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Of Mice & Men - Echo
19/12/2021
( 1579 letture )
Annoverabili tra le ultime stelle della scene phase, gli Of Mice & Men hanno fin qui avuto una carriera scostante e a dir poco turbolenta, segnata dalle perdita di pedine chiave quali Shayley Bourget e soprattutto Austin Carlile, main vocalist e uomo-immagine fuoriuscito dal gruppo per ben due volte a causa di una rara patologia che lo ha purtroppo costretto al ritiro nel 2016.
Come si può immaginare, la qualità delle uscite ha subìto il peso di tali avvicendamenti e infatti, dopo i primi due dischi, la band è entrata in una fase di ambigua transizione incorporando in maniera non convincente influenze nu metal (Restoring Force, 2014) e poi spostandosi verso lidi alternative metal/rock nell’altrettanto insoddisfacente Cold World (2016). La riscossa è partita nel successivo Defy, prima uscita con al microfono il solo Aaron Pauley, già in line-up dal 2012 come bassista e seconda voce: questa scelta interna si è rivelata vincente perché l’album ha riportato il gruppo sui retti binari del melodic metalcore e il bellicoso EarthandSky (2019) è stata una gradita certificazione dello stato di salute ottimale dei californiani.

Echo, settimo album in studio, è la somma degli EP Timeless. Bloom (disponibili da febbraio e maggio) e da Ad Infinitum, a cui va aggiunta la cover collocata a fine scaletta.
Sul piano stilistico si riprende il discorso inaugurato in EarthandSky, pertanto quello che ci attende è un metalcore battagliero esaltato da ritmiche accelerate e nervose, chitarre roventi, immancabili breakdown e una solida batteria infarcita di sezioni in doppio pedale. Aaron Pauley -a cui è toccato l’ingrato compito di sostituire l’amato Carlile- dimostra ancora una volta di essersi meritato la promozione a frontman, in quanto le sue harsh vocals (specializzate in uno scream fierissimo) calzano a pennello con lo spigoloso impianto strumentale e il registro pulito riesce sempre a regalare melodie vivaci e appassionanti.
L’offensiva si scatena immediatamente in Timeless, opener che si muove fra riff pungenti e al contempo ingentiliti da echi swedish, breakdown caparbi e gli scream in your face di Pauley. Imbastita sugli stessi elementi ma ancora più trascinante è la speculare Obsolete, eccelsa testimonianza dell’energia senza freni del metalcore unita alla cantabilità di ritornelli cristallini pronti a risuonare dal vivo nelle arene.
Il gruppo non ha paura di esporsi e osa ripescare dal passato più scomodo l’amore per il nu metal, il cui influsso comincia a manifestarsi nei solchi di Anchor, composizione che lascia trasparire i primi apporti elettronici e concede più spazio al registro pulito del singer, comunque affiancato da vigorosi sprazzi urlati.
L’idea di una benché minima pausa non viene (al momento) contemplata visto che la ferocia nu-core della cupa Levee è alquanto esplicativa e Bloom, nonostante l’incipit possa ingannare, è un'altra mazzata in piena regola mitigata solo all’altezza dei malinconici refrain. Pulling Teeth e Mosaic sono poi altre due mine impazzite colme di breakdown, harsh vocals inasprite e sfrecciate impunite con il doppio pedale capaci di mandare k.o. in men che non si dica.
Era francamente impossibile pensare di costruire un intero album su ritmi tanto esagitati e infatti l’ultimo segmento della tracklist si differenzia per un mood più tenue che punta a mettere in luce l’afflato melodico delle corde vocali di Pauley: tolto l’ardore della furente title-track, Fighting Gravity viene affidata in toto alla dolcezza della sua timbrica e così Helplessly Hoping, pezzo di Crosby, Stills & Nash (in Defy era toccato a Money dei Pink Floyd) riletto in una straniante versione sinfonica che stupisce per la modalità esecutiva e per la collocazione.

Echo è la prova che gli Of Mice & Men hanno ormai trovato la quadra dopo le instabilità dell’ultima fase con Carlile: sotto la guida di Pauley il gruppo si è ricompattato tornando a fare quello che gli riusciva meglio, ossia un metalcore rabbioso e melodico al tempo stesso come da tradizione nel genere almeno da metà anni ’00.
Per i fan più accaniti sarà ancora un problema accettare l’assenza del “grande ex”, ma va detto che la performance del suo sostituto è ben poco criticabile nell’arco dei tre dischi finora realizzati e anzi, gli va dato il merito di aver rigenerato una band che rischiava di impelagarsi in acque mosse e potenzialmente letali.
EarthandSky rimane superiore, ma Echo è un buonissimo disco che va a premiare la determinazione dei quattro, bravi a non aver gettato la spugna di fronte alle notevoli difficoltà incontrate e capaci di ripartire con umiltà e passione, cosa tutt’altro che scontata.



VOTO RECENSORE
76
VOTO LETTORI
63.22 su 9 voti [ VOTA]
Sentenza
Giovedì 23 Giugno 2022, 20.42.47
1
Credo che questo stile di composizione calzi maggiormente con la band che erano e che sono. Dal quarto album l’impressione è quella di non riuscire a trovare una collocazione in una scena che li ha superati e con cui non riescono a stare al passo. L’impressione è che fossero sempre a inseguire mentre con questo album sembrano riaffermare una loro posizione più originale. Un 80 ci può stare.
INFORMAZIONI
2021
SharpTone Records
Metal Core
Tracklist
1. Timeless
2. Obsolete
3. Anchor
4. Levee
5. Bloom
6. Pulling Teeth
7. Mosaic
8. Fighting Gravity
9. Echo
10. Helplessly Hoping
Line Up
Aaron Pauley (Voce, Basso)
Phil Manansala (Chitarra, Cori)
Alan Ashby (Chitarra, Cori)
Valentino Arteaga (Batteria)
 
RECENSIONI
80
 
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