizzato in tutta la sua carriera, ossia un mix perfettamente centrato fra hard rock, funky, soul e ballad melodiche. Dalla partenza grintosa e frizzante di Pickin' Up The Pieces si percepisce subito che Glenn Hughesè in gran forma: melodie sempre azzeccate, accelerazioni grintose, parti più dolci e suadenti. Proseguendo, troviamo la cadenzata Lay My Body Down, che presenta un ottimo lavoro di chitarra, e la bellissima The Only One: grande inizio atmosferico e violenta accelerata per arrivare ad un refrain corale riuscitissimo, da annali del hard rock melodico. Nota a margine: la band è tutt’altro che formata da “perfetti sconosciuti”: la sezione ritmica e le tastiere sono presi dagli Europe, e i chitarristi provengono anch’essi dalla scena svedese, in quegli anni in notevole spolvero. La seguente Why Don't You Stay è una ballad che si fregia di un ritornello ancora una volta azzeccato, quasi gospel; la variegata Walkin' On The Water e l'hard rock più tirato di The Liar conducono ad Into The Void, il pezzo più lungo (sei minuti e mezzo di durata) e sperimentale del disco. Si prosegue con le melodie dolci di You Where Always There, seguite dal lento blueseggiante If You Don't Want Me To, che, nel finale, dopo un caldo solo di chitarra, è palestra perfetta per le doti vocali e interpretative del nostro. A questo punto, arrivano due pezzi veramente ben riusciti: Devil In You (dai riff e refrain che si stampano subito in testa) e Homeland, quasi in stile Van Halen (era Sammy Hagar) dalla struttura in crescendo, perfetta per condurre la voce da una partenza rilassata ad un ritornello potente e aggressivo. Il finale dell'album è dedicato all'intimista title-track, che sembra voler rassicurare sulla giusta strada presa "d'ora in avanti" da Hughes, e, come detto, alla riuscita riedizione di Burn.
Questo album segna la rinascita di Glenn Hughes anche dal punto di vista discografico, e del successo di pubblico; da lì in avanti inanellerà una serie di album bellissimi e parteciperà ad una marea di album e progetti altrui, sempre mantenendo coerenza stilistica e livelli compositivi ed esecutivi di assoluta eccellenza.
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8
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Per me invece la voce di Hughes sarebbe stata perfetta per i black sabbath. Si sposa alla perfezione con la musica di Iommi. Inoltre sarebbe stato diverso da Ozzy e Dio tanto quanto questi lo sono tra loro ,ma avrebbe (ha) saputo coverizzare live entrambi molto bene (ed a far questo l'unico altro in grado fu Ray Gillen. Non Tony Martin che invece era perfetto nel cantare le sue, molto buono su quelle di dio e su quelle di ozzy solo più bravo di Dio,ma inferiore a (in ordine) Gillen, Hughes e Gillan. |
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7
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L'ho visto bene solo in come taste the band...avra' anche un ottima voce ma da solista mi annoia parecchio...e anche con i black sabbath aveva fatto flop alla grande come cantante ....poteva essere un ottimo disco ma la sua voce non si e' mai adattata ai sabbath. |
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6
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Secondo me uno dei migliori come suoi lavori 85 |
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5
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mi dispiace Claudio, ma non sono d'accordo con il tuo voto finale. Per me From Now On… merita 94 su 100, capolavoro assoluto dell'Hard Rock. Cordiali saluti |
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4
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Quoto il commento #1 di Rob Fleming, e non aggiungo una parola. |
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3
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Anche per me il suo miglior album che non ho sottomano ma se non ricordo male in fase di songwriting c'è Pat Thrall , ma ripeto non sono sicuro, ed il duo sfornò il classico per antonomasia. |
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2
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Miglior disco solista di GH, pezzi stupendi e un manifesto di hard rock. Voto 95. |
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1
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Complimenti alla recensione, una delle migliori lette sul sito (avrei giusto da dire qualcosa sul fatto che Seventh Star non sia trascendentale, ma sono quisquiglie). From now On è il più bel disco solista di un Hughes in formissima, ancora non schiavo del falsetto che impreziosisce ogni canzone (anche grazie ai 3/5 degli Europe). Io ho una personalissima teoria su di lui. Glenn Hughes, di fatto, si è praticamente perso gli anni '80 schiavo di sostanze di ogni tipo. Quindi la voce si è paradossalmente conservata più di tanti altri colleghi. Poi arrivarono i KLF - quanto di più lontano dall'hard rock - lo battezzarono "Voice of Rock" e il resto è storia (mi permetto di ricordare che prima del valido Blues, c'è il bellissimo Face the Truth di John Norum, tanto per rimanere in tema di Europe). 85 |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Pickin' Up The Pieces 2. Lay My Body Down 3. The Only One 4. Why Don't You Stay 5. Walkin' On The Water 6. The Liar 7. Into The Void 8. You Were Always There 9. If You Don't Want Me To 10. Devil In You 11. Homeland 12. From Now On... 13. Burn
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Line Up
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Glenn Hughes (Voce) Thomas Larsson (Chitarra) Eric Bojfeldt (Chitarra) Mic Michaeli (Tastiera) Jon Leven (Basso) Hempo Hillden (Batteria) Ian Haugland (Batteria) Meja (Cori)
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