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27/04/25
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Premiata Forneria Marconi - I Dreamed of Electric Sheep / Ho Sognato Pecore Elettriche
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09/11/2021
( 3286 letture )
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È il momento di timbrare il cartellino anche per la Premiata Forneria Marconi, giunta con Ho Sognato Pecore Elettriche / I Dreamed of Electric Sheep al ragguardevole traguardo del diciottesimo album in studio in una longeva carriera di oltre cinquant’anni che, tra alti e bassi e importanti cambi di formazione, sembra rimandare a data da destinarsi il pensionamento. Viene da sé che la PFM non sia più quella di una volta, al contrario i vari avvicendamenti e le varie sostituzioni in seno alla band ne hanno rimodellato inevitabilmente l’approccio alla musica, svecchiandola con nuova linfa vitale e soprattutto ancora nuove energie creative. Ho Sognato Pecore Elettriche cita il racconto di Philip Dick “Il Cacciatore di Androidi” -in lingua originale “Do Androids Dream of Electric Sheep?”, famoso per essere stato il romanzo da cui è tratto il celeberrimo “Blade Runner”- pur senza fare riferimento alcuno alla fantascienza e al possibile futuro, bensì riflette sul rapporto sempre più invasivo che le persone hanno nel quotidiano con la realtà virtuale, internet, i social network, lo smart working e il crescente stato di alienazione condiviso e vissuto durante il periodo del lockdown. Il tema è stato ampiamente sfruttato, esplorato, se non addirittura abusato e riciclato da altri artisti in miriadi di occasioni, linguaggi artistici e generi differenti, tuttavia la PFM evita di scadere nel banale riciclo dei cliché provando ed evitare una pesante e fastidiosa retorica infarcita di luoghi comuni e nostalgici dell’era pre-internet, ricercando un punto di vista umanista e tutto sommato positivo in quella che sembrerebbe una riflessione del tutto personale e lontana dal voler criticare a tutti i costi la società.
Interpretare questi nuovi brani è solo apparentemente un’impresa semplice. La PFM ha seguito l’appeal internazionale di Emotional Tattoo pubblicando un doppio album con musiche identiche per entrambi i dischi, ma differenziati da testi appositamente riadattati in lingua inglese per il primo CD e in italiano nel secondo. E tale aspirazione internazionale si palesa anche nella musica per due motivi: innanzitutto perché uno dei picchi dell’album, Kindred Souls/Il Respiro del Tempo, vede la partecipazione di Jan Anderson e Steve Hackett, amici di lunga data della band e protagonisti, in questa occasione, di ottimi interventi solisti col flauto traverso e la fidata sei corde; e poi perché a tratti la musica sembra veramente mediare tra gli esordi progressive della PFM e il gusto italiano per le melodie semplici, le orchestrazioni, le buone intuizioni delle tastiere e alcune fughe strumentali degne di nota e il riffing a tratti spigoloso di Marco Sfogli di chiara scuola Dream Theater, inserite in un contesto maggiormente immediato che vede Franz Di Cioccio al centro dell’attenzione dietro al microfono e alla batteria. Eppure quanto detto fino ad ora non può che restituire parzialmente ciò che si andrà sentire. Perché, alla luce di quanto detto, le canzoni in scaletta soffrono di un certo saliscendi qualitativo dividendosi tra pezzi che in alcuni casi stentano a decollare, semplicemente non all’altezza del blasone PFM, ed altri che al contrario convincono sin da subito e invogliano l’ascoltatore ad approfondire ulteriormente l’ascolto. Per esempio brani posti nella prima metà come Worlds Beyond/Mondi Paralleli, Adrenaline Oasis/Umani Alieni e City Life/La Grande Corsa piacciono in virtù della riuscita fusione delle anime della band. È un prog d’autore che però non rinuncia ad inglobare soluzioni moderne rinnovandosi e aggiornandosi nel tempo. In questo senso i vari rimpasti della formazione hanno portato giovamento alla creatività della PFM. Al contrario ci è piaciuta davvero Kindred Souls/Il Respiro del Tempo perché è un brano prog da manuale molto ben confezionato che rimanda direttamente agli anni ‘70 senza sembrare nostalgico anche grazie al contributo di Hackett e Jan Anderson. Non male anche le due strumentali finali, Transumanza e Transumanza Jam, nonostante siano due palesi esercizi di stile che non spostano di una virgola la valutazione complessiva dell’album.
