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Thunderstorm - Faithless Soul
09/04/2022
( 959 letture )
Il fatidico terzo album.
La critica specializzata ha sempre rimarcato, forse a volte con eccessiva enfasi, l’importanza della riuscita o meno del terzo capitolo della discografia di un artista. Che lo si valuti come un passo epocale, un cliffhanger da cui dipende il successo di un’intera carriera, o che lo si consideri banalmente come il naturale susseguirsi numerico delle pubblicazioni discografiche, resta il fatto che, nel bene e nel male, il terzo gettone è un traguardo il cui raggiungimento comporta fatica, sudore e dedizione. Se poi si suona doom, un genere indubbiamente di nicchia che si erge endemicamente su lacrime, sangue e sacrifici, il risultato è ancor più clamoroso. Se infine oltre che a suonare doom, si è italiani, allora non si può che lodare e mettere sull’altare uno spirito di abnegazione che sconfina nel masochismo. E proprio perché il doom è un genere così selettivo, un autentico e perenne darwinismo musicale volto a sfoltire con brutalità chi si cimenta, che dalle sue tenebre stigiane e dai suoi sulfurei abissi sono emerse figure mitologiche che, come i titani, hanno combattuto senza mai demordere, una guerra eterna contro i nuovi dèi. Scott Weinrich, Bobby Liebling, Leif Edling, Eric Wagner e come loro tanti altri sono i paladini a guardia dei cancelli del doom, alfieri di un’immutabile purezza del genere, indomiti ed incuranti dei cicli e delle mode imperanti nella musica heavy. In Italia Fabio Bellan, fondatore nonché leader assoluto dei Thunderstorm, potrebbe tranquillamente appartenere alla cerchia di eroi di cui sopra.

Basta compiere un breve viaggio indietro nel tempo fino al 2003. La pubblicazione di Witch Hunter Tales segna uno spartiacque nella carriera della band italiana. Il secondo album viene accolto calorosamente dalla critica, e pure da una parte del pubblico di fede metallica, prevalentemente di nazionalità tedesca. Il contratto con la Northwind Records è appena scaduto e i Thunderstorm vengono corteggiati da varie label discografiche, non solo italiane, che hanno fiutato il potenziale del combo bergamasco. Un buon viatico per la genesi del terzo album? Un trampolino di lancio per un’ascesa inarrestabile? Nulla di più sbagliato. Infatti, due membri della band, Sandro Mazzoleni e Massimo Tironi, abbandonano il progetto proprio mentre si sta siglando un contratto remunerativo con la nuova etichetta discografica, la nostrana Dragonheart Records, con tanto di distribuzione per l’Europa tramite SPV. Fabio Bellan si trova nelle condizioni di dover scegliere, e farlo bene, per mantenere saldo sulle rotaie un treno in procinto di deragliare. Per non protrarre troppo i tempi, decide quindi di assumere solo un nuovo batterista, Attilio Coldani, e di farsi carico di tutte le parti di chitarra, trasformando di fatto i Thunderstorm in un trio. Come ammesso dallo stesso leader, in risposta alle ultime vicissitudini, la nuova casa discografica non esercita nessun tipo di pressione, e lascia ai musicisti il tempo necessario per instaurare la giusta alchimia e trovare un nuovo assetto. Una volta ultimata la parte concettuale, (come sempre accade in casa Thunderstorm, è Fabio Bellan a comporre la parte musicale e Omar Roncalli a scrivere i testi in inglese), la band entra nel leggendario New Sin Studio di Loria, dove il veterano Luigi Stefanini si occupa della produzione, missaggio ed incisione di Faithless Soul. Nell’ottobre del 2004 il terzo full length vede finalmente la luce, otto oscure perle metalliche racchiuse dietro ad un’evocativa cover, che come da tradizione è costituita da una dipinto: questa volta tocca a una de Le Tenazioni di Sant’Antonio del pittore fiammingo Jan Mandyn.

Rispetto al predecessore, Witch Hunter Tales, dal sapore più epico, il nuovo nato è un album molto più vicino al doom tradizionale, dove i richiami ai Candlemass, ai Saint Vitus e ai Solitude Aeternus sono palesi. Lo stesso Fabio Bellan, durante la fase promozionale ammette che, nonostante perduri l’amore per i Black Sabbath del periodo con Tony Martin alla voce, il nuovo Faithless Soul si riconnette maggiormente alle prime storiche band doom degli anni ottanta, alla ricerca di un sound minimale e più essenziale. Soprattutto nei brani dal minutaggio più lungo, come Black Light, In My House of Misery e la conclusiva Narrow is the Road, i ritmi si attestano sui mid tempo, scanditi dal riff centrale ripetuto e dalla cadenza ossessiva della sezione ritmica. Tuttavia, rispetto a tanti epigoni che si limitano a ripercorrere e plagiare forme e strutture dei maestri passato, i Thunderstorm, forti di carisma e personalità da vendere, sanno quando innestare, sulla base granitica delle distorsioni, aperture melodiche dove divagazioni solistiche e la voce stentorea di Fabio Bellan possono fare la differenza, elevandosi dall’accozzaglia anonima degli imitatori. Ad aggiungere velocità e verve ad un disco dall’umore più introspettivo, ci pensano composizioni come Forbidden Gates, cavalcata al limite della NWOBHM e Hidden Face, dove riecheggia l’heavy metal dei primi Manowar e dei Manilla Road. Immancabile la cover di turno, battezzata dopo una serata ad alto tasso alcolico trascorsa dai membri della band in un pub bergamasco. In questa occasione la scelta ricade sul classico degli Iron Butterfly, In A Gadda Da Vida, ovviamente reinterpretata e rimaneggiata in salsa doom. Il lunghissimo brano della band americana viene condensato nella sua essenza più pesante, dove riff e distorsioni accentuano il lato heavy rock, di fatto escludendo e tagliando la parte centrale votata alla psichedelica. Ne esce un’esaltante cavalcata heavy metal che non ha nulla da invidiare ai classici del genere.

Faithless Soul, grazie ad una produzione che suona tutt’ora pulita e potente, e all’ennesima prestazione a tuttotondo di Fabio Bellan, anima e motore dei Thunderstorm, rientra di diritto nel novero dei classici del doom italiano e non solo. Il successo ottenuto, seppur limitato al nord Europa, valse alla band la definitiva consacrazione presso il pubblico metal e la partecipazione ad alcuni dei festival di genere più prestigiosi, nonché recensioni più che positive su siti esteri non propriamente benigni nei confronti del metal tricolore. L’album, così come l’intera carriera della band bergamasca, rappresenta un autentico miracolo, un oscuro fiore germogliato in un terreno non certo fertile, che prima di avvizzire ed essere dimenticato dai più, ha saputo ammaliare e lasciare impresso nell’animo di pochi fortunati, l’indelebile ricordo del suo profumo.



VOTO RECENSORE
83
VOTO LETTORI
90 su 2 voti [ VOTA]
INFORMAZIONI
2004
Dragonheart Records
Doom
Tracklist
1. Templars of Doom (Dark Knight Return)
2. Forbidden Gates
3. Black Light
4. In A Gadda Da Vida
5. In My House of Misery
6. Hidden Face
7. Final Curtain
8. Narrow is the Road
Line Up
Fabio Bellan (Voce, Chitarra)
Omar Roncalli (Basso)
Attilio Coldani (Batteria)
 
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