Come però accennato poc’anzi, non è tutto oro ciò che luccica. Infatti il giudizio fino ad ora positivo è ridimensionato da Let Go/Ombre Amiche che stenta a decollare e sembra un mal riuscito incontro tra il Franco Battiato più commerciale e Antonello Venditti, mentre AtmoSpace presenta un inoffensivo pop autoriale dalla melodia portante zuccherosa che semplicemente non è all’altezza del resto del repertorio a nome PFM. Con Pecore Elettriche si ha invece la sensazione di un’occasione mancata perché gli interessanti spunti offerti dal basso di Patrick Djivas e l’andamento comunque vivace del comparto strumentale vengono affossati dalle linee vocali fiacche e senza tiro che rovinano il risultato, mentre la funkeggiante Daily Heroes/Mr. Non lo So non è né carne né pesce e si trascina senza particolare estro.
Non vi nascondiamo la difficoltà di attribuire in termini numerici il valore della Premiata Forneria Marconi in epoca moderna. I tempi dello straordinario debutto Storia di un Minuto sono ormai archiviati, così come è necessario tenere in conto che il gruppo milanese è in sostanza un’altra band che ha avuto il coraggio di mutare costantemente pelle pur avendo una visione della propria musica sempre nitida, coerente, ma al tempo stesso capace di inglobare nuove influenze. I Dreamed of Electric Sheep fotografa una PFM ancora volenterosa di mettersi in gioco e capace di scrivere, per una buona porzione di album, musica di qualità e al passo coi tempi seppur tutto sommato rispettosa dell’ingombrante eredità (tra musica propria e il repertorio rivisitato di Fabrizio De Andrè) che porta sulle spalle. Questo è, in definitiva, un ritorno abbastanza positivo, anche se con qualche riserva e perplessità.
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14
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Disco molto bello, con delle parti strumentali stellari, gran classe. La registrazione cosi cosi con la batteria plasticosa e il suono un po’ piatto e compresso, la prova vocale di Di Cioccio un po’ sottotono con la voce un po’ filtrata e ritoccata in studio |
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13
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Un bel disco, lasciamo stare scomodi paragoni con il passato, questo è prog moderno, sfiorato da melodie accattivanti ma ben suonato e composto. Peccato per la registrazione un po' piatta, testi interessanti. |
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11
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Disco che non mi è dispiaciuto, né mi ha oltremodo esaltato. Ho trovato molto interessanti le parti strumentali, ma anche Di Cioccio non mi ha deluso al microfono su alcuni pezzi, mentre su altri l'ho trovato meno in parte. Complessivamente credo di aver apprezzato maggiormente la versione in Inglese, ma la differenza la fa la musica principalmente, laddove la prestazione vocale sposta di poco il mio apprezzamento in questo caso: i pezzi che ho trovato migliori su I Dreamed of Electric Sheep sono anche quelli che mi sono più piaciuti su Ho Sognato Pecore Elettriche. Condivido il voto dato in sede di recensione. |
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10
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No comment (in senso negativo) |
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9
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Bien sûr, questa non è la PFM, come un vino con della uva garganega più altre tre o quattro uve diverse, non può chiamarsi Soave Classico. E' il gruppo personale di Franz di Cioccio, come immortalato dalla bruttissima copertina (che a me ricorda l'EP The Dark Secret dei Rhapsody...) con il nome del gruppo a mo' di corona. Visto che è il suo gruppo, lui vuole cantare come faceva De André ma non è De André. Di conseguenza, rovina tutto con la sua scadente prova canora, sia in Italiano che in un Inglese da perfezionare (molto!). Peccato, perché alcuni brani, anche se tutta un'altra cosa dal progressive degli anni '70, non sarebbero male se non infastiditi dal cantato. I musicisti sono ottimi (penso non ci siano dubbi su Hackett e Anderson) c'è parecchia elettronica e diverse buone idee musicali, soprattutto sulla già citata Kindred Souls/Il Respiro del Tempo.
Suggerirei, oltre ai due CD, Italiano ed Inglese, di farne un terzo solo strumentale o altri due con un cantante che faccia questo di mestiere. La Franz di Cioccio's Band, sono sicuro, ne trarrebbe giovamento. Jusqu'à la prochaine fois. |
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8
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Anche qui..ma come si fa a dare 70?? è semplicemente inascoltabile. 40. E trovo che queste "reunion" siano di una tristezza immensa |
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7
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Disco pietoso .... Ritiratevi che è molto meglio. La P F M è un altra storia. |
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6
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La penso un po’ come Giovanni, al commento qui sotto. Strumentalmente e a livello di arrangiamenti non c'è molto da dire: funzionano, si sente ovviamente che non stiamo parlando di pivellini qualunque; comunque niente di particolarmente sorprendente (magari certi riferimenti ai Dream Theater, quelli di 30 anni fa, non erano poi così necessari). Le linee vocali purtroppo non convincono neanche me, raramente accattivanti, in qualche caso fastidiose. Peccato, vista la presenza di alcuni spunti di un certo livello mi viene da dire che si poteva sicuramente fare di più. Voto 68 |
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5
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Faccio ancora difficoltà ad assegnare un voto. Sono combattuto tra le linee strumentali e gli arrangiamenti del disco: semplicemente ottimi (intricate e definite: sembra di ascoltare un disco dei Dream Theater più che della PFM) e le linee vocali che non mi convincono assolutamente. A mio parere questo è stato sempre il punto debole della PFM e in questo disco emerge ancora di più. Trovo che Franz Di Cioccio debba lasciare il microfono a un cantante più strutturato. Manca una personalità vocale; spesso non mi convince neanche molto la pronuncia in inglese. Ripeto però: strumentalmente sono perfetti. Va un po' a farsi benedire il songwriting, per lo più per le linee vocali. Mondi Paralleli rimane è un bellissimo pezzo, così come Umani Alieni; Transumanza. Tutto sommato è un disco che mi sento di ascoltare. Affascinante ma incompleto. |
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4
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....preferisco ascoltare...il vecchio repertorio....di cui possiedo tutto....vinili e cd......peccato ma e' piu' forte di me.... |
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1
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"Don't you see? There is no salvation.""Then what's this for?" Rick demanded. "What are you for?""To show you," Wilbur Mercer said, "that you aren't alone. I am here with you and always will be. Go and do your task, even though you know it's wrong." [...] da Il cacciatore di androidi di Philip K. Dick
Cosa è la PFM oggi? La copertina lo rileva in maniera inequivocabile: sono Franz Di Cioccio e Patrick Djivas, ma con innumerevoli innesti e collaborazioni provenienti da mondi paralleli e in qualche modo anche distanti tra loro. Qui e in questa nuova produzione, Fabbri e Sfogli imprimono un loro chiaro segno distintivo stilistico, ma l’assenza di Mussida e Premoli è, per i nostalgici, preponderante. Personalmente il disco, nella versione inglese, a me piace in ogni singola parte: suoni puliti, tersi, ben suonato, i layer sonori non sono eccessivamente artefatti ed emerge puntualmente la singolarità stilistica di ogni artista e l’overture Worlds Beyond ne è la netta conferma. Un disco che ha un’idea di fondo, una texture ben costruita tra suoni e testi che, nonostante le dissimili collaborazioni, gira bene e scorre, ma soprattutto genera Musica e Cultura….Due parole desuete, ma binomio necessario e imprenscindibile per qualsiasi band musicale se desidera perpetuarsi nel tempo. La PFM non deve dimostrare nulla a nessuno e deve solo suonare come ha sempre fatto. Parafrasando proprio il libro di P.K.Dick, :“…vai e fai il tuo compito pure se è sbagliato…” Jimi TG
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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CD 1 - Versione Inglese 1. Worlds Beyond 2. Adrenaline Oasis 3. Let Go 4. City Life 5. If I Had Wings 6. Electric Sheep 7. Daily Heroes 8. Kindred Souls 9. Transhumance 10. Transhumance Jam
CD 2 - Versione Italiana 1. Mondi Paralleli 2. Umani Alieni 3. Ombre Amiche 4. La Grande Corsa 5. AtmoSpace 6. Pecore Elettriche 7. Mr. Non Lo So 8. Il Respiro Del Tempo 9. Transumanza 10. Transumanza Jam
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Line Up
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Franz Di Cioccio (Voce, Batteria) Marco Sfogli (Chitarra) Alberto Bravin (Tastiere, Chitarra acustica, Voce) Alessandro Scaglione (Tastiere, Pianoforte) Lucio Fabbri (Violino, Viola) Patrick Djivas (Basso, Tastiere)
Musicisti Ospiti: Ian Anderson (Flauto) Steve Hackett (Chitarra) Flavio Premoli (Mini Moog) Luca Zabbini (Organo Hammond, Pianoforte, Mini Moog)
